Come Eravamo

02-09-12

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                                                    "COME  ERAVAMO"

 

 

Questa Associazione lancia un'ulteriore iniziativa che si propone di mantenere integra l'identità culturale del paese, tramandando agli uomini di oggi le tradizioni degli uomini di ieri, attraverso la rievocazione di episodi e vicende del passato. I compaesani sono, a tal fine, invitati a comporre brevi scritti che illustrino fatti, avvenimenti della storia e della cronaca del passato, aspetti della vita sociale e famigliare, personaggi importanti e caratteristici. Gli eventuali scritti potranno essere integrati con fotografie o disegni. "Come eravamo" è un'occasione per ripercorrere le proprie origini, riscoprendo antichi valori, come la famiglia, il lavoro o l'amicizia, che valorizzano l'uomo, inserendolo in un mondo fatto a misura, ed in piena armonia con la natura ed i suoi simili. Tutto il materiale raccolto, oltre ad arricchire il sito www.campiglia.net , qualora ritenuto valido, potrà essere valorizzato in una significativa pubblicazione.

 

 

 

 

E- MAIL da Massimo Sturlese

Riceviamo e pubblichiamo, ringraziando Massimo

 

Salve Piero, salve Enrico, mi chiamo Massimo Sturlese. Al contrario di mio padre io non sono nato a Campiglia, anche se è sempre stata nel mio cuore.

Da bambino mio padre mi portava in Tramonti al mare, qualche volta ho anche aiutato mio zio a fare la vendemmia.

E comunque per me Campiglia era soprattutto il cimitero: lì c'era mio nonno Severo (che non ho mai conosciuto perchè morto prima della mia nascita) poi mia nonna, poi purtroppo mio padre.

Volevo ringraziarvi per il sito che è veramente ben fatto e volevo contribuire con qualche vecchia foto che ho trovato.

Per ora ve ne mando una che riprende una squadra di tiro alla fune. Mando anche il retro della foto dove sono scritti i nomi dei partecipanti: naturalmente in maggioranza i loro cognomi sono Sturlese e Canese.

Penso che sia degli anni 40. Ho questa foto perchè uno dei concorrenti era mio nonno .                           Saluti Massimo Sturlese.

 

 

 

 

 

 

 

 

Dal giornale AVVENIRE

Periodico settimanale

Domenica 30 Settembre 1877

 

Una TREMPELLADA

Ci scrivono da Campiglia:

Le sere dei giorni 14,15 e 16 (Rispettivamente Venerdì, Sabato e Domenica, nds) del volgente Settembre, chi si trovava a Campiglia, veniva disturbato da grandi rumori da non potersi quasi sopportare, e specialmente da chi non si trovava troppo bene in salute. Tale baccano incominciatosi appena fattosi buio e durava fino ad ora tarda. E perché avveniva questo? Perché il 13 corrente, un campigliese si unì una seconda volta in matrimonio. Ora, se è vero che gli uomini sono tutti uguali in faccia alla legge, perché per un matrimonio viene disturbata un’intera popolazione? La forza pubblica non potrebbe intervenire ?

 

 

 

 

 

 

                                                   CAMPIGLIESI IN  PELLEGRINAGGIO A LOURDES ANNO 1963

 

Campiglia piccola e bella

 

Non pochi paesi che circondano La Spezia hanno radici storiche precedenti al XII secolo e Campiglia, la più piccola frazione del Comune, risponde al citato requisito. Situata a circa 400 metri sul livello del mare divide per molti secoli la sua storia con la vicina Biassa, nucleo abitati­vo di ben più nota fama, da cui si fa derivare la provenienza dei primi cittadini della Spezia. Ottone II, uno dei quattro imperatori del Sacro Romano Impero, nomina Campiglia in un docu­mento dell'epoca; forse la visitò quando venne in Italia nel 980 per ricevere la corona imperiale dalle mani di Benedetto VII.

In "La Spezia e il suo Golfo", Carlo Caselli sottolinea il ricorrente parallelismo fra Biassa e Campiglia affermando che «questi due paesi, visti dalla Spezia, sembrano due branchi di gente scappata dalla spiaggia del Golfo e inseguita dalla civiltà. II branco di Campiglia, più composto, si è fermato sul monte e guarda tranquillo; l'altro di Biassa, ancora scapigliato, sta nascosto nelle boscaglie d'una gola deserta e par che spii le mosse del nemico per rimettersi in fuga». Narra infatti una leggenda che in tempi antichi una nave di pirati saraceni naufragò presso le nostre coste ed alcuni della ciurma, scampati alla furia del mare, trovarono rifugio sui monti del Golfo dove, appunto, sorse­ro le colonie di Campiglia e di Biassa.

Attraverso un percorso affascinante ed avventuroso si risale alla comune civiltà e la leggenda ne è solo una piccola parte, considerando l'effettiva esisten­za dell'attività piratesca, che dominò laddove si dimostrava fragile l'organizzazione del potere statale. Ma sono altrettanto interessanti i risvolti autonomistici che i "campioti" perseguivano nei confronti dei "biassei": i primi più influenzati dalle attività marinare ed i secondi più propensi alle attività agricole. Da qui, lo studioso Giovanni Sittoni individua distinte

caratteristiche delle popolazioni: più quieto l'abitato di Campiglia, più tur­bolento quello di Biassa; corretto nella sua eleganza campagnola il campiota, più trascurato il biasseo.

