I Fichi d'India

10-06-12

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I FICHI D'INDIA


 

A Campiglia questo particolare frutto della natura, è largamente diffuso nelle aree del Persico e del Navone, territorio che grazie al clima ed alla posizione ridossata dai venti del Nord ha, in aggiunta, temperature invernali mitigate dalla vicinanza del mare. Grandi piante si osservano sui dirupi sassosi, e la raccolta dei succosi frutti avviene in concomitanza con la vendemmia settembrina.

Importato in Italia in tempi lontani, il fico d’India è, forse, l’unico frutto non trattato con additivi chimici. Cresce facilmente nelle zone calde ed aride ed è un ottimo frutto estivo dagli effetti depurativi e rinfrescanti. I fichi d’India o fichidindia (opuntia ficus indica) appartengono alla famiglia delle Cactaceae, quella, per intenderci, del cactus e sono giunti in Italia dopo un viaggio lunghissimo. Originaria del Sud dell’America, infatti, questa pianta vive rigogliosa nella Cordigliera delle Ande e nelle Serre messicane. Fece la sua prima apparizione in Europa grazie a Cristoforo Colombo che l’aveva portata in Spagna, ma sembra  siano stati i Saraceni ad introdurre i fichi d’India in Italia allorquando, nell’827, sbarcarono a Mazara, in Sicilia, da cui partì la conquista musulmana di quel territorio, e da qui attraverso Sardegna e Corsica giunsero in Provenza, per poi espandere la conquista su tutta l'attuale Liguria.

Sia da un punto di vista estetico che prettamente botanico, questa pianta si presenta quasi come un unicum. Le sue radici altro non sono che le pale (cladodi), ossia le foglie carnose e piene di spine, che si sovrappongono generando in tal modo un arbusto senza tronco e senza rami. I suoi fiori sono di colore giallo ed i frutti, di forma ovoidale, crescono in cima alle pale e sono coperti di spine mentre la loro polpa, assai succosa e ricca di vitamine, contiene numerosissimi semi legnosi.

La pianta cresce molto rapidamente, senza particolari cure nei territori aridi raggiungendo i 3-5 metri di altezza e non ha bisogno di acqua, ad eccezione della fase iniziale quando una pala, meglio due pale, della pianta madre viene interrata per circa due terzi per permetterne la riproduzione. Per il resto attecchisce ovunque e con grande facilità tranne che alle basse temperature.

E’ fondamentale ricordare che il fico d’India non necessita di interventi chimici per potersi sviluppare ed è, quindi, una delle rarissime varietà di frutta che non subisce manomissioni da parte dell’uomo. Si tratta, perciò, di un prodotto che andrebbe meglio diffuso e consigliato per le nostre tavole e per la dieta mediterranea, nella quale entra a pieno titolo per la sua quantità di vitamine e di acqua. Se ne distinguono quattro varietà: a frutto giallo, bianco, rosso e senza semi.

I fichi d’India hanno una funzione depurativa anche a livello epatico e sono raccomandati nei casi di calcolosi renale in quanto favoriscono la diuresi, vengono impiegati come rimedio alle scottature e come analgesico. Nelle giuste quantità hanno un effetto blandamente lassativo anche se i semi legnosi contenuti nella polpa possono provocare stitichezza.

Inoltre le pale vengono utilizzate per curare diverse patologie quali angine, tonsilliti, tossi, febbri, suppurazioni ed ascessi. Una curiosità è che anticamente esse venivano addirittura usate per levigare il legno. Uno studio più avanzato sul fico d'India aggiunge a queste proprietà quelle di combattere i parassiti del sistema digestivo, di essere utilizzata nel trattamento del diabete e del colesterolo.   La raccolta dei fichi d’India richiede una tecnica ancora a livello non meccanizzato in quanto a tutt’oggi viene adoperato il caratteristico “coppo”, una sorta di contenitore a forma di tronco di cono sulla punta di un bastone, oppure bisogna munirsi di appositi robusti guanti, insensibili alle spine.

 

Come si sbuccia il fico d'India ?

Tenendolo fermo con la forchetta; con un coltello ben affilato si tagliano le due estremità e si incide per la lunghezza.... poi si fa "rotolare" sulla sua stessa buccia.

 

 

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Ultimo aggiornamento: 02-04-06