Di
BRUNO DELLA ROSA
Uno scienziato inglese sostenne
d'aver visto dall'alto della Castellana oceani e continenti di tutto il pianeta.
Una visione che durò quattro ore. Per cinque anni non ne parlò con nessuno:
aveva timore di essere preso per un pazzo. E' possibile vedere dalla sommità di
un monte alto poco più di cinquecento metri il mondo disteso ai propri piedi?
Ovviamente tutti risponderanno di no tranne, forse, i sognatori, quelli che con
la fantasia viaggiano avanti e indietro nel tempo e nello spazio e vivono
avventure da far invidia a scrittori come Alphonse Daudet o Rudolf Erich Raspe,
che hanno reso universalmente famosi eroi come Tartarino e il barone di
Munchausen, protagonisti di strabilianti avventure. Ma nella seconda metà del
secolo scorso, un uomo raccontò di essere stato protagonista di un avvenimento
straordinario, sbalorditivo, difficilmente credibile: appunto la visione, dalla
vetta di un monte, del mondo intero. Oceani, continenti, catene montuose, laghi.
Panorami che, alla stregua di una ininterrotta sequenza cinematografica, si
palesarono ai suoi occhi, tanto che poi scrisse: "Meravigliato e pieno di
rapimento, io non restai più a lungo a contemplare. Chiusi gli occhi che il mio
animo estasiato non riusciva più a seguire. Essi avevano visto il giro del
mondo, tutto l'Equatore e i due circoli polari". Ed a "vedere" il mondo ai suoi
piedi non è stato un poeta o uno scrittore, categorie che spesso ricorrono alla
più sbrigliata fantasia nel dare vita alle loro opere, ma uno scienziato e per
di più inglese, quindi accreditato di quel controllo e della freddezza cui vanno
orgogliosi i figli di Albione. Lo scienziato si chiamava F.W.C. Trafford ed era
un naturalista che nel Marzo 1869, sulla scia di tanti suoi conterranei, era
venuto a visitare il golfo spezzino in seguito battezzato da Sem Benelli "Golfo
dei Poeti", proprio per l'interesse che questo mare - racchiuso nel semicerchio
di monti e colline da cui gode una magnifica vista - ha sempre suscitato tra gli
uomini di cultura di tutto il mondo. Il 28 Marzo di quell'anno Trafford si
inerpicò lungo irti sentieri per raggiungere la vetta di monte Castellana che
domina la città da lato di ponente. Castellana è un monte che ha qualche
venatura di mistero per gli spezzini. Nei suoi anfratti sono state trovate punte
di selce usate dai cavernicoli in epoca preistorica. Inoltre gli spezzini
guardano a quella vetta come ad un barometro per sapere che tempo farà: se la
cima è coperta da nuvolaglia, bisogna premunirsi e uscire di casa con l'ombrello
perché pioverà sicuramente (se a Castellana la se 'ncapela, ne te scordàe a ca
l'ombréla). Dunque lo scienziato inglese il pomeriggio del 28 Marzo 1869,
giornata tiepida e trasparente, salì sulla vetta dove i francesi, sotto
Napoleone, avevano costruito un forte poi andato in rovina e da lassù ebbe la
straordinaria visione che successivamente raccontò in uno opuscolo pubblicato
però a cinque anni di distanza dal fatto. Trafford spiegò successivamente perché
attese così tanto a raccontare l'incredibile avvenimento del quale asserì essere
stato protagonista. Aveva avuto paura d'essere preso per un pazzo, o peggio per
un visionario, lui che da bravo naturalista era abituato a camminare con i piedi
ben posati per terra e non con la testa fra le nuvole. Ma cosa aveva visto
dall'alto della Castellana lo scienziato inglese? Nel suo opuscolo disse, prima
di tutto, che quel pomeriggio era di eccezionalissima limpidezza atmosferica,
circostanza che fu all'origine del fenomeno al quale diede il nome di "telorama"
. E poi aggiunse che per qualche momento dubitò di vedere ciò che si parava ai
suoi occhi: tutto il bacino del Mediterraneo, la Corsica, la Sardegna, poi la
Spagna e via via le altre parti del Globo. Della Groenlandia accennò perfino
alla natura delle rocce e dei ghiacciai; affermò che vide la Siberia senza
ghiaccio e neve, l' Australia, la Nuova Zelanda, l' America del Sud da Panama a
Capo Horn, la Cordigliera andina, il Rio della Plata e quello delle Amazzoni,
l'Africa con le sue savane e le grandi montagne dalle vette perennemente coperte
di neve. La "Visione" di Trafford, come in seguito egli stesso annoterà nel suo
scritto, durò quattro ore e mezza e dopo averne parlato diffusamente mettendo in
risalto le particolarità geografiche scorte nel dipanarsi del "Telorama" , lo
scienziato concluse con queste parole: "Se la mia visione fu una allucinazione
durata quasi cinque ore, la sola della mia vita, allora può essere accolta come
curiosità negli annali della medicina, ma se questo rapporto può essere
confermato, spetterà agli studiosi esaminare la possibilità di realizzare un
osservatorio meteorologico sul monte Castellana". Il Trafford, pubblicò il suo
scritto, come abbiamo accennato, nel 1874 a Zurigo in Svizzera a cura del
libraio Orel Flussy col titolo "Amphiorama ou la vue du monde des montagne de La
Spezia. Fenomène inconnu, pour la première fois observè et decrit avec une carte
du Continent polaire" . Il documento sarebbe rimasto ignoto senza dubbio se una
copia non fosse capitata fra le mani di uno scienziato italiano, Giovanni
Cappellini, geologo, il quale tuttavia si decise a renderlo noto solo nel 1919,
mezzo secolo dopo la visione avuta da Trafford, tre anni prima di morire a 99
anni, a Bologna. Giovanni Cappellini, scienziato di grande caratura, tanto da
essere definito dal Carducci "promotore e propagatore della scienza", aveva
scritto centinaia di pubblicazioni di geologia, archeologia e paleontologia,
fondato il museo geologico di Bologna e introdotto nell' insegnamento
universitario le teorie di Darwin. Lo studioso italiano fu molto colpito dal
racconto fatto da Trafford e cercò in ogni modo di venire in possesso del
manoscritto originale, ma le sue ricerche, effettuate anche con la
collaborazione di altri suoi colleghi di nazionalità diversa, non approdarono a
nulla. Alla fine smise d'occuparsene e solo dopo molti anni, ormai in pensione e
con tanto tempo libero a disposizione, si decise a pubblicarne un sunto nel
Giornale Storico della Lunigiana edito alla Spezia, città in cui era nato. Era
passato mezzo secolo dalla "visione" dell'inglese e Cappellini spiegò che dopo
le inutili ricerche della memoria originale o di qualche traccia del naturalista
inglese, ritenne di segnalare il "caso" alla società di studi storici spezzina
con la speranza che a qualche collega potesse servire di incitamento a visitare
il monte Castellana dove gli uomini preistorici fabbricarono le prime armi di
pietra. "Per ragioni facili da immaginare - scrisse Cappellini - ho abbreviato
ciò che il Trafford ha narrato accuratamente e direi anche distesamente, ma mi
astengo da ogni giudizio per quanto vi può essere di vero e quanto evidentemente
è sogno". La divulgazione del testo tuttavia suscitò grande interesse che non fu
scalfito dallo scetticismo di molti. Spuntarono gli inevitabili "esperti" e
qualcuno affermò che il fatto poteva essere effettivamente avvenuto per un
fenomeno di rifrazione atmosferica. E si citò il caso di Alessandria d'Egitto,
porto dal quale si vedono un giorno prima del loro arrivo le navi provenienti da
Malta. Ci fu anche chi paragonò Trafford a Linceo, il leggendario navigatore che
aveva la dote di vedere sottoterra i filoni dei minerali e scoprì Castore e
Polluce nascosti dentro una quercia cava. Ma c'è stato chi, come lo scrittore
Ettore Cozzani, fondatore della Rivista Eroica e dell'omonima casa editrice,
dedicò alla vicenda di Trafford un racconto nel quale il protagonista è un
pellegrino che, scosso dal miracolo cui ha assistito dall'alto del monte,
disceso sulle rive del Golfo in preda ad un comprensibile turbamento, incontra
un sacerdote a cui confida la sua straordinaria esperienza. Dopo averlo
ascoltato, il sacerdote gli dice: "Se voi avete visto tutto il mondo, così vero
ed esatto, da averlo potuto confrontare con i vostri ricordi, non potete averlo
visto nella realtà, se le leggi fisiche non sono capovolte. Allora l'avete visto
nel seno di Dio, dove tutte le cose della vita e perfino i nostri sentimenti e
pensieri, si riflettono esatti… Si, per un lungo attimo con i vostri occhi avete
contemplato Dio stesso. Dio, che di tutti i luoghi del mondo, ha scelto il
nostro Golfo per discendere dai suoi reami e raccogliersi fra le braccia soavi
la terra, come madre il suo bimbo". Questo, in sintesi, il racconto
dell'insolita vicenda che ha avuto per protagonista lo scienziato inglese.
Ovviamente nessuno si è occupato poi di fare qualche indagine su quello che
Trafford asserisce di aver veduto. Forse davvero i fenomeni rifrazione chissà...
oppure un sogno dipanatosi in un tiepido e piacevole pomeriggio di primavera.
Vero o no, che importanza può avere? Milton, nel suo "Paradiso perduto" ha
scritto: "La mente è il mondo e da se può fare un paradiso dell'inferno e un
inferno del paradiso".
ANNOTAZIONI
A cura del Prof. ENRICO
CALZOLARI (www.paleoastronomia.com)
Ho letto il contributo postumo di Bruno Della Rosa sull' "Amphiorama"
visto sul Monte Castellana dal Trafford. Mi sono soffermato su una delle
ultime frasi: " Ovviamente nessuno si è occupato poi di fare qualche
indagine su quello che Trafford asserisce di aver veduto". Non si può
sapere se ciò corrisponda a verità, perché esistono agenzie che possono
studiare ciò a livello molto riservato. E' certo che non se ne è parlato
in termini di ricerca scientifica o culturale. Fedele al motto di
"osservare tutto e riferire tutto ciò che si è osservato" debbo
comunicare in proposito che durante una conferenza sulle anomalie
geologiche ed energetiche della nostra terra di Lunigiana, tenutasi al
Centro Studi "Arthena" di Pozzuolo, questa primavera, è emersa una
interessante testimonianza di un agricoltore che, dopo aver ascoltato il
racconto dell'amphiorama, ci ha comunicato di aver vissuto una simile
esperienza dal suo terreno di Luni, anche se per una durata molto
inferiore, circa cinque minuti. Egli ha anche chiesto di poter visionare
presso l'Accademia Cappellini il testo pubblicato nel Volume I -
Fascicolo III - IV Anno 1919 (pagg. 81- 83) da cui avevo tratto il
racconto. Questo tipo di esperienze può essere collegato con la
tormentata geologia del nostro territorio, che può influenzare persone
con particolari doti caratteriali. Tale tema appartiene agli studi dei
rapporti fra masse e bio-masse e costituisce uno degli argomenti
necessari per giustificare la presenza di numerosi siti sacri
preistorici in Lunigiana, contrassegnati dal ritrovamento di
statue-stele e da toponimi-spia particolarmente significativi. Una
simile tematica spiega, tra l'altro, il perché la baia fra Lerici e San
Terenzo sia stata chiamata "Golfo dei Poeti" ; la lenticola
di territorio esistente tra i due castelli mostra una gravità inferiore
alla media. Ciò spiega perché lungo la passeggiata a mare tutti stiano
bene, e non solo i poeti e gli artisti, le persone cioè dotate di
maggiore sensibilità e ricettività. Nelle carte tettoniche del C.N.R. si
rileva altresì che il Caprione è definita "Zona in sollevamento"
(Progetto Finalizzato Geodinamica, Sottoprogetto 5, Pubblicazione n.