La vocazione al separatismo traspare nella storia di queste due colonie sorel­le e Campiglia, pur limitata nell'estensione e con popolazione esigua rispetto a Biassa, si rende protagonista di un distacco che nelle valutazioni del Sittoni si contrappone «ai circa otto secoli d'immutabilità che ha contraddistinto i suoi modi di vita, preannunziando che nello spazio di poche generazioni  essa vuol rendersi irriconoscibile». La storia di Campiglia, innestata in un confronto che la vede frazione della famosa Biassa, contiene stimolanti capitoli riferiti alla sua collocazione strategica, per cui il già citato Giovanni Sittoni in un scritto del 1907 sottolineava che «chi vuol arrivare in Campiglia bisogna che si prepari ad una lunga e difficoltosa scalata di massi scistosi e calcarei e c'è da chiedersi ritornando all'epoca dei primi insediamenti, come doveva essere possibile lo spingersi fin lassù in un territorio impraticabile, senza la più lontana, sia pure avvenire, possibilità di pascolo in larga scala o d'una possibile estrazione dal suolo di qualsiasi alimento».

I tempi hanno in parte smentito tale opinione se è pur vero che Campiglia ha reso fertili le sue terre e i suoi vigneti, situati nelle diverse località dai no­mi insoliti (Lamoa, Codemin, Traina, Maioi, Cimo, Chioso, Navone, ecc.), ne costituiscono superba testimonianza. È per la naturale propensione difensi­va del paese che si presume venne edificato un castello di cui oggi non resta traccia, se non per identificare un suo borgo evidentemente occupato nel

tempo (se ne trova la citazione in un atto di Federico I di Svevia del 1185 e, successivamente, nel 1191 nell'atto con il quale Enrico IV confermava la sua posizione sulle terre del vescovo di Luni) dalla fortezza. Oggi Campiglia supera di poche decine il centinaio di residenti, ma cessò quasi di esistere verso il 1300 a causa di una drammatica pestilenza che provocò il pressoché totale sterminio dei suoi abitanti. Un solo testimone riuscì a sopravvivere a quella mortale epidemia.

Campiglia contava 75 abitanti nel 1607; 119 due secoli dopo; 283 nel 1835; 340 nel 1844; 378 nel 1883; 477 nel 1931, quando Biassa ne censisce ol­tre 1600. Soddisfa la curiosità sapere che da sempre i cognomi Sturlese e Ca­nese contraddistinguono la provenienza campiota; nel 1911 vivevano a Campiglia 43 famiglie Sturlese e 35 Ca­nese, mentre a Biassa, nello stesso anno, la disputa per il primato della diffusione del cognome era aggiudica­ta dalle 37 famiglie Carro, seguite dalle 36 Cidale, 30 Natale, 28 Lombardo, ecc. a conferma di un maggior movimento di nuclei abitativi che trovarono sistemazione nel più ampio territorio di Biassa, a differenza di quello più li­mitato e meno redditizio di Campiglia.

Quali i residui della Campiglia di ieri che si possono tuttora ammirare? Sostanzialmente immutata è la struttura del paese a cui si accede non più per "sentieracci" di antica memoria, ma per una strada carrozzabile che termina su un piazzale ove ha sede l'antica chiesa dedicata a Santa Caterina di Alessandria. Costruita nel 1540, restaurata nel 1981, è la continuità di analoga cappella già offerta al culto della Santa nel 1300. L'attuale campanile è stato edificato dal 1883 al 1888. Al 1840 risale, invece, un superbo esempio di mulino a vento, purtroppo in fase di progressivo decadimento, collocato in una cornice di verde da cui è possibile godersi la meravigliosa costa di Porto Venere con la Palmaria, il Tino e il Tinetto. A tal riguardo, se da un lato Campiglia ci offre scorci di primitiva bellezza

(Tramonti, Persico, Rossoa, Albana, ecc.), altrettanto è il fascino reso dal colpo ­d'occhio sul golfo della Spezia, percepibile in tutta la sua ampiezza. L'impervio di ieri è diventato, dunque l'incantevole e l'invidiato di oggi, per quanto la città abbia influito nel richiamare a sé numerose famiglie con il con­seguente spopolamento del paese.

Le presenze si moltiplicano, naturalmente, nel periodo estivo e nelle giornate occupate dalla tradizionale vendemmia che, per la fatica ed il molto sudore di cui necessita, fa riflettere sull'incomoda posizione dei vigneti e sulla già menzionata collocazione di Campiglia, che domina sia la costa delle Cinque Terre, sia parte del Golfo e delle Alpi Apuane. Campiglia rimane un documento di paese che ha mantenuto la propria identità, le cui case ravvicinate sono tracce di un passato che merita di essere rivisitato con una punta di nostalgia e un po' di rammarico per aver voltato le spalle al vivere paesano e alle buone tradizioni in esso custodite.

 

Valerio P.Cremolini  

 

 

 

 

 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 02-09-12