Castellana dei misteri

10-06-12

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CASTELLANA IL MONTE DEI MISTERI

Di  BRUNO  DELLA  ROSA

Uno scienziato inglese sostenne d'aver visto dall'alto della Castellana oceani e continenti di tutto il pianeta. Una visione che durò quattro ore. Per cinque anni non ne parlò con nessuno: aveva timore di essere preso per un pazzo. E' possibile vedere dalla sommità di un monte alto poco più di cinquecento metri il mondo disteso ai propri piedi? Ovviamente tutti risponderanno di no tranne, forse, i sognatori, quelli che con la fantasia viaggiano avanti e indietro nel tempo e nello spazio e vivono avventure da far invidia a scrittori come Alphonse Daudet o Rudolf Erich Raspe, che hanno reso universalmente famosi eroi come Tartarino e il barone di Munchausen, protagonisti di strabilianti avventure. Ma nella seconda metà del secolo scorso, un uomo raccontò di essere stato protagonista di un avvenimento straordinario, sbalorditivo, difficilmente credibile: appunto la visione, dalla vetta di un monte, del mondo intero. Oceani, continenti, catene montuose, laghi. Panorami che, alla stregua di una ininterrotta sequenza cinematografica, si palesarono ai suoi occhi, tanto che poi scrisse: "Meravigliato e pieno di rapimento, io non restai più a lungo a contemplare. Chiusi gli occhi che il mio animo estasiato non riusciva più a seguire. Essi avevano visto il giro del mondo, tutto l'Equatore e i due circoli polari". Ed a "vedere" il mondo ai suoi piedi non è stato un poeta o uno scrittore, categorie che spesso ricorrono alla più sbrigliata fantasia nel dare vita alle loro opere, ma uno scienziato e per di più inglese, quindi accreditato di quel controllo e della freddezza cui vanno orgogliosi i figli di Albione. Lo scienziato si chiamava F.W.C. Trafford ed era un naturalista che nel Marzo 1869, sulla scia di tanti suoi conterranei, era venuto a visitare il golfo spezzino in seguito battezzato da Sem Benelli "Golfo dei Poeti", proprio per l'interesse che questo mare - racchiuso nel semicerchio di monti e colline da cui gode una magnifica vista - ha sempre suscitato tra gli uomini di cultura di tutto il mondo. Il 28 Marzo di quell'anno Trafford si inerpicò lungo irti sentieri per raggiungere la vetta di monte Castellana che domina la città da lato di ponente. Castellana è un monte che ha qualche venatura di mistero per gli spezzini. Nei suoi anfratti sono state trovate punte di selce usate dai cavernicoli in epoca preistorica. Inoltre gli spezzini guardano a quella vetta come ad un barometro per sapere che tempo farà: se la cima è coperta da nuvolaglia, bisogna premunirsi e uscire di casa con l'ombrello perché pioverà sicuramente (se a Castellana la se 'ncapela, ne te scordàe a ca l'ombréla). Dunque lo scienziato inglese il pomeriggio del 28 Marzo 1869, giornata tiepida e trasparente, salì sulla vetta dove i francesi, sotto Napoleone, avevano costruito un forte poi andato in rovina e da lassù ebbe la straordinaria visione che successivamente raccontò in uno opuscolo pubblicato però a cinque anni di distanza dal fatto. Trafford spiegò successivamente perché attese così tanto a raccontare l'incredibile avvenimento del quale asserì essere stato protagonista. Aveva avuto paura d'essere preso per un pazzo, o peggio per un visionario, lui che da bravo naturalista era abituato a camminare con i piedi ben posati per terra e non con la testa fra le nuvole. Ma cosa aveva visto dall'alto della Castellana lo scienziato inglese? Nel suo opuscolo disse, prima di tutto, che quel pomeriggio era di eccezionalissima limpidezza atmosferica, circostanza che fu all'origine del fenomeno al quale diede il nome di "telorama" . E poi aggiunse che per qualche momento dubitò di vedere ciò che si parava ai suoi occhi: tutto il bacino del Mediterraneo, la Corsica, la Sardegna, poi la Spagna e via via le altre parti del Globo. Della Groenlandia accennò perfino alla natura delle rocce e dei ghiacciai; affermò che vide la Siberia senza ghiaccio e neve, l' Australia, la Nuova Zelanda, l' America del Sud da Panama a Capo Horn, la Cordigliera andina, il Rio della Plata e quello delle Amazzoni, l'Africa con le sue savane e le grandi montagne dalle vette perennemente coperte di neve. La "Visione" di Trafford, come in seguito egli stesso annoterà nel suo scritto, durò quattro ore e mezza e dopo averne parlato diffusamente mettendo in risalto le particolarità geografiche scorte nel dipanarsi del "Telorama" , lo scienziato concluse con queste parole: "Se la mia visione fu una allucinazione durata quasi cinque ore, la sola della mia vita, allora può essere accolta come curiosità negli annali della medicina, ma se questo rapporto può essere confermato, spetterà agli studiosi esaminare la possibilità di realizzare un osservatorio meteorologico sul monte Castellana". Il Trafford, pubblicò il suo scritto, come abbiamo accennato, nel 1874 a Zurigo in Svizzera a cura del libraio Orel Flussy col titolo "Amphiorama ou la vue du monde des montagne de La Spezia. Fenomène inconnu, pour la première fois observè et decrit avec une carte du Continent polaire" . Il documento sarebbe rimasto ignoto senza dubbio se una copia non fosse capitata fra le mani di uno scienziato italiano, Giovanni Cappellini, geologo, il quale tuttavia si decise a renderlo noto solo nel 1919, mezzo secolo dopo la visione avuta da Trafford, tre anni prima di morire a 99 anni, a Bologna. Giovanni Cappellini, scienziato di grande caratura, tanto da essere definito dal Carducci "promotore e