Canese in Italia
L’Associazione Campiglia, a partire
dall’anno 2003, allo scopo di ricostruire la distribuzione persone che
portano i due cognomi caratteristici del borgo di Campiglia, e cioè Sturlese,
in maggioranza, e Canese, ha inviato in Italia e nella restante parte del
globo, ove certamente si trovano persone che portano quei due particolari
cognomi, missive che invitano gli Sturlese ed i Canese tutti, a rispondere
alla lettera il cui testo si trova alla pagina web precedente. L’iniziativa
ha incontrato un buon successo, molte risposte hanno testimoniato piacevole
sorpresa e interesse da parte degli interlocutori, che fattivamente hanno
partecipato alla ricostruzione della provenienza dei loro avi, indicando, a
memoria, il nome dei loro capostipiti. E’nostra intenzione quindi pubblicare
sul Sito il nome di coloro che gentilmente hanno risposto all’appello,
fornendo notizie ed elementi utili a tracciare la loro consistenza numerica,
provenienza, percorso degli avi nel tempo, attuale distribuzione geografica,
professioni relative, ove indicato. Per evidenti motivazioni, Il loro
indirizzo, sia che si tratti di posta elettronica, che di altro tipo, non
verrà riportato. Chiunque sia interessato a contattare persone presenti
nell’elenco, può scrivere agli indirizzi che qui sotto riportiamo, sarà nostra premura richiedere agli interessati se
danno il loro assenso affinché si possano fornire i loro indirizzi a chi ne
farà richiesta.
Questi gli indirizzi a cui
fare riferimento:
e-mail:
canese@campiglia.net
piero@campiglia.net
Grazie, vediamoci sul Sito
Internet
www.campiglia.net
Sono tutt’ora in corso
tutte le possibili ricerche per la determinazione dell’origine dei due
cognomi Sturlese e Canese.
Canese in
Italia
Il cognome in questione è
meno diffuso degli Sturlese, infatti si trova in 33 comuni italiani, le
regioni dove è presente, in ordine decrescente:
Liguria
Lombardia
Piemonte
Lazio
Emilia
Veneto
Toscana
Nessun Canese nelle Isole.
Canese Tiziana -
Le Grazie (SP)
Padre originario di
Portovenere (SP) Stirpe originaria della provincia spezzina.
Allega albero genealogico.
Canese Paolo - La
Spezia. Nato nel 1954.
Il nonno paterno Canese
Leopoldo, proviene da Campiglia.
Canese Rinaldo -
Reggio Emilia. Nato nel 1920 a Muggiano (SP)
Capostipite: Canese Roberto,
nato a La Spezia fine anni ‘800, direttore stabilimento Pertusola.
Morto a Portoferraio (Isola
d’Elba)
Ha due figli : Amedeo, Ione
Amedeo, a sua volta, ha 3
figli, Robero, Luisita, Rinaldo.
Alberto e Luisita vivono e
completano la loro vita terrena a Portoferraio (Isola d’Elba)
Rinaldo si trasferisce a
Reggio Emina ove attualmente vive. Ha due figlie, Paola e Amedea, che e’
madre di Giulia Beretti Canese.
Canese Luciano -
Nato a La Spezia nel 1945. Residente a Vimercate (MI). Ha due figli Fabio
(residente a Londra), Nicola (residente a Vimercate)
Avo più remoto che ricordi:
Gaetano, morto nel 1941. Mario, figlio di Gaetano, nato a La Spezia nel
1894.
Allega albero genealogico.
Canese Maurizio -
Nasce nel 1960 a La Spezia, nel 1968 la sua famiglia si trasferisce in
provincia di Varese.
Figlio di Canese Gerolamo,
nato nel 1926, a Portovenere, il nonno Umberto è nato nel 1880 a Riomaggiore
(SP) .
Maurizio attualmente lavora
a Gallarate.
Canese Giuliano -
Portovenere (SP)
In paese lo chiamavano
tutti lo svizzero, Giuliano Canese. Eppure lui con un cognome che non
tradiva le origini, era nato nel cuore di Porto Venere. Lo svizzero perché
poco più che ragazzo lasciò patria e famiglia per cercare fortuna nel paese
elvetico dove divenne il maggiordomo di casa Chaplin. Giuliano Canese era
ritornato in borgata sei anni fa dove, viveva con le figlie Marie Claire e
Sarah. Ieri mattina l'avventura di Giuliano Canese, 73enne, è terminata in
un lettino dell'ospedale Sant'Andrea. E così Porto Venere perde uno del
suoi personaggi più conosciuti. Giuliano era figlio di Gigio, che batteva la
mazza nei cantieri navali di demolizione. Infanzia dura, la sua. Giuliano,
però, era giovane di bell'aspetto: alto, biondo e dei modi garbati. E
inoltre parlava con tono basso, molto sommesso, appena percettibile. Poco
più che ventenne decise di partire per la Svrzzera sfidando l'incognito. E i
suoi modi da lord lo imposero presto all'attenzione del bel mondo. Per tre
anni lavorò in un bar e il 1959 segnò l'inizio della sua straordinari
avventura. Gli si spalancarono le porte della maison di Charlie Chaplin e in
breve tempo ne divenne il maggiordomo. La villa si chiamava Manoir de Ban,
in Vevey nel cantone francese. Giuliano si rese subito conto, sia per per
modesto arredamento che per lo stato di manutenzione della casa di quanto
Charlot fosse persona estremamente semplice e di poche pretese. Con l'aiuto
della moglie Mirella Vespa, anche lei di Porto Venere e scomparsa cinque
anni fa apportò una gradevole trasformazione della villa. E Giuliano
divenne l’uomo di fiducia di uno dei più grandi geni dell'arte
cinematografica. Charlot conduceva una vita molto appartata e il cancello
della villa si apriva soltanto per gli amici più intimi. Tra questi James
Mason, il grande e malinconico attore inglese, residente nello stesso
cantone francese di Vevey. Giuliano ebbe modo di conoscere alcuni tra i più
grandi divi del cinema dell'epoca. Da Gregory Peck a Rod Steiger fino ad
arrivare a Yul Brinner. Chaplin morì il giorno di Natale del 1977 tra le
braccia della moglie Oona O'Neill, figlia del celebre drammaturgo Eugene, ma
Giorgio rimase al servizio di madame fino al 1984. Poco tempo dopo il
popolare periodico Newsweek gli offrì una cospicua somma in denaro per un
servizio sulle ultime ore di Charlot, ma Giuliano si oppose fermamente. Dopo
il 1984, Giuliano Canese prestò servizio presso la famiglia di Vittorio
Emanuele di Savoia e Marina Doria, personaggi dei quali ebbe un ricordo
molto più svanito e meno coinvolgente rispetto al mitico Charlie Chaplin. Al
suo rientro in Italia, Giuliano Canese aprì un bar alla Spezia che chiamò
Tramps con l’immagine di Charlot, il Vagabondo. Poi la dolorosissima
scomparsa della moglie, compagna d una vita. Oggi pomeriggio, alle 15, nella
chiesa di Porto Venere la borgata saluterà il suo fedelissimo maggiordomo. (
17 Febbraio 2006 )
Canese Roberto - Portovenere (SP)
Canese
custode della ricetta doc
Immaginate Villar Perosa,
storica cittadina dove si prepara la Juventus. Al cancello del centro
sportivo Riv Skf arriva una vettura targata Spezia e la porta, rigorosamente
blindata per tifosi e curiosi, come d'incanto si spalanca. L'auto è quella
di Roberto Canese, 27 anni, figlio del mitico Antonio, dal cui bagagliaio
escono venti vasi di pesto ligure, uno per quasi tutti i componenti della
rosa. E non poteva essere diversamente, visto che papà Antonio, noto
esponente del club Juventus La Spezia, ai calciatori bianconeri ha fatto
assaggiare molte volte i frutti di mare delle nostre zone. Ma non sono soli
gli atleti della squadra praticamente campione d'Italia ad assaggiare il
pesto di Roberto Canese. Lo ha gustato anche il commissario tecnico della
nazionale, Marcello Lippi e tanti altri, tra cui il noto gourmet Gianfranco
Vissani, che se ne è portato a casa tre vasi. Ma cosa c'entra il pesto con
la famiglia Canese, che gestisce la nota Trattoria della Marina di
Portovenere? Semplice, Roberto da tre anni è un "Cavaliere della
confraternita del pesto" di Genova, sorta per sensibilizzare l'opinione
pubblica sulla diffusione e, soprattutto, sulla difesa del vero tipico pesto
genovese prodotto secondo i canoni stabiliti dallo statuto. La confraternita
è sorta il 5 dicembre di 14 anni fa, nella ricorrenza del gesto di Balilla
che nel 1746 cacciò da Genova lo straniero oppressore. I più noti
ristoratori genovesi e delle due riviere hanno invece voluto cacciare dalla
tavola ligure il pesto fasullo. Roberto il diploma di ragioniere lo ha
lasciato nel cassetto, così come le scarpette da calcio le ha appese al
classico chiodo, dopo aver giocato anche nella Primavera dello Spezia, oltre
che nella Fezzanese, nella Ponente e nel Portovenere. Da qualche anno è il
braccio destro del padre nella conduzione del ristorante. «Fin da bambino
vedevo la nonna col mortaio preparare il pesto - dice il giovane ristoratore
- e la cosa mi ha sempre appassionato. Appena ho imboccato l'attività di
famiglia, ho voluto subito riproporla». Così ecco troffie e trenette al
pesto alla Marina, oltre che i classici piatti di mare. Ci sono dei segreti
nella preparazione? «Uno solo: gli ingredienti, che sono quelli tradizionali
devono essere di prima qualità, olio, formaggio, pinoli e naturalmente
basilico genovese». Roberto, cavaliere gastronomo, come risulta dagli atti
della confraternita del pesto, è ormai lanciato. Non è difficile vederlo
protagonista in qualche serata a palazzo Ducale a Genova insieme ai più
famosi ristoratori liguri, ad esempio La Manuelina di Recco, preparare
piatti o ricevere riconoscimenti. Immagine del "made in Italy" da difendere
dalle concorrenze internazionali, voglia di tenere alta la tradizione della
gastronomia ligure. Ecco gli impegni di Roberto Canese, ristoratore di Porto
Venere, paese da sempre fedele alla Repubblica serenissima di Genova.
Paolo Rabajoli (Il Secolo XIX)
E’ DI PORTOVENERE IL CUOCO
BIANCONERO
Canese è il titolare
della trattoria la Marina. Il suo sogno: festeggiare insieme la A della Juve
e la salvezza delle Aquile.
«Spero una cosa sola:
l'ultima di campionato essere a Torino e festeggiare la serie A della Juve e
la conferma in B dello Spezia, a pensarci mi viene la pelle d'oca». Antonio
Canese, 54 anni, che col figlio Roberto, già calciatore della Primavera
dello Spezia, gestisce la trattoria La Marina di Portovenere, è lo chef
della Juventus. Quello che, ogni volta che la squadra bianconera va in
trasferta, coppa o campionato, arriva sul posto il giorno prima, si insedia
nella cucina dell'hotel che poi ospiterà la comitiva juventina e dirige
acquisti e menù. Il tutto in contatto diretto col capo del servizio medico,
dottor Riccardo Agricola. Sabato c'è Spezia-Juventus, sul Golfo è
l'avvenimento dell'anno, senza dubbio le altre ricorrenze passano in secondo
piano per la tensione palpitante che si tasta in città. Caccia al biglietto:
la tribuna ha una capienza di poco più di mille posti, tolti abbonati e
aventi diritto, ne restano in vendita una manciata. Antonio Canese è
pertanto uno dei personaggi più gettonati: unico spezzino nel cuore Juventus.
Già ieri era al Jolly hotel per incontrare il direttore Roberto Santi. Poi
le mille telefonate da ogni parte d'Italia. «Nessun segreto nel menù -
commenta - è simile a quello delle altre squadre di A, B e C, a quello dello
Spezia, quando per decenni è stato ospite nel mio locale. Pesce e carne
freschi, crostate di frutta». Come vivrà la partita? «Cerco di non pensarci,
juventino e aquilotto da sempre, sono soddisfatto solo di una cosa: La
Spezia potrà, a prescindere dal risultato, vedere sul campo amico tanti
campioni. La data del 27 gennaio entrerà nella storia». Arriva Guzman alla
Spezia: «Fortissimo, farà la differenza». La partita sarà particolare per
lei anche per altri motivi. «Il 28 compirà gli anni Buffon, il 29 io,
festeggeremo assieme, come sempre». Canese, dalla cui "mensa" passano Lippi,
Pillon, Spalletti e tanti altri, tra una portata di penne agli scampi e
un'orata al forno, si scioglie a parlare dei bianconeri: «Ragazzi
eccezionali, un gruppo splendido, dentro lo spogliatoio e fuori. Scuola Juve».
Paolo Rabajoli (Il
Secolo XIX 23 Gennaio 2007)
Canese Giovanni - Portovenere (SP)
Lo zio Giovanni Canese,
ovvero Beghin, era nato a New York nell'anno 1892. Intorno a quel periodo il
nonno Domenico Canese e la nonna Laurina Sturlese erano emigrati in America
dove, nel 1894, era nata ad Hoboken, nello stato del New Jersey, la zia
Angela. In quella località è stato girato, nel 1954, il film “Fronte del
porto” diretto da Elia Kazan ed interpretato da uno strepitoso Marlon Brando
e vi è nato Frank Sinatra nel 1915. Ad Hoboken il nonno Domenico aveva
aperto un piccolo opificio per la confezione di tappi di sughero. I nonni
avevano avuto già un figlio, il più vecchio dei fratelli, chiamato Antonio (vulgo
Giuseppe), nato a Porto Venere nel 1887: pertanto, quando tornarono, di
figli ne avevano tre. Poi misero al mondo la zia Rosetta nel 1900, la mamma
Tilde nel 1905 e lo zio Gigio nel 1907, oggi tutti scomparsi. Aprirono, ove
ora è ubicata “La Posàa” dei Maietta, un'osteria che chiamarono “ Italo
Americana ”, a memoria della loro attraversata sull'Atlantico. Lo zio Beghin,
probabilmente così soprannominato perché alla sua venuta in Porto Venere non
era in grado di parlare correttamente l'italiano, divenne un personaggio
caratteristico del borgo. Piccolo di statura con un bel viso dai lineamenti
minuti, portava spesso un berretto, stile coppola. Fumava le “Giubek” e non
disdegnava, anzi amava sin troppo, un bicchiere di vino. Lo amava tanto che
quando fu ospite nel rigoglioso vigneto della sorella Rosetta in
“Giaccherino” di Pistoia, dopo qualche giorno quello spirito arguto del
mezzadro, il Bartoletti, celiò:”Se il Signor
Giovanni sta ancora qui me lo
finisce!!”. Aveva preso parte alla “Grande Guerra”, nel corso della
quale era rimasto ferito alle gambe dalle schegge di una granata nemica.
Fatto prigioniero, in preda al delirio e ad un'arsura terribile, chiese,
balbettando, un poco d'acqua (probabilmente fu l'unica
volta che ne sentì il bisogno!!),
ma gli fu risposto con un colpo sul capo del calcio di un fucile. Quando
riuscì a fuggire, si nutrì con rape, bucce di patate e vermi: pensò che in
qualche modo dovesse continuare a vivere. La nonna Laurina aveva ormai perso
ogni speranza di riabbracciarlo e si racconta che un mattino s'imbarcasse,
con l'animo angosciato, sul vaporetto portando con sé un mazzo di fiori, per
andare incontro al feretro del figlio, ma la sorte fu benigna e Beghin
visse. Alla morte della nonna Laurina divenne titolare della trattoria
“della Marina” (oggi del pronipote Antonio Canese, figlio di Angioletto) e
si era preso il compito di aprire i tartufi di mare, mansione che svolgeva
in maniera abile e rapida. A volte serviva in tavolo. Si presentava agli
avventori vestito di una linda camicia bianca, pantaloni ben stirati tenuti
in vita da un paio di bretelle, tovagliolo bianco appoggiato sulla spalla
destra e con i radi capelli riportati in modo tale da sembrare incollati
alla testa. Ma, ahimè, alla prima richiesta di un piatto di patatine fritte
i capelli si rizzavano (pareva che fumassero.....!!), il tovagliolo cadeva
in terra nel mentre borbottava :”Cristo den Dio,....Cristo den Dio.”:
insomma, un cameriere alla Charlot. Non si sposò, né ebbe amori a quanto si
sappia (la zia Rosetta soleva celiare
sulla sua illibatezza..!!). Quando nel 1966 morì,
assistito amorevolmente da Angioletto (con la moglie Lola) e dalla Maria,
figli del fratello Giuseppe, portava nelle gambe le schegge della granata
nemica e, nel portafoglio, la fotografia di un nipote, forse il prediletto.
Al Camposanto l'immagine che lo ritrae con un viso corrucciato e la coppola
in testa, lo fa rassomigliare a un “gangster americano”.
Inviata da
Giorgio Giorgi
Pubblicato sul Secolo XIX
anno 2004
Canese Valentina -
Genova
Canese Valentina, figlia di Canese
Vittorio nato a La Spezia, la nonna proveniente da Campiglia. La sua
bisnonna Sturlese Genoveffa pure lei di Campiglia, il bisnonno Canese Oreste
anch’egli nato a Campiglia. La nonna Canese Iole è sepolta nel cimitero di
Campiglia. Valentina con la sua famiglia abita attualmente a Genova.
Canese Raffaella -
Ortisei (BZ)
Canese Raffaella, nata a La Spezia il 13/10/60 residente ad Ortisei (Bz)
Suo nonno era Canese Paolo, detto Leopoldo, abitava in via Castello a
Campiglia. Il suo bisnonno si chiamava Canese Giovanin, che sposò
Sturlese Barbara, della dinastia dei Pipola.