429). Ciò è spiegato dalla tettonica distensiva che ha interessato
l'Appennino Settentrionale, in conseguenza della dinamica del bacino che
oggi è occupato dal Mar Tirreno. I rilasci di energia tellurica
derivanti da detto contesto geologico possono essere percepiti in un
intervallo energetico bio-compatibile che interessa il Visibile e
l'Infrarosso, da 229 a 39 KJoule (R. Chiari - 2° Corso di Medicina e
Igiene Ambientale - Castello di Cays, Cabalette - Torino, 1997).
L'esperienza descritta da D.H. Lawrence durante il grande pic-nic fatto
sulle alture del Caprione, quando giunse a vedere la valle del Magra, le
Alpi Apuane e la costa fino a Viareggio, salendo da Tellaro (…il mio
sangue si mise a scorrere con delizia… non Ti potrei raccontare come io
potei saltare in aria, è veramente amabile…), non è soltanto conseguenza
di un grande impatto visivo, ma anche della grande faglia (master fault)
che passa proprio in quel tratto del promontorio, ed i cui rilasci
energetici furono ricevuti dallo scrittore, certamente sensibile a ciò.
Non occorre quindi rifugiarsi in Milton - come si legge nella chiosa
finale - per mettere a tacere il problema epistemologico che l'amphiorama
pone. Occorre invece approfondire le ricerche su questi strani
accadimenti. Proprio recentemente sono apparse su Internet notizie di
episodi accaduti nel corso della Seconda Guerra Mondiale ai piloti degli
squadroni di cacciatori notturni dotati di aerei "Mosquito" , muniti di
radar, proprio durante azioni che interessavano il nostro golfo (1944 -
1945). Tolto il segreto militare, si è saputo di avvistamenti di strani
globuli di luce, che viaggiavano a velocità elevatissima, che
inutilmente i piloti cercavano di inseguire. Italiani e Tedeschi nulla
sapevano di ciò, così come nulla sapevano del fatto che gli strumenti
dei bombardieri alleati che raggiungevano la "bombing-area"
dell'Arsenale, volando sopra le alture occidentali del golfo,
impazzivano sulla loro verticale. Si narra che il Genio Militare
germanico scrivesse a Berlino per capire come fosse possibile che gli
italiani facessero cadere i "trolley" dei tram proprio in certi punti
della città, evidentemente per preparare attentati. Anche ai giorni
nostri gli autisti dei filobus sanno quali sono questi strani punti,
provate a chiederglielo. La geologia può offrire spiegazioni per questi
accadimenti, apparentemente strani. Per capire gli effetti sugli uomini
esiste la disciplina detta geo-biologia, che ha illustri precedenti
storici. Vitruvio narra come gli Etruschi, prima di antropizzare un
territorio con insediamenti umani, vi facessero dimorare un gregge di
montoni per un anno. Uccidendoli potevano verificare se gli organi degli
animali avessero subito particolari lesioni, da quella permanenza. In
caso affermativo quel luogo non sarebbe stato considerato salubre
neppure per gli uomini. La conoscenza scientifica del territorio
profondo, tramite la geologia, dovrebbe essere inserita nella medicina
abitativa ed anche nella medicina del turismo, per trarre vantaggi dalle
particolari valenze del territorio, evitandone altresì i pericoli. Già
Aristotele narra che in Sardegna vigeva il costume di dormire presso le
tombe degli eroi, e ciò veniva fatto a scopo terapeutico (Filopone) o
per liberare da visioni ossessive (Tertulliano). Ciò che in antico
veniva attribuito all'influenza degli eroi capostipite del proprio
gruppo etnico oggi può meglio essere capito come influenza delle
caratteristiche geologiche del sito, che influiscono sul sistema
neuro-vegetativo. I valori geologici di un territorio andrebbero venduti
come "valori d'uso", cioè valori che si perpetuano nel tempo e che
continuano a fornire lavoro e ricchezza. Purtroppo si deve constatare
come manchino carte geologiche aggiornate e per alcune parti del
territorio siano ancora in uso carte del secolo scorso (cfr. carta dello
Zaccagna). Sarebbe bene che le autorità preposte alla cura del
territorio e al suo sviluppo fossero consapevoli di ciò ed utilizzassero
tutti i più sofisticati sistemi per conoscerlo (ad esempio il
laboratorio volante LARA). Quest'ultima considerazione mi sembra possa
degnamente chiosare in termini futuribili, il contributo di Bruno Della
Rosa.
DIALOGO SUI POETI, GLI ARTISTI ED IL GOLFO DEI POETI
Una analisi in termini di interazioni
geomasse-biomasse.
L’arte è contemplazione, è il piacere di uno
spirito che penetra la natura e scopre che anch’essa ha un’anima; è la
più sublime missione dell’uomo, poiché è l’esercizio del pensiero che
cerca di comprendere l’universo e di farlo comprendere
Auguste Rodin
In provincia della
Spezia esistono due luoghi dotati di toponimi ricchi di particolare
valore semantico, il “Golfo dei Poeti” e la “Via dell’amore”. I poeti
(come tutti gli artisti e musicisti) sono uomini dotati di grande
sensibilità e di capacità espressive innate che li fanno estranei
all’umanità ordinaria e alla società in cui sono a chiamati a vivere,
che spesso li ricambia con l’emarginazione.
L’amore, inteso come espressione di uno stato particolare del
comportamento dell’uomo bisessuato,
tocca quasi tutti gli esseri umani. Per comodità, questo tipo di amore
verrà espresso con la lettera iniziale minuscola (si potrebbe anche
esprimere con il termine “sentimento”) mentre se espresso con la lettera
iniziale maiuscola diverrà di nuovo una espressione di dinamiche mentali
ed affettive frutto di ricerca e di elaborazione personale da parte di
pochi.
Con questo non si vuole far diminuire il valore del suddetto
comportamento dell’animale uomo, che consente la sopravvivenza della
specie attraverso la pulsione vibrazionale verso la donna,
che, secondo Teilhard de Chardin
“è il depositario responsabile di un quantum affettivo ed unitivo”. In
entrambi i luoghi suddetti, il Golfo e la Costiera, emerge un comune
principio di causalità, il quale può essere espresso con la definizione
generale di “interazione fra geomasse e biomasse”, intendendosi per
geomasse la crosta terrestre e per biomasse gli esseri viventi al di
sopra di essa, siano essi vegetali, animali, umani. In entrambi questi
luoghi i comportamenti umani, siano essi dei pochi, cioè i poeti, gli
scrittori, i pittori, i danzatori e gli artisti in genere, siano essi
comportamenti dei molti “normali” che sono “innamorati”, nascono da
particolari situazioni geologiche del territorio, che influiscono sulle
dinamiche interne del corpo umano. Si assiste ad un funzionamento che
avviene in fasi successive (oggi si direbbe in progress) dovute
ai campi elettromagnetici, che fanno produrre da specifici organi del
corpo umano gli enzimi, i quali influenzano la successiva produzione
degli ormoni. Per migliorare la comprensione di ciò si riporta quanto
scritto in una dispensa predisposta per un corso residenziale a tema
“Percorsi percettivi nelle Terre del Monferrato”, tenuto dal prof.
Roberto Chiari dal 31 ottobre al 2 novembre 1998:
“Secondo Popp,
delle quattro interazioni fondamentali oggi riconosciute (forte,
elettromagnetica, debole, gravitazionale) solo quella elettromagnetica,
dovuta a cariche elettriche e momenti magnetici, sarebbe da prendersi in
considerazione nei meccanismi di comunicazione intracellulare e
intercellulare di un sistema vivente”. Ricerche effettuate presso la
Università di Pisa hanno chiarito che durante il periodo di
innamoramento si riscontrano nel sangue quantità di serotonina
meno elevate del 40%! Dopo un certo periodo di tempo, in genere un anno
e mezzo, la produzione di questa sostanza risale. Ciò avviene
“normalmente” in qualsiasi luogo, ma se si frequentano luoghi in cui i
campi elettromagnetici siano tali da favorire il suddetto progress
è possibile che la produzione di questa sostanza si
modifichi. Personalmente ho provato a fare due analisi per la ricerca
della serotonina in due giorni successivi, dopo aver frequentato un sito
sacro, e il dato è risultato molto diverso, talché un
medico cui sottoposi gli esami ha ritenuto ciò impossibile, ed ha
imputato questa evidente differenza ad un errore del laboratorio.
Sarebbe auspicabile poter eseguire esperimenti nei luoghi sacri
preistorici, utilizzando sostanze organiche inanimate (lieviti, gel
ecc.). Si deve inoltre ricordare che nelle tradizioni paesane del
passato esistevano i luoghi preferiti dagli innamorati, tradizioni ora
scomparse con l’avvento di quella scatola mobile che è chiamata
“macchina” o “auto”, che ha rivoluzionato i costumi dei giovani, che
arrivano ad usarla anche come vera e propria alcova, subendo spesso
cocenti delusioni date le ristrettezze, le scomodità e lo stato di
tensione dovuto alla non perfetta tranquillità del luogo, specie da
parte delle femmine, che hanno bisogno di maggior tempo per concentrare
tutta la loro vitalità verso il comportamento unitivo. L’esempio
“limite” di questa analisi è il racconto di chi è stato disturbato nella
propria intimità da parte di esseri alieni
che hanno circondato l’autovettura, ovviamente in ore notturne, nel
crinale del Monte Parodi, luogo noto agli studiosi di Ufologia come
quello in cui avviene la più alta concentrazione di avvistamenti in
Italia. Se si analizza la carta geologica delle Cinque Terre si potrà
scoprire come lungo la costa siano evidenti fenomeni tettonici di tipo
distensivo che hanno dato luogo al scivolamento verso il mare del
Macigno della falda Toscana, arenarie torbiditiche medio grossolane in
banchi con siltiti argillose, che talvolta diventano verticali, così
come si scorge dall’alto della Strada Litoranea, approssimandosi a
Riomaggiore. Più a monte passa anche una faglia potente e profonda (una
master-fault).
Esistono in proposito alcune fotografie della Via dell’Amore pubblicate
alle pagine 115 e 119 del bel libro “Magiche Cinque Terre”, a cura di
Paolo De Nevi, che mostrano inequivocabilmente la suddetta verticalità.
Per meglio capire cosa Riomaggiore rappresenti in termini geologici,
occorre dire che siamo ancora sulla zolla
africana (mentre la dirimpettaia Corsica per la maggior parte appartiene
alla piattaforma iberica, che originariamente non era attaccata all’Eurasia,
e nello scontro sono nati i Pirenei e gli Appennini) e che la zolla
africana continua a spingere verso Nord. Gli esiti di questa spinta sono
registrati nei difetti reticolari dei minerali e particolarmente nei
cementi delle arenarie della costa, di colore giallo-rosaceo. Si prenda
atto del contenuto specifico del seguente passo: “Le pieghe e le
faglie attualmente visibili a Riomaggiore sono il traguardo finale di
un campo di sforzi orientati Est-Est Nord Est, già esauritesi circa 1
milione di anni fa. Le prossime pieghe e faglie con orientamento a Nord
si vedranno quando le relazioni energetiche tra i minerali trasferiranno
l’energia che stanno attualmente accumulando”.
Generalmente nella
cultura corrente non si fa distinzione fra i termini di faglia e
frattura, pensando in ogni caso ad una lesione profonda della
superficie terrestre ed ignorando che mentre nella frattura i due lembi
del terreno rimangono stabili, nella faglia una delle due parti è
soggetta a movimento. Praticamente in questo campo la cultura corrente è
ancora ferma al Medioevo, quando i maestri costruttori, spesso riuniti
in confraternite, veri e propri specialisti della scelta e della
lavorazione delle pietre nonché della progettazione degli spazi e delle
forme, innalzavano costruzioni perfette, che però, dopo uno o due
secoli, sono andate in rovina. Si cercava infatti di posizionare
l’altare delle chiese su un luogo di emissioni di potenti flussi ionici
(incroci di linee d’acqua, di doline, di fratture, di scorrimento di
strati ecc. ecc.) perché il celebrante potesse utilizzare questi flussi
per influenzare le menti dei fedeli ad entrare in isofrequenza con esse,
cioè spingendo i fedeli ad uniformarsi con la propria volontà
educativa. I pur grandi maestri costruttori ignoravano però che nel
caso di costruzione elevata su una faglia, questa avrebbe perso la sua
stabilità. Esempi chiari di questa situazione costruttiva sono i ruderi
delle chiese di San Martino Vecchio sul Monte Parodi (La Spezia) e di
San Lorenzo al Caprione (Lerici). Mentre i ruderi della chiesa di San
Lorenzo al Caprione sono visibili dal sentiero che sale in alto verso
Campo de Già, la Gavizza, i Monti Branzi e la Rocchetta, i ruderi di
San Martino Vecchio, che si trovano al di sotto della strada
carrozzabile del Monte Parodi in prossimità del bivio per Carpena,
sono difficilmente visibili per la continua crescita della vegetazione
di tipo “radiofilo” (amante cioè dei campi ionici) che la sommerge, in
particolare il sambuco, la vitalba e l’ortica, che qui cresce ad
altezza superiore a quella dell’uomo. Pertanto, per visitare questi
ruderi (affascinanti perché l’unica parte dell’abside che ha resistito
al tempo porta una finestratura monofora orientata al sorgere del Sole
nella festa del Santo, cioè il giorno 11 novembre, che guarda appunto
verso la Versilia e l’ultimo crinale delle Alpi Apuane) occorre
attrezzarsi con casco, visiera, tuta monopezzo e scarponi, nonché
machete (o pennato) come fanno i Volontari Antincendi Boschivi. Per
meglio comprendere queste ultime osservazioni occorre capire che lo
sviluppo della struttura dei vegetali avviene secondo precise funzioni
numeriche che appartengono alle serie pitagoriche.
Così avviene lo sviluppo dei rami, così si formano le varie strutture
dei fiori, quali il cavolfiore o il girasole; così si forma la curvatura
della banana. La struttura dell’ananas nasce da due spirali che si
generano in tal modo, ruotando una a destra ed una a sinistra, come nel
caso della pigna
del Pinus pinea (il pino da pinoli) che si ritiene abbia
dato origine ai toponimi liguri di Pigna e Pignone,
rispettivamente nella Liguria occidentale e nella Liguria orientale,
nonché ai diversi Pigna di Corsica. Questa convinzione nasce dalla
constatazione che entrambi i luoghi liguri furono insediamenti dei
Templari, e che anche i siti della Corsica si trovano sugli itinerari
medioevali seguiti dai Templari per attraversare l’isola, provenendo via
mare dalle Baleari, per poi reimbarcarsi nei porti della costa orientale
dell’isola per raggiungere l’Italia. Si noti la strana coincidenza fra i
toponimi fra loro vicini di Pignone e Corvara in Val di Vara e il
ripetersi, in Corsica, di una simile coppia di toponimi vicini per ben
due volte. È noto che i Templari conoscessero le dottrine alchemiche e
non ci si deve stupire che conoscessero queste segrete proporzioni
legate al numero aureo “1,618034”, che è implicito anche nelle
proporzioni fra le varie parti del corpo umano. La rappresentazione
dell’Uomo di Vitruvio (disegnato da Leonardo da Vinci)
nella attuale moneta dell’Euro e l’uso di questo rapporto aureo nelle
misure del Bancomat (per farlo accettare più facilmente dal pubblico)
derivano da queste conoscenze. Pitagora, conosciuto da tutti per la
Tavola Pitagorica, fu uomo di scienza, ma anche filosofo ed ebbe anche
doti shamaniche, perché si tramanda che parlasse agli animali. Non si
deve però pensare che sia stato lui a dare origine a queste conoscenze,
perché case di abitazione dell’epoca del Bronzo, ritrovate in Israele,
hanno mostrato nella loro forma rettangolare la proporzione pitagorica.
Una comunicazione in tal senso è stata effettuata nel corso dell’VIII
Convegno Nazionale della Società Italiana di Archeoastronomia, tenutosi
a Ferrara nei giorni 17-18 ottobre 2008, avente titolo: “La geometria di
alcuni edifici ‘Early Bronze Age’ di Tell Arad e Bab edh-Dhra” dagli
studiosi Marcello Ranieri e Andrea Polcaro. Robert J. Gilbert riprende
questi concetti come “geometria sacra” e così la enuncia: “Da una
prospettiva olistica,
ciò che chiamiamo geometria sacra è in effetti una correlazione di
schemi conoscitivi dell’umanità da tutti i nostri antenati. Ad ogni
scala dell’esistenza, dalla scala subatomica a quella galattica, gli
stessi schemi chiave coinvolgono tutte le cose dell’esistenza. È un
fatto storico che molti di questi stessi schemi (che includono forme,
modelli, proporzioni e ritmi) sono andati bene per secoli, ma dentro un
contesto molto più olistico di oggi”. Nel nostro Medioevo queste
conoscenze furono divulgate dai matematici dello studio pisano fra Luca
Paciolo e Leonardo Fibonacci.
Si noti come i vegetali, se sottoposti a shock del tipo termico, in
conseguenza del cambio repentino di densità dei fluidi vitali
dell’albero, possano dar luogo a figure di crescita degli anelli
dendrici (dal greco dendros = albero) simili alla farfalla, cioè
con un fenomeno simile alla formazione degli “anelli di Liesegang”,
il fisico che studiò le strutture di auto-organizzazione nei liquidi. In
analogo modo l’armonia che regola la spirale vegetativa delle piante
non avviene quando il luogo è ricco di flussi ionici che salgono dalle
fratture o dalle faglie, e che impediscono, con il loro continuo
bombardamento, che le piante si manifestino nella loro forma armonica,
per cui si noteranno in questi luoghi piante molto alte, sottili, senza
rami o con rami che si innestano nel fusto con angolo di inserimento
molto chiuso. Molte piante non possono riprodursi in questi siti, che
vengono invece colonizzati da piante “radiofile”, che amano cioè i
luoghi ricchi di energia, come l’alloro, il ginepro, l’ortica, il
sambuco, la vitalba. Da questi esempi si capisce come la biomassa, in
questo caso vegetale, subisca l’influsso delle anomalie della geomassa,
e l’esempio viene facilmente accettato pensando che la pianta non può
spostarsi, per cui lo sviluppo previsto nel DNA della pianta viene
influenzato dalla potenza di emissione dei campi che provengono dal
sottosuolo. Per i molti che sono ancora scettici sulla presenza di
questi campi si deve ricordare che il Centro Nazionale per le Ricerche
ha reso noti i principi scientifici che caratterizzano queste
emissioni, che si possono così riassumere:
-
Super-rotazione del nucleo centrale liquido fatto di ferro-nichel, che
gira a velocità superiore a quella di rotazione della Terra, generando
impulsi come una dinamo da miliardi di Ampère;
-
percorso interno di discesa di questo flusso verso il Polo Sud;
-
uscita di questo flusso dal Polo Sud e percorso esterno superficiale
verso il Polo Nord;
-
uscita di flussi in luoghi particolari della crosta terrestre, più o
meno similmente alla forma del posizionamento degli aculei del riccio
di mare (Sea-urkin o Paracentrotus lividus di Lamarck).
Ciò premesso occorre
fare riferimento ad un altro principio scientifico, che ci illustra
come nella struttura atomica l’elettrone è definito da quattro numeri
quantici,
di cui uno è magnetico. Quindi è possibile facilmente prevedere che il
campo magnetico terrestre produrrà anche, con le sue variazioni da
luogo a luogo, reazioni biochimiche diverse all’interno del corpo umano.
Ciò avviene perché la vita si snoda in un mondo immerso nell’energia
radiante ed il nostro corpo è esso stesso fonte di radiazioni. Noi ci
facciamo un’idea di cosa siano queste radiazioni osservando la luce
visibile, quella che percepisce quel meccanismo recettore che è il
nostro occhio, ma questa ricezione è solo una piccola parte dell’intero
spettro elettromagnetico (come dice Goethe “se l’occhio non
fosse solare / mai potrebbe guardare il Sole”). Animali più evoluti
di noi hanno sensori più sviluppati per ottenere una maggior quantità di
energia radiante rispetto a quella disponibile. L’incontro fra la
radiazione elettromagnetica e la materia porta questa a riflettere una
parte di quanto ricevuto, cioè a ritrasmetterla. Questa realtà viene
definita come “principio di riflettanza” e per rendersene conto basta
toccare con mano due pietre vicine, di cui una sia marmo, esposte alla
luce del Sole. La risposta del marmo apparirà diversa. Il rapporto
matematico fra la quantità di radiazione magnetica riflessa da una
superficie e quella incidente sulla stessa superficie è denominato
scientificamente come “riflettanza”.
Questo rilascio di energia è conseguenza della variazione del contenuto
energetico della materia, dopo l’avvenuto incontro con una radiazione
elettromagnetica esterna. Le variazioni del contenuto energetico della
materia vengono definite scientificamente come “transizioni”. In
sostanza è l’architettura della materia a governare il proprio contenuto
energetico. Due gruppi di fenomeni producono assorbimenti ed emissioni
di energia: sono i fenomeni “elettronici”
ed i fenomeni “vibrazionali”.
L’uomo vive accanto alle
rocce della superficie terrestre, ed accanto all’acqua. La registrazione
della riflettanza dei diversi componenti delle rocce si chiama
“spettroscopia”, e dalle tabelle della “spettroscopia di riflettanza”
si può conoscere il modo diverso di come le rocce possono influenzarci.
Per capire quanto difficile sia questa materia, esponiamo uno schema
sintetico sui rapporti fra territorio, geologia ed energia, derivante
da una comunicazione tenuta dal prof. Roberto Chiari, già docente presso
l’Università di Parma, durante il convegno “Percorsi percettivi nelle
terre del Monferrato”:
Nella composizione
energetica di un territorio concorrono alcune caratteristiche
geo-fisiche e geo-chimiche, che variano come intensità su scale
temporali sia geologiche sia umane.
Le più importanti
sono:
1)
LA STRUTTURA GEOLOGICA
Si
può suddividere in tre categorie:
a)
distensiva = i rilasci di energia sono continui,
senza fasi di accumulo;
b)
compressiva = gli accumuli energetici sono
prevalenti sui rilasci e sono generalmente discontinui;
c)
quiescente = gli scambi energetici minimi
ed, in gran parte, d’origine extrastrutturale;
2)
LA COMPOSIZIONE LITOLOGICA
Dal punto di vista energetico, si può riassumere in quattro gruppi:
a)
materiali prevalentemente riflettenti (per esempio
i materiali quarzosi)
b)
materiali prevalentemente assorbenti (per esempio i
materiali organici)
c)
materiali prevalentemente assorbenti nel Visibile e
riflettenti nell’Infrarosso (per esempio le
terre rosse)
d)
materiali prevalentemente assorbenti
nell’Infrarosso e riflettenti nel Visibile (per esempio i
marmi)
3)
L’IDROGEOLOGIA
Può essere grossolanamente suddivisa in:
a)
idrogeologia di acquiferi liberi
b)
idrogeologia di acquiferi confinati
4)
L’IDROCHIMICA
Può essere, in generale, suddivisa in:
a)
acque recenti (in quasi equilibrio con i
gas atmosferici attuali ed i terreni recenti)
b)
acque antiche (in disequilibrio con
atmosfera e suolo attuali).
Tutte queste
variabili concorrono alla composizione energetica del territorio. Il
loro singolo peso sul quadro generale è difficile da discernere in
parecchi casi. Nei casi in cui la parte strutturale ha un ruolo
determinante, è possibile studiare meglio queste relazioni. Pur con
il timore di addentrarsi in una materia così complicata, che richiede
molteplici apporti scientifici, si ritiene possibile tentare una
spiegazione del perché la baia esistente fra i castelli di Lerici e di
San Terenzo sia stata chiamata Baia dei Poeti, e quindi questa
denominazione sia passata a tutto il golfo, il cui logo “Golfo dei
Poeti” è ormai divenuto famoso. Quanto sopra presentato attiene alle
condizioni della geomassa, e, per meglio comprendere ciò che il corpo
umano potrebbe ricevere dallo scambio energetico con le transizioni
energetiche di questa geomassa, si deve tener presente la scoperta del
fisico inglese Roger Penrose, il quale ha dimostrato come i nostri stati
emotivi dipendano dal comportamento dei microtubuli delle proteine.
Successivamente il fisico svedese Max Tegmark ha calcolato come il
tempo di attivazione ed eccitazione di un neurone nei microtubuli delle
proteine sia più lento del tempo di “decoerenza”,
pari ad un fattore di almeno 10.000.000.000. Ciò avviene nei diversi
stadi strutturali della materia, ed è molto importante per capire come
noi reagiamo a flussi improvvisi di energia. Dobbiamo pensare ai poeti,
agli scrittori, agli artisti in genere, come dei contenitori di lumache
infinitesimali in cui, più velocemente e con più intensità, le corna
delle loro lumache reagiscano a stimoli esterni. A parte che gli
abitanti delle Baleari affermino che nell’isola di Maiorca si registra
il maggior numero di poeti per chilometro quadrato, lasciando pure ad
essi questo primato, è importante cercare di capire perché ciò avvenga
nel Golfo dei Poeti, luogo ove i suddetti personaggi vengono comunque a
concentrarsi, lasciandone traccia nei loro scritti o nella produzione
delle loro opere. Secondo le persone “normali”, cioè educate secondo la
mentalità corrente, il discorso è semplicissimo. La causa di ciò sta
nella bellezza dei colori dei tramonti. Secondo altri sta nella
bellezza del paesaggio (per cui i Portoveneresi dicono che Lerici e
bello perché di lì si può vedere Porto Venere!) ma nessuno è in grado di
spiegare perché questo benessere particolare si provi anche quando il
tempo è nuvolo o quando piove. Volendo approfondire le due precedenti
spiegazioni sembra chiaro che per la prima si tratti di ricezione di
frequenze luminose, percepite, per il suddetto principio della
vibrazione dei microtubuli delle proteine, in maniera più elevata
dall’intera struttura corporea del poeta e dell’artista, e non solo
dalla loro mente.
Per la seconda il discorso è più complesso. Si tratterebbe della memoria
ancestrale dell’uomo, che nei tempi preistorici si recava nei “luoghi
alti”,
a fare i sacrifici alle divinità. A questo punto sorgerebbe la domanda
di chi, giustamente, vorrebbe conoscere se ciò avveniva veramente nel
Golfo dei Poeti. Ed allora sovviene la nostra meravigliosa
toponomastica, che ci mostra i seguenti toponimi sacri:
- Arpara : da
harpalios = voce greca per uccello rapace, luogo in cui esiste
un’ara sacrificale in
cui si usavano i
rapaci come uccelli augurali, per scrutare l’accettazione o meno dei
sacrifici
eseguiti, da parte della divinità, a seconda se l’uccello prescelto si
ripresentasse
dalla stessa direzione (di levante o di ponente, a seconda delle regole
liturgiche dei
vari popoli, per cui per i Paleo-umbri picus ab leva, cioè
il picchio
doveva essere considerato da levante; dall’importanza del picchio
deriverà poi l’Ager
Picenus).
Si noti come questo toponimo si rinvenga in Salita Arpara, per
raggiungere
il Castello di
Lerici, e si ritrovi nella costiera di Porto Venere come Grande Arpaia
e
Piccola Arpaia,
in contiguità con l’altro speciale toponimo paleo-umbro di Mandracchio,
dialettalmente
Mandraccio, da mantrakle (tovaglia sacrificale);
-
Falconara : luogo dell’ara sacrificale in cui i si usavano i rapaci
come uccelli augurali per
scrutare l’accettazione o meno del sacrificio a seconda se l’uccello
prescelto si
ripresentasse dalla stessa direzione (in questo caso i falchi). Si noti
come questo
toponimo si ripresenti più in basso nel promontorio di Falconara, come
Oca Pelata
(oggi Punta di Santa Teresa) e più in alto nel Monte do Sogio di
Pitelli, ove Sogio è il
solium, cioè il sedile del sacerdote, e Pitelli è un toponimo
derivato della voce paleo-
umbra puplitelli, cioè il popolo dei maschi;
- Oca Pelata : da
ocar pihatu dei Paleo-umbri, in cui ocar è il “luogo
alto” (corrispondente
semanticamente
al Latino arx ) e pihatu sta per “pregato ad alta voce”;
-
Vallestrieri : in dialetto Vaistee o Vaistei, toponimo che
si trova lungo la strada militare del
Forte Rocchetta, luogo dotato di una grande panoramicità, e derivante
dalla voce
paleo-umbra uesteis, di cui si trascrive il significato tratto
dal libro “Le Tavole di Gubbio
e
la civiltà degli Umbri”(Ancillotti & Cerri, Perugia) = impastando, come
derivazione dal
verbo uesticaom, cioè impastare, chiaro riferimento alle offerte
non cruente delle pastelle di
varie forme. Si pensi alla tradizione lunigianese del testarolo,
pastella di forma rotonda, e
della torta ficla (con il buco come il nostro buccellato, chiaro
riferimento alla sessualità
femminile) o all’attuale “strudel”, che deriva dal termine struhçla,
relativo alla sessualità
maschile, come lo sono i nostri filoncini di pane o le baghette
francesi. Si noti come il
termine struhçla venga collegato con il libo sacrificale a
strati dei Latini (libum), e come ciò
corrisponda all’avvolgere con diversi strati di pasta il ripieno dello
strudel. Si pensi alla
lasagna, non quella squadrata a mandilu, ma quella derivata
dalla losanga (dal greco loxos +
anghilos = obliquo + tagliato) che, secondo la
tradizione della Media Valle della Magra, va
data da mangiare alle donne che allattano, o che, secondo la
tradizione della Bassa Valle, va
fatta riposare sulla madia e poi servita nella festa dell’Epifania,
come rito propiziatorio per
non dover sopportare la fame, come si apprende dai proverbi
- chi pe’ a Pefana no fa a lasagna, tuto l’ano i s’arencagna;
chi non fa le lasagne per l’Epifania soffrirà la fame per
tutto l’anno;
(tradizione magico-impetrativa di Lerici e Tellaro)
- Paskua Pefana, bianca lasagna, o bianca o negra, basta che la sia
destesa;
per
l’Epifania si fanno le lasagne, o bianche o verdi purché siano distese
sulla madia;
(tradizione di Lerici e Sarzana).
Quanto sopra contrasta
con la tesi sostenuta finora dalla cultura ufficiale (Sovrintendenze,
Università, Accademie e Istituti vari ecc. ecc.) secondo cui nella
Liguria Orientale soltanto le statue-stele sarebbero antichi reperti, e
quindi documentazione inoppugnabile, di civiltà preistoriche. Ciò stride
inevitabilmente con l’ultima potente scoperta di Brian Sykes,
professore di genetica presso l’Università di Oxford, secondo cui 17
000 anni fa, nella pianura costiera prospiciente la Lunigiana (allora il
mare era ad un livello più basso di 110 metri rispetto all’attuale) si è
formato un nuovo DNA, che attualmente è posseduto numericamente dal 9%
della popolazione mondiale, ma che si trova concentrato nella nostra
zona mediterranea e si ritrova assai numeroso anche nell’Inghilterra
occidentale e nella Irlanda occidentale.
Egli stesso è portatore di questo DNA, ottenuto con l’analisi dei
mitocondri femminili. Nel libro “The Seven Daughters of Eve”, che porta
come sottotitolo “The Science that reveals our genetic Ancestry”, egli
ha denominato come “Tara” questa nostra genia. Le altre sei madri
ancestrali sono “Ursula” (Grecia, 45 000 B.P.) “Xenia” (Caucaso, 25 000
B.P.) “Helena” (Dordogna, 20 000 B.P.) “Velda” (Pirenei, 17 000 B.P.)
“Katrine” (Istria, 15 000 B.P.) “Jasmine” (Israele, 10 000 B.P.). Si
noti la contemporaneità fra le genti di Lunigiana e le genti pirenaiche,
ma è da ritenersi che i due gruppi non siano giunti in contatto. Molte
persone non accettano che i luoghi mantengano la memoria di ciò che vi
è avvenuto, ma giova ricordare che Padre Pellegrino Alfredo Maria
Ernetti, nato a Rocca Santo Stefano presso Subiaco nel 1925, morto a
Venezia nell’isola di San Giorgio nel 1994, monaco benedettino,
esorcista e musicologo, titolare dell’unica cattedra esistente al mondo
di musica prepolifonica, presso il Conservatorio “Benedetto Marcello” di
Venezia, è riuscito con la specialissima macchina da lui messa a
punto ad ottenere la registrazione del quarto atto di una tragedia
greca, il Thyeste, rilevata presso il Tempio di Apollo, situato fra il
Foro Romano ed il Circo Flaminio, andato perduto, nonché ad ottenere
l’ascolto del discorso con cui Napoleone abrogava l’esistenza della
Serenissima Repubblica di Venezia, oltre ad un discorso di Mussolimi.
Egli sosteneva infatti che le musiche e le voci, i suoni in genere, si
disgregano, ma che è possibile riaggregarli, in conformità al principio
del dualismo e al principio che nulla si crea e nulla si distrugge. Egli
eseguiva con Padre Gemelli esperimenti per la captazione della voce dei
trapassati. Ma soprattutto egli riuscì, in prossimità di una reliquia
della Santa Croce, a fotografare il volto di Gesù. Ben si capisce come
il Vaticano abbia voluto sequestrargli quella macchina “diabolica”,
costruita con la consulenza di grandi scienziati, quali Fermi e Von
Braun, perché ritenuta troppo pericolosa (per chi detiene il potere
della conoscenza). Egli infatti ne aveva presentato il funzionamento
allo stesso Papa Pio XII ed al Presidente della Repubblica Italiana. Su
di lui calò l’ordine del silenzio. Non solo, ma nel 1988 il Vaticano
emanò un decreto con cui si metteva in guardia, pena la scomunica,
contro chi capti o divulghi <con qualsiasi strumento tecnico (incluso il
“Cronovisore” di Padre Ernetti) qualsiasi cosa, vera o finta…>! Come
sempre, di fronte a scoperte troppo innovative, scatta l’oscurantismo.
La macchina, sequestrata dal Vaticano, sarebbe poi stata consegnata al
Ministero degli Interni e trattenuta al Viminale. Personalmente ho
potuto parlare con il padre scolopo che era stato suo antagonista,
Padre Luigi Borello, insegnante di fisica e membro della Accademia
Tiberina, ricercatore della Teoria Neutrinica di Cesare Colangeli. Dopo
aver contrastato inizialmente Padre Ernetti, Padre Borello ne divenne
sostenitore ed iniziò egli stesso esperimenti per ricreare il “Cronovisore”.
Secondo quanto egli mi raccontò, chiese preventivamente il permesso di
eseguire questi esperimenti al Vaticano, ma non ottenne risposta alcuna,
né in negativo né in positivo, per cui poté proseguire gli studi presso
il laboratorio che aveva montato nella Colonia Estiva di Varazze. Prima
di morire egli mi raccontò inoltre di aver potuto far registrare da un
“testimone”, in questo caso un pezzo di pomice, un’opera (prima suonata
in presenza di questo pezzo pomice) introducendo all’interno di quell’amasso
informe la punta metallica del nuovo strumento da lui messo a punto.
Padre Borello, nato nel 1926, è morto nel 2001 e così non è più stato
possibile continuare questo prezioso contatto. Al fine di confortare
coloro che rimangono scettici o confusi di fronte a quanto sopra, si
trascrive un passo del fisico Alain Aspect dell’Università di Parigi,
nato nel 1947 e vivente: “Nella nuova concezione l’universo è visto
come una rete dinamica di eventi interconnessi. Nessuna proprietà di una
qualsiasi parte di questa rete è fondamentale, ognuna di essa deriva
dalle proprietà delle altre parti e la struttura complessiva delle loro
connessioni reciproche determina la struttura dell’intera rete…processo
infinito perché circolare…”. Andando oltre nella ricerca delle
ragioni per cui poeti ed artisti sarebbero attratti dal nostro golfo, è
possibile estendere ulteriormente la ricerca alle interazioni geomasse
/ biomasse attraverso la presenza nel Caprione di grandi faglie. Si noti
come la struttura orogenica del nostro Appennino sia collegata alla
storia del Mediterraneo Occidentale, ed in particolare all’apertura del
Mare delle Baleari e del Mar Tirreno, apertura quest’ultima che è
iniziata proprio in Lunigiana. Emerge quindi una coincidenza fra la
memoria di poeti concentrati nell’isola di Maiorca e di poeti
concentrati nel Golfo dei Poeti. Ciò deriverebbe da una situazione
geologica particolare, generatrice di uno stato vibrazionale insolito,
gradevole e memorizzabile attraverso le vibrazioni dei microtubuli delle
proteine delle persone che sono oggetto del nostro studio. La nascita
di una simile ipotesi è anche confermata dalla ormai più che decennale
osservazione delle persone che vengono ad ammirare il formarsi della
“farfalla dorata” nel sito sacro di San Lorenzo al Caprione, poche
decine di metri sotto i ruderi della chiesa.
Si è infatti notato che molte persone (ed i visitatori sono ormai
diverse migliaia) percepiscono flussi di energia dal culmine della
pietra a forma di losanga che sovrasta il quadrilite, con stimoli da
esse definiti come onde continue di calore, oppure punzecchiature come
di spillo, ma di natura elettrica. Per contro vi sono state cinque
persone che hanno dichiarato di aver avuto sensazione di freddo. E fra
queste un uomo. Dopo aver rilevato per la prima volta questa anomalia di
comportamento in una donna, un architetto, per di più studiosa di
geobiologia, è stata incaricata un’altra persona, dotata di grande
sensibilità, ad effettuare – in doppio ceco – una analisi simile.
Anch’essa ha manifestato la stessa sintomatologia, per cui si è reso
necessario prelevare un campione della roccia, prima classificata come
normale dolomia, e sottoporla ad analisi spettrografica. L’analisi ha
fatto conoscere che questa dolomia è ricca di ossidi di ferro, in
particolare ematite e pirrotite. Essendo il sito di San Lorenzo
collocato su una delle faglie principali con cui si è formata la
apertura del Mar Tirreno, avviene che una parte prevalente dei campi
elettromagnetici, dovuti alla presenza della faglia, sia assorbita da
questi due tipi di ossidi presenti nella dolomia. Stimando questo
assorbimento in circa il 70%, rimane ai normali frequentatori del sito
l’assorbimento del restante 30%. Avviene però che alcune persone, forse
per qualità specifiche del proprio sangue, entrino in isofrequenza con
gli ossidi presenti nella roccia, e quindi ne traggano una sensazione di
freddo, cioè entrino frequenzialmente all’interno dello scambio che
avviene fra i campi elettromagnetici emessi dalla faglia e la
sovrastante dolomia. Dalla tipologia dei cinque soggetti che
sperimentarono questa sensazione sembrerebbe potersi rilevare la
presenza di uno stato leggermente anemico, ma, non essendo possibile
violare la privacy delle persone, si renderà necessario eseguire
esperimenti con modalità diverse, servendosi di parametri oggettivi.
Prescindendo da questo tipo di riflessioni, e dei conseguenti futuri
progetti, sembra però che queste transizioni energetiche possano
spiegare le sensazioni provate dai nostri poeti ed artisti. Un “testimonial”,
ovvero una certificazione di ciò, ci è fornita inconsciamente dallo
scrittore, novelliere e poeta David Herbert Lawrence, che dopo essere
andato a fare un pic-nic sul Monte Caprione, partendo da Tellaro e
seguendo la via che da Capo d’Acqua raggiunge la Valletta, così ne
scrive in una lettera ad un amico
:
To A.W. McLeod
Lerici,
per Fiascherino,
Golfo della Spezia, Italia.
14 Marzo, 1914
Dear Mac, -
Thanks for……[omissis]
Today we have been a great pic-nic high up, looking at the Carrara
mountains, and the flat valley of the Magra, and the sea cost sweeping
round in a curve that makes my blood run with delight, sweeping round,
and it seems up into the vaporous heaven with tiny scattering of
villages, like handfuls of shells thrown on the beach, right beyond
Viareggio – I could not tell you how I could jump up into the air, it is
so lovely. I want at this time to walk away, to walk south, into the
Apenines, through the villages one sees perched high up across the
valley…
[omissis]
I
wait to hear.
Tanti saluti”
D.H. Lawrence
Emergono da questa
lettera molte coincidenze con i punti sopra trattati. Per meglio
capire occorre spiegare che quando Lawrence provò l’esperienza di
sentire che il suo sangue si mise a scorrere con delizia (my blood
run with delight) egli si trovava proprio sulla
master-fault che sovrasta il sito sacro megalitico di Scornia
(etimologia celtica da skeir-na = luogo delle rocce). L’effetto
di questa faglia fu in lui potente perché egli era minato dalla tisi,
per cui si sentì di saltare in aria dalla gioia ed espresse la sua
contentezza dicendo che ciò è veramente amabile (it is so lovely).
Lo scrittore Giuseppe Conte, in un articolo uscito sul giornale “Il
Secolo XIX” del 30 maggio 1999, descrivendo un viaggio fatto in
Liguria, quando trattò di Spotorno e di Villa Bernarda, ove Lawrence
soggiornò, scrisse: “Al n° 11 c’è Villa Bernarda, dove D.H. Lawrence
abitò con la moglie Frieda tra il 1925 e il 1926.
Adoratore delle forze magiche della natura, Lawrence trovò la Spotorno
di quegli anni abbastanza autentica e selvatica per
stabilirvisi…”. Sostanzialmente, in maniera velata, con quel
selvatica voleva egli informarci che Lawrence fosse un sensitivo?
Ritornando all’esperienza del Caprione, Lawrence rimase inoltre
colpito dalla vastità della visione di quella costa, che, al disotto
della verticalità delle Alpi Apuane (che egli chiama monti di Carrara)
forma come un arco ovale (sweeping round). Egli cita due volte
questa espressione ed in ciò sembra di potersi rilevare un richiamo
ancestrale alla liturgia delle Tavole di Gubbio,
attraverso il valore semantico dell’espressione “di lì potrai vedere
estendersi sotto di te una grande superficie” (ahmei stahmei stahmeitei)
in cui stahmei sta per “spazio augurale”, cioè lo spazio in cui
stava l’augure, stahmeitei sta per stabilito, cioè approvato
dagli anziani della tribù, ed esmei è un pronome dimostrativo,
simile al dativo sanscrito asmai e al locativo sanscrito
asmin.Da questa complessità semantica dovrebbero derivare i toponimi
dell’Ameglia ligure, da cui si può scorgere lo stesso panorama visto da
Lawrence dalle alture del Caprione, e l’Amelia umbra, nonché il più
elevato sito di S.Anna di Stazzema, di cui, in un documento medioevale
dell’epoca di Carlo Magno, emerge la indicazione come Statelme,
assai simile peraltro al toponimo di Val di Vara “Stadomelli”,
altura vicina al luogo chiamato “Persico”, che riprende la radice
paleo-umbra persklum, pietra altare. Questo ultimo toponimo si
ritrova sia sopra a Levanto, sia nell’omonimo spiaggione che è sotto
Campiglia, nella costiera dirupata che è prossima alle Cinque Terre.
Qui si rinviene appunto una pietra altare, con nove coppelle e
coppella centrale, da cui si può traguardare l’allineamento sacro fra la
sottostante cuspide dello Scoglio Ferale
e la cuspide del Monviso, il monte sacro degli antichi Liguri.
Un altro elemento che
bisogna notare nella lettera di Lawrence è il richiamo che egli sente a
dover visitare quei luoghi, quei villaggi sparsi nella montagna come
tante conchiglie sparse nella spiaggia del mare. Ci si deve chiedere da
quale stato vibratorio nasca questa sua esigenza, e la spiegazione più
consona sembra sia quella di un richiamo ancestrale.
Non mancano nelle
lettere di Lawrence precisi riferimenti anche ai cromatismi del golfo :
Lettera a Lady Cynthia
Asquith
-
and then at evening all the sea is
milky gold and scarlet with sundown. It is very pretty;
-
“e quindi la sera tutto il mare diviene come latte del colore
dell’oro e scarlatto. È assai leggiadro”;
Lettera a W. E. Hopkin
-
The Mediterranean
is quite wonderful - and when the sun sets beyond the
islands of Porto Venere, and all the sea is like heaving white milk with
a street of fire across it, and amethyst islands away back, it is too
beautiful…;
-
“Il Mediterraneo è veramente meraviglioso – e quando il Sole tramonta
dietro le isole di Porto Venere, e tutto il mare è come palpitante
bianco latte con una strada di fuoco che lo attraversa, e isole ametista
lontane dietro ad essa, è troppo bello…”.
Altrove, in una lettera
indirizzata all’amico Henry Savage, scritta da bordo del vaporetto
della “Unione Operaia”, egli annota come gli appare la spiaggia di San
Terenzo, mentre il battello sta attraccando al pontile:
To Henry Savage
Lerici, per Fiascherino,
Italy
Monday………1913
Dear Savage,
I
wonder how long…[omissis]
I
am writing on the steamer, going to Spezia. It is a wonderful morning,
with a great, level, massive
blue sea, and strange sails far out, deep in a pearl glow, and San
Terinzo all glittering pink on the shore. It is so beautiful, it almost
hurts : so big, with such a massive dark sea and such endless, pearl
white sky far away and level with ones eyes. On this sea, looking at the
horizon, I never know
whether I shall feel a sensation of gradual, infinite up-slope, or of
slow, sure stooping into the spaces….[omissis]
“Sto scrivendo su un
vaporetto che sta andando a Spezia. È un meraviglioso mattino, con un
grande, piatto, massiccio mare blu e strane vele lontane, con una
profonda luminosità di perla, e San Terenzo tutto scintillante di rosa
sulla spiaggia. È così bello che fa quasi male:
così grande, con così massiccio mare scuro e così sconfinato cielo,
color perla, è lo spaziare lontano a livello dei propri occhi. Su
questo mare, guardando verso l’orizzonte, io non so mai se sto per
percepire una sensazione di graduale, infinito ascendere, o un di un
lento, sicuro fermarmi negli spazi in alto”. Qui si può percepire tutto
il suo stato vibratorio, e la sensazione di riceverne quasi un
malessere (it almost hurts) fa pensare ad un campo energetico che
abbia coinvolto fortemente il nervo vago. Ciò viene confermato dalla
successiva confessione di non capire se egli sia in fase di continua
graduale elevazione oppure sia in condizione di fissità in elevazione.
Conviene qui citare quanto il concittadino ing. Sergio Berti,
Vicepresidente della “Associazione Architettura & Geobiologia Studi
Integrati” ha riportato in suo articolo, pubblicato nel Bollettino n° 63
della Asociacion de Estudios Geobiologicos GEA (Spagna) portante il
titolo: “Misura della Heart Rate Variability (HRV) come indicatore
attendibile delle interazioni tra uomo e ambiente”. Egli afferma che ”Attraverso
la misura e l’analisi spettrale della Heart Rate Variability si possono
ottenere importanti informazioni oggettive sulla tipologia di
interazioni che si instaurano tra uomo e ambiente, permettendo, così,
di evidenziare quanto l’ambiente è in grado di stimolare il
sistema nervoso autonomo e di valutare il sistema di
bilanciamento indotto tra il sistema nervoso Simpatico e Parasimpatico.
È possibile, quindi, evidenziare strumentalmente luoghi che stimolano il
sistema Simpatico e luoghi dove l’attività dello stesso si
riduce al di sotto del livello normale minimo, con predominanza
dell’attività Parasimpatica...”. Il cuore è uno degli organi
tipicamente responsivi del bilanciamento Simpatico e Parasimpatico. Nel
cuore, la capacità del ventricolo di generare pressione è controllata
dal sistema nervoso Simpatico e l’ormone che maggiormente contribuisce
alla contrattilità ventricolare è l’adrenalina. Il sistema Parasimpatico
invece ha effetto deprimente sul cuore: esso rallenta la conduzione
dell’impulso e così diminuisce la velocità di contrazione del cuore e la
forza di contrazione cardiaca. Infatti l’acetilcolina, secreta dai
neuroni parasimpatici, rallenta la conduzione dei potenziali d’azione e
la frequenza cardiaca. Il cuore può essere, quindi, un organo da
utilizzare come sensore per comprendere come l’ambiente esterno è in
grado di influenzare l’organismo umano attraverso l’equilibrio tra
sistema Simpatico e Parasimpatico. La tecnica di misura della Heart Rate
Variability utilizza, infatti, questo organo come sensore per rilevare
il livello di bilanciamento indotto tra sistema Simpatico e
Parasimpatico, da parte dell’ambiente. In conclusione della
pubblicazione l’ing. Sergio Berti evidenzia ancora: “Questa
metodologia di misura può essere molto interessante per la
validazione di quella parte delle indagini geobiologiche dove è
predominante la componente di rilievo biofisica con caratteristiche più
soggettive (rilievo dell’influenza delle falde acquifere, delle
interazioni tettoniche e delle reti di interazioni naturali). Può
essere, inoltre, utilizzata per la valutazione dei luoghi dove dormire,
delle interazioni con i materiali da costruire e di tutti i materiali
che possono venire a stretto contatto con l’organismo umano. Può trovare
applicazioni anche nell’analisi delle interazioni uomo-ambiente nei siti
di interesse archeologico (siti rituali, siti sacri, siti di guarigione,
residenze antiche, etc. ) per meglio comprenderne la funzionalità
intrinseca relativa.” Viene, inoltre, da pensare che Lawrence, come
altri grandi poeti “including Arthur Rimbaud, Vladimir Nabokov, and
Marcel Proust”
possano essere portatori di esperienze sinestetiche, cioè sensazioni di
un tipo associate ad altre di tipo diverso, ad esempio associazioni
uditive e di colore. Una frase di Rainer Maria Rilke che sembra
richiamare esperienze sinestetiche, secondo Robert Lawlor, sarebbe la
seguente:
My eyes already touch the sunny hill
going far ahead of the road I have begun.
(I miei
occhi già toccano la collina solatia
e mi
portano lontano al di sopra della strada che ho iniziato a seguire).
Indubbiamente Lawrence
appartiene a quelle persone che subiscono il campo energetico che
proviene dall’acqua del mare. Molte persone, infatti, non possono
neppure guardare il mare, perché ne vengono destabilizzate, sconvolte,
dai riflessi della luce sull’acqua. Con ciò non si pensi che egli sia
uscito di senno in modo da percepire anche un colore rosa della sabbia,
perché in effetti ciò corrisponde a verità, in quanto il promontorio
alle spalle di San Terenzo è formato da quarzite rosa, che il mare
frangeva e trasportava sulla spiaggia! Oggi ciò non è più visibile
perché molti autocarri, in conformità alle “geniali” deliberazioni dei
moderni amministratori,
vi hanno scaricato sabbia di fiume, cancellando così una delle più
belle qualità del nostro ambiente marino, impoverendo così la
potenzialità dei nostri “valori d’uso”
che potrebbero essere i punti forti di una offerta di quel turismo
culturale che gli Inglesi chiamano di special interest. Si tenga
presente che su questa spiaggia si stabilì P.B. Shelley, il “cor
cordium”, che qui visse esperienze speciali, quali quella di vedere
la piccola figlia di Byron, Allegra,
sorgere dal mare nuda, sorridente, che batteva le mani. Successivamente
Shelley la vide passare due volte, nello stesso senso, attraverso le
tre porte-finestre della grande terrazza della “Casa Bianca”.
Ciò lo turbò perché fu un presagio di un qualcosa che gli sarebbe
capitato, che andava oltre la materialità, perché normalmente un corpo
non può passare due volte nello stesso senso senza prima essere tornato
indietro. Oggi si può spiegare ciò con la fisica quantistica. La
materialità del corpo umano è uno stato di energia bloccata in
frequenza e non può permettere un simile doppio passaggio nello stesso
senso. Uno stato di energia libera, non bloccata in frequenza, cioè
libera dalla corporeità, poteva permettere ciò che Shelley aveva potuto
osservare. Ciò era forse da leggere come messaggio di un evento futuro.
Egli ne fu turbato. E ciò infatti sarebbe prossimamente accaduto al
grande poeta, che amava molto quella bimba bella e dolcissima, che
voleva adottare, ma che non poté adottare per le sue complicate
questioni interne famigliari. Poco dopo Shelley naufragò col suo
battello “Ariel”,
di ritorno da un viaggio per Livorno, durante un fortunale che lo colpì
davanti la spiaggia della Versilia.
Nota per il lettore:
Questa materia
potrebbe essere considerata come esoterica (cioè relativa a ciò che sta
dentro) dagli uomini di vecchia tradizione culturale, ma alla luce
delle nuove scoperte così non è. Infatti con questi studi si tende alla
divulgazione di fenomeni prima considerati esoterici, e quindi si
tratterebbe semmai di materia essoterica (cioè semanticamente volta a
far divulgare al di fuori) sia perché oggettivamente attiene a fenomeni
sperimentabili con il corpo umano e con l’animo umano, ma non ancora
riferibili al superiore piano dello spirito. Va chiarito infatti
che il livello dell’anima appartiene a tutti i generi di animali, ivi
compresi gli uomini. Valga per tutti, compresi i pur timorosi
Cattolici, la netta distinzione che San Paolo propone fra il corpo,
l’anima e lo spirito. Ciò si legge sia nella Prima Lettera ai
Tessalonicesi (5-23), sia nella Lettera agli Ebrei (4,12) ove egli
introduce anche la dimensione di contatto fra l’anima e lo spirito: “…
la parola…di Dio.. penetra fino al punto di divisione dell’anima e
dello spirito”. Con questa precisazione si può meglio distinguere il
vissuto dei poeti, e degli artisti in genere, dal vissuto dei mistici,
e, volendo, attribuire alle esperienze di questi ultimi il significato
di esoteriche.
Nonostante queste
delucidazioni è possibile che alcuni lettori rimangano titubanti,
incerti, imbarazzati nel loro intimo ad accettare questa trattazione.
Si ritiene pertanto riprendere il discorso con un altro taglio,
focalizzando l’attenzione su quanto scrive Lawrence, così come riportato
dallo studioso Robert Lawrol, a proposito dell’ombra o meglio del lato
oscuro della psiche umana:
Are you willing to be sponged out,
erased, canceled, made nothing…
dipped in oblivion? If not, you will
never really change.
Sostanzialmente Lawrence ci dice che se non ci
sentiamo mai di essere spazzati via, cancellati, annullati, diventati
nulla, sprofondati nell’oblio, non potremo mai veramente cambiare, e per
essere più chiari, io aggiungerei crescere ed evolvere. Quanto sopra
per dire che meglio ci si addentrerà in questa materia se ci si troverà
in un certo stato d’animo, favorevole a modificare il rapporto con la
realtà, precedentemente improntato al sentire cosidetto “ normale”,
determinato dalla cultura ufficiale. Lawlor, studioso degli Aborigeni
australiani, scrive che questi considerano le vene minerarie di ferro
e di ocra come il sangue della terra, mentre noi sorridiamo di fronte a
questa loro credenza. Egli ci avverte però che, disgraziatamente, le
statistiche dimostrano un esatto parallelismo fra l’estrazione del
minerale di ferro, e la sua successiva trasformazione in metallo
ferroso ed acciaio, e lo spargimento di sangue umano in conseguenza
delle guerre, ormai divenute guerre mondiali, come la WWI e la WWII.
Ancorché ciò debba essere considerato un “difettivo sillogismo” secondo
la logica dantesca, è una dura verità, che è stata ignorata ancora
durante i recenti anni della Presidenza Bush. Per capire ciò occorre
fare uno sforzo di lettura olistica della civiltà materiale
contemporanea. Ciò che facciamo alla Terra, ricade su noi stessi.
Recenti dati indicano che le ossa degli attuali viventi contengono da
40 a 100 volte di più di piombo rispetto alle mummie dei faraoni
egiziani. Il contenuto di piombo che circola nel sangue è causa di
malattie del corpo, di disagi mentali e di comportamenti criminali.
I dati che ci presentano i “media” sono evidenti. Tutto ciò (ammesso che
voglia essere conosciuto dall’uomo della strada) crea in noi
contemporanei stupore e disappunto, ma per gli Aborigeni è una normale
conseguenza, un logica ricaduta per la violazione dei principi sacri
della saggezza. Poiché potrebbero esservi lettori di taglio umanistico
che ancora rimangano dubbiosi sul contenuto olistico del presente
scritto, e si pongano l’interrogativo di cosa sia mutato nella mente
dei poeti, degli scrittori, degli artisti che abbiano frequentato il
nostro golfo, e ne abbiano assorbito le frequenze, cercherò di
analizzare anche questa interessante domanda, di non certo facile
risposta. Con grande dolore si deve prendere atto che Shelley, il “cor
cordium”, ha interrotto prematuramente la sua esperienza nel golfo.
Non ci resta quindi che una evidente considerazione, cioè che egli
abbia voluto deliberatamente sfidare il destino, con due violazioni
delle tradizioni del mare, una di natura superstiziosa, quale quella
di non cambiare mai nome ad una barca o ad una nave, ed una di natura
illogica sul coefficente di stabilità trasversale, quale quella di far
innalzare l’albero della vela per migliorare la velocità a scapito della
sicurezza, facendo aumentare il rischio di “fare scuffia”. E questa
illogicità appare a noi, gente di mare, tanto più illogica e
incomprensibile, sapendo che egli non sapeva nuotare. In lui ha vinto
l’eros della velocità, stimolato dalle elevate frequenze vibrazionali
che egli viveva nel golfo, frequenze che emergono nella bellissima “Ode
al Vento dell’Ovest”. Liberazione quindi di una volontà estrema,
liberazione dai limiti che la natura ha imposto all’uomo, liberazione di
istanze titaniche, quasi voler volare sulle ali dell’albatros. Egli
infatti scrive di sé stesso:
Woe is me?
The winged words on which my soul would pierce
Into the heights of love’s rare universe
Are chains of lead around its flight of fire.
I pant, I
sink, I tremble, I exipire!
Egli si sente
incatenato e non può raggiungere le vette del raro amore universale. I
critici inglesi riconoscono che nel mare del golfo, nella baia di San
Terenzo, “dove la musica, il chiarore lunare e il sentimento sono un
tutt’uno” (Where music and moon-light and feeling are one) Shelley
ha trascorso i suoi giorni più felici. Qui egli ha sperimentato salute
fisica e serenità di spirito. Qui il suo spirito si è liberato. Una
indiretta conferma di ciò si può leggere nella lettera che Mary Shelley
ha scritto il 1° maggio 1839, successiva quindi alla morte di Shelley,
all’amica Maria Gisborne. L’ultimo capoverso così recita: “La
bellezza del luogo, per essere così prorompente, non sembrava di questa
terra: la distanza da ogni traccia di civiltà, il mare ai nostri piedi,
i suoi mormorii o il suo ruggire sempre nei nostri occhi, tutte queste
cose inducevano la mente a meditare su strani pensieri e sollevandola
dalla vita di ogni giorno, la portava a familiarizzare con l’irreale”.
Mary cerca di trovare la spiegazione di ciò nel ritmico rumore del
mare, ma dimentica la congiunta azione dei raggi solari, che, se
percuotono per molte ore soggetti di carnagione chiara e con occhi
chiari, possono indurre il cervello in uno stato di grande eccitazione.
A ciò si aggiunga l’effetto delle frequenze indotte dalla spiaggia di
quarzite rosa di San Terenzo, così profondamente descritto da Lawrence
nella lettera a Henry Savage del 1913, che per maggior chiarezza, ancora
si ripropone:
“Scritto da bordo del
vaporetto “Unione Operaia”.
È un meraviglioso
mattino, con un grande, piatto, massiccio mare blu e strane vele
lontane, con una
profonda luminosità di
perla, e San Terenzo tutto scintillante di rosa sulla spiaggia. È così
bello che fa quasi male”.
Che si possa palare
di una “liberazione”, in questo caso collettiva, dal loro essere
“inglesi”, o meglio nobili inglesi, lo si deduce dal tenore di
un’altra lettera, in cui Mary scrive:
“Ora viviamo
senza problemi alla giornata, assaporando la bellezza del luogo, in
una specie di ordine disordinato”.
Innegabilmente queste testimonianze dimostrano che sono intervenuti
cambiamenti nel modo di sentire e nel modo di comportarsi. Dalle
narrazioni del marinaio Barba Bepe e dalla domestica Maria, riportate
nel manoscritto della rappresentazione teatrale “La scelta di Shelley” (Shelley’s
Choise) curata da Guido Guarini, presidente della Associazione Culturale
“Trabastia” di San Terenzo, si legge che spesso Shelley usciva
all’aperto a fare il bagno nudo, ed una volta a Lerici rischiò di
morire, perché si tuffò, nudo, ove l’acqua era profonda ma fu salvato
da un pescatore che si gettò in mare vestito e lo trasse a riva
trascinandolo per i lunghi capelli biondi. Il poeta, quasi arrabbiato
(così ha narrato il pescatore a Barba Bepe) prese i pantaloni e scappò
via, senza ringraziare. Il commento del pescatore induce a pensare che
Shelley quasi si volesse suicidare nel mare: “come se tiandolo
foa da l’aigua lu i gavese robà quarcò, forse er so dirito de vive e
moie come i oreva” (come se tirandolo fuori dall’acqua egli [il
pescatore] gli avesse rubato qualcosa, forse il suo diritto di
vivere e morire come egli [Shelley] voleva). Nel leggere questo
racconto viene a mente un episodio accaduto qualche anno fa nella cava
del Mandraccio, sul Muzzerone, sopra Porto Venere. Un professore
tedesco, vivendo l’energia di picco di quel punto magico, si tolse le
scarpe e si gettò in mare dall’alto dei trecento metri dello strapiombo,
morendo nell’estasi di quel luogo, marcato dal toponimo sacro della
liturgia paleo-umbra. Mandraclo o mantrahklu sta a
significare, secondo il Maruotti, tovaglia sacrificale, mentre per
Ancillotti e Cerri sta per strumento per tergere le mani.
Si noti come nel testo di F. Chamoux – La civiltà della Grecia arcaica e
classica si legge: “Gli assistenti del sacerdote si lavano le mani per
purificarsi…”(pag. 186). Nel leggere le stranezze di comportamento di
Shelley, molta gente pensa che questi anomali comportamenti dipendano
dall’uso di stupefacenti. Dai racconti della domestica Maria e del
marinaio Beppe (nel dialetto santerenzino “barba” sta per zio o per uomo
saggio) non sembra trasparire ciò.
Nel poema iniziato a
San Terenzo “The Triumph of Life” (Il trionfo della vita) cui Shelley
si dedicava quando stava in barca, egli ha espresso l’attitudine della
mente a vivere la pace mediante la passione di una introspezione
guadagnata attraverso la sofferenza e attraverso l’errore vissuto e
superato. In ciò è contenuto, quasi imbalsamato, il vero spirito
dell’Italia che fu così caro al cuore di Shelley e che fu innegabilmente
così creatore di potenza nella sua vita. Questo spirito gli impose di
gridare “Then, what is Life?” (ma allora, cosa è la Vita?). Ma
questa risposta è rimasta inevasa, perché la sua barca è stata
capovolta e fatta naufragare dal fortunale che lo ha colto dopo aver
lasciato il porto di Livorno al mezzogiorno dell’otto luglio 1822.
Perché egli fece quel viaggio? Per andare a trattare il progetto, deciso
e finanziato con l’amico Byron, di fondare a Pisa la rivista “Il
Liberale”, facendo venire in Italia lo sfortunato amico Leigh Hunt come
editore della stessa. Hunt aveva la moglie invalida e ben sette figli e
poteva trovare così una buona sistemazione, anche climatica, tenendo
conto della malattia della moglie. Dopo aver preso atto che Hunt si
era ben sistemato in Pisa, Shelley intraprese il viaggio di ritorno, che
gli fu fatale. La volontà di dare vita al progetto della rivista
costituisce ulteriore prova della forza delle dinamiche mentali che si
liberano in quella “divina” baia ove egli leggeva, veleggiava ed
ascoltava musica incantevole (I still inhabit this divine bay,
reading Spanish dramas, and sailing, and listening to the most
enchanting music).
La liberazione di
dinamiche mentali, la maturazione di volontà rese difficili dalla
tempesta interiore che il dubbio genera, è una esperienza che emerge
anche dai racconti di molti, fra le persone che vengono ad assistere al
fenomeno dell’apparizione della <farfalla dorata> nel sito di San
Lorenzo al Caprione, sito che è posto su una delle” master-faults”
attraverso le quali si è aperto, in tempi remoti, il Mar Tirreno.
Peccato che anche Lawrence, con l’avvicinarsi del rombo della Prima
Guerra Mondiale, dopo aver preso atto delle restrizioni e
dell’imprigionamento, seppur temporaneo, di amici inglesi che venivano a
trovarlo, decise di lasciare Fiascherino, impedendoci di poter fare
analisi più lunghe sulla sua produzione letteraria. La testimonianza
nobile e chiara fornita dal vissuto di Shelley potrebbe collimare con
l’ardimento di Byron, che volle recarsi con il suo battello in Grecia
per sostenere la rivoluzione dei patrioti greci. Ed a Missolungi ebbe
fine la sua esperienza di vita. Qualcuno potrà rimanere dubbioso su
questo accostamento, ma nella successiva storia del Risorgimento
italiano gli eroici sacrifici dei patrioti lericini e santerenzini ne
sono conferma. Ben otto furono i caduti della spedizione dei Trecento di
Sapri. Numerosi furono gli atti di coraggio compiuti dai nostri patrioti
fra i Mille, tanto che Garibaldi ebbe a dire: “Primi fra i migliori gli
uomini di Lerici!”. Mazzini, organizzatore più che combattente, dal
canto suo esclamò, mentre in nave viaggiava davanti alla nostra costa:
“Lerici, castel di vita!”.
Egli ben sapeva quale era stato l’aiuto ricevuto dai padroni di legni
mercantili lericini nel trasporto delle armi e del denaro
necessari per la rivoluzione. Il padrone lericino Ambrogio
Giacopello dovette emigrare esule in Marsiglia, per non essere
imprigionato per i servigi resi a Mazzini. Sui legni lericini si
imbarcavano a Genova i giovani patrioti per venire sottoposti alla
visita di idoneità che veniva svolta dal medico Bolognini. Da dove
nasceva tutto questo attivismo? Perché quando in Italia, nacquero le
Società di Mutuo Soccorso, fra le prime dieci ben due appartenevano a
Lerici (la Società Marittima e la Società Operaia)? Aggiungiamo ancora
che un grande scrittore, noto in tutto il mondo come fondatore
dell’antropologia, igienista sommo, precursore anche del nutrizionismo,
Paolo Mantegazza, scelse San Terenzo come sua dimora, dopo aver
viaggiato nei luoghi più belli e più famosi del mondo. Stupisce che
egli, in una sua lettera del luglio 1897, si sia lasciato andare a
espressioni che più attengono ai poeti anziché agli scienziati:
“Nessun bagno vi è più
poetico, più fresco, più adamantino; è come tuffarsi nello zaffiro
liquido…
È un alternar sempiterno
di freschi tepori e tiepide frescure che incanta, che solletica e che
innamora…”.
Bagno adamantino (che non si doma), zaffiro liquido (gemma divenuta
liquida) tepori…freschi (un ossimoro, cioè una espressione “acutamente
folle”, che contiene due termini semanticamenti contrari) e frescure…
tiepide (altra antitesi) ci riportano ad atteggiamenti sinestetici.
Diremo ancora che rafforzano in ogni modo questa nostra convinzione
i versi di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, il poeta lunigianese che
dettò il testo della lapide che si legge sulla facciata della Casa
Magni, la bianca casa ove abitò Shelley:
DA QUESTO
PORTICO
IN CUI SI
ABBATTEVA L’ANTICA OMBRA DI UN LECCIO
IL LUGLIO
MDCCCXXII
MARY
GODWIN E JANE WILLIAMS
ATTESERO
CON LAGRIMANTE ANSIA
PERCY
BISSHE SHELLEY
CHE DA
LIVORNO SU FRAGIL LEGNO VELEGGIANDO
ERA
APPRODATO PER IMPROVVISA FORTUNA
AI SILENZI
DELLE ISOLE ELISEE
O
BENEDETTE SPIAGGE
OVE
L’AMORE, LA LIBERTA’, I SOGNI
NON HANNO
CATENE
27 OTTOBRE
1907
L’apporto semantico
dell’ultimo verso appare chiarissimo, e corrispondente, in senso
liberatorio, al verso di Shelley precedentemente citato, in cui il “Cor
Cordium” stigmatizza il peso delle catene di piombo:
Are chains of lead around its flight of fire.
Si noti come questa
affermazione nasca dall’animo di un altro poeta e non sia frutto di
elaborazioni di taglio scientifico.
Bibliografia specifica:
Augusto Ancillotti &
Romolo Cerri – Le Tavole di Gubbio e la civiltà degli Umbri – Edizioni
Jama, Perugia, 1996
Armando Baldassarii,
Enrico Calzolari et alii – Misteri di Lunigiana…quella divina
lasagna – Luna
Editore, La Spezia, 1998
Sergio Berti -
articolo “Misura della Heart Rate Variabulity (HRV) come indicatore
attendibile
delle interazioni tra uomo e ambiente “ –
Bollettino n° 63 della Asociacion de
Estudios Geobiologicos GEA – Benicarlò (Spagna), 2009
F. Chamoux - La
civiltà della Grecia arcaica e classica – Sansoni, Firenze, ……..
Enrico Calzolari –
Lerici, la storia in fotografia – Vol. I – Luna Editore, La Spezia,
1991
Enrico Calzolari – Gulf
of the Poets: The Magic of Caprione – Coedital,
Genova, 1995
Roberto Chiari -
Struttura della Terra – appunti per studenti di geologia, Università di
Parma, 1990
Roberto Chiari -
Percorsi percettivi nelle Terre del Monferrato (31 ottobre – 2 novembre
1998) – Dispensa per corso residenziale di
geo-biologia, Vignale Monferrato
Paolo De Nevi -
Magiche Cinque Terre – Luna Editore, La Spezia, 1999
Guido Guarini – La
scelta di Shelley (Shelley’s Chosse) – manoscritto della
rappresentazione
organizzata in San Terenzo, nel Parco
Shelley, nell’estate 2008.
Robert Lawlor - Voices of the first day. Awaking in the Aboriginal
Dreamtime – Inner Tradition
International Ltd, Rochester, Vermont
(U.S.A.), 1991
David Herbert Lawrence – Selected Letters – Penguin Books, Middlesex,
London, 1976
Gerardo Maruotti –
Italia Sacra Preistorica, la dimensione europea delle Tavole di Gubbio –
Amministrazione Provinciale di Capitanata,
Foggia, 1990
Anna
B. Mc Maham – With Shelley in Italy – Benneson Mc Maham, London, 1905
Brian
Sykes – The Seven Daughters of Eve, The Science that reveals our genetic
Ancestry –
W.W. Norton & Company, New York, 2001
Virginia Woolf - The Sickle Side of the Moon – The Letters of Virginia
Woolf (1932-1935) – Vol.
V – Nigel Nicolson & Joanne Trautmann
Editors, London, 1979
Quest’ultimo è noto perché studiò la
serie numerica che assume l’appellativo di “Serie di Fibonacci” (1,
1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, ecc.). Anche negli animali si rinviene una
simile coincidenza di sviluppo numerico, specie nei gusci delle
chiocciole e del Nautilus (famiglia dei Nautilidae).
Un esempio di fenomeno elettronico è il trasferimento di elettroni
necessario per far passare lo stato del metallo “ferro” da ferroso
a ferrico. Si tratta di una trasformazione chimica da ferro
bivalente a ferro trivalente che avviene in presenza di ossigeno. Si
noti che il ferro è uno dei metalli più abbondanti nella crosta
terrestre. Nel nostro territorio segnaliamo in proposito la miniera
del Corvo, già utilizzata dai Romani ed ancora in uso nel Medioevo
da parte degli uomini di Barbazano (si veda il contratto di Moroello
del 1281) nonché la fonte ferrosa della Ferrara, la cui acqua venne
anche imbottigliata agli inizi del Novecento, e che sembra aver
determinato, con la presenza dei propri fanghi curativi,
addirittura la firma di un atto notarile pubblico del marzo
dell’anno 1000, da parte di Adalberto dei Marchesi Obertenghi di
Vezzano Ligure, redatto nell’attuale toponimo Pantaié del
territorio di Ameglia, lungo la sponda del fiume, ove egli con molta
probabilità si recava per i benefici della fango-terapia (Actum
loco Pantaleo feliciter).
Un esempio di fenomeno vibrazionale è l’oscillazione dei gruppi
chimici che subiscono una eccitazione da radiazioni
elettromagnetiche. Sarà bene ricordare, per le successive
elaborazioni di questo dialogo, che i gruppi chimici vibranti più
importanti sono l’acqua (H-O-H), l’ossidrile (O-H) con i metalli ad
esso legati, cioè Alluminio (Al-O-H), Magnesio (Mg-O-H), Ferro (Fe-O-H).
Per capire perché la materia, interagendo con la radiazione
elettromagnetica, assorbe o emette energia, occorre chiarire che se
la materia fosse perfetta, l’eccitazione elettromagnetica non
avrebbe alcun effetto permanente su di essa. Infatti, passato il
flusso di radiazione, gli elettroni ed i gruppi vibranti eccitati
ritornerebbero ai livelli e nei siti della materia precedentemente
occupati. Poiché la materia non è perfetta nella sua struttura, si
avranno conseguenze (reazioni chimiche di assorbimento, di
soluzione, di scambio ecc.) che renderanno la materia capace di
interazioni (cioè la materia che vive, che pulsa, reagendo a
queste variazioni).(nozioni liberamente tratte da appunti delle
lezioni del prof. Roberto Chiari presso l’Università di Parma)
riguarda la composizione dell’acqua, in termini quantitativi e
strutturistici.
I microtubuli delle proteine sono
corpi filamentosi cilindrici e cavi, che possono alternativamente
polimerizzarsi e depolimerizzarsi (ancora una volta emerge il
sistema duale, che tanto ha influenzato la simbologia, fin dalla
preistoria).
Ciò avvenne durante il soggiorno fatto poco prima dello scoppio
della Prima Guerra Mondiale a Tellaro, o meglio a Fiascherino, nel
Villino Sturlese-Gambroisier, successivamente distrutto per la
costruzione di una villa. Contrariamente al vero, si indica oggi,
come residenza di D.H. Lawrence e della sua compagna baronessa
Frieda von Richthofen, la casetta, egualmente rosa, che è sulla
spiaggia, nella quale viveva invece la famiglia della governante.
FANNY
D’ALBANA (LE ROSSE)
Sul fondo della
conca d'Albana, dove si incontrano i territori della Spezia e di
Portovenere spartendosi le balze di pietra rossa, c'era un tempo il
fertilissimo orto dei monaci di San Venerio. Le colture non sono state
ancora sfrattate dalla terra d'Albana, dove s'ammira un vigneto in bell'ordine
che produce vino bianco secco "Cinque Terre" e passito "Schiacchetrà" o
come si dice a Tramonti di Campiglia "Rinforzato". Il disciplinare della
Doc (denominazione di origine controllata) riferito al territorio delle
Cinque Terre perimetra, infatti, quelle fasce di viti albarola, bosco e
vermentino sorrette da muri a secco di pietra arenaria. Tra pergole e
filari spicca una casetta dal tetto rosso, ricca di storia, avendo
accolto a lungo i discendenti di San Venerio ed essendo stata dimora,
successivamente, di due interessanti personaggi. Le terre d'Albana
(citate in un documento del 1214, scritto in latino) appartennero per un
certo periodo ai monaci dell'Isola del Tino e poi agli Olivetani delle
Grazie: il 6 maggio 1432, infatti, il monastero dei Tino fu unito a
quello degli Olivetani, da poco fondato da una comunità proveniente da
S. Girolamo di Quarto. Quando il dominio della Repubblica di Genova si
consolidò nel territorio di Portovenere, l'Albana divenne proprietà di
nobili famiglie genovesi. Evidentemente poco interessate, la cedettero a
piccoli lotti a contadini e pescatori di Portovenere, i quali, poco alla
volta, donarono i rispettivi appezzamenti ai monaci di S. Venerio
affinché pregassero per le loro anime e, una volta defunti, officiassero
messe di suffragio. Nel periodo in cui la Liguria fu occupata dai
Francesi ed in conseguenza del contestuale scorporamento dei beni della
Chiesa ad opera di Napoleone, l'Albana fu ceduta dall'Imperatore ad un
suo fedelissimo e valoroso soldato, il capitano Boccardi: la Famiglia
Boccardi si estinse con Fanny. La bella Fanny respinse corteggiatori
blasonati e dalla borsa gonfia per sposare il proprio fattore, molto più
anziano di lei, ma che possedeva la qualità per rendere ricca la terra
d'Albana. Rimasta presto vedova, dinanzi al progressivo degrado del
fondo l'ancor piacente signora cercò amore e sicurezza economica in un
giovane Ammiraglio della Regia Flotta, che di lei s'era invaghito al
punto di giocarsi la carriera. Si racconta infatti che egli prese
l'abitudine di andare a trovarla con la nave, gettando l'ancora di
fronte alle scogliere e guadagnando la riva con un barchino: ma, una
volta, si levò improvvisa la burrasca e la nave, senza il suo ammiraglio
a bordo, s'incagliò. Invano, poi, il comandante in seconda e
l'equipaggio al completo cercarono di scagionarlo, asserendo che mai
s'era assentato . La notizia delle avventure d'amore corse e l'alto
ufficiale venne rimosso. Fu peraltro contento. Innamorato di Fanny, poté
infatti starle sempre vicino. A Campiglia la storia dell'Ammiraglio è
stata ricordata a lungo, storia conclusaci poi amaramente. Traversie
economiche ridussero Fanny al punto di non poter più pagare le tasse,
per cui la tenuta dell'Albana fu messa all'asta e passò di proprietà: il
fortunato acquirente fu Gaetano Bertonati che veniva da Carpena
(gloriosa podesteria al tempo della Repubblica di Genova) e che aveva
costruito una fortuna scavando e vendendo pietra arenaria. Egli stesso
costruì strade e palazzi con quella pietra. A lui, del resto, l'Albana
interessava non per il vino buono, ma per il ricco filone di arenaria
che la solcava: fra il 1928 – 1929 il figlio Cesare costruì per sé, a
metà vallata, naturalmente impiegando pietre d’arenaria, un castello che
esiste tuttora ed è ben tenuto. Lui tuttavia non lo terminò di
proposito, non osando sfidare le profezie di una zingara che predisse
sventura se la casa fosse stata completata. (Bibliografia consultata: “
Il mare segreto delle 5 Terre” di Luciano Bonati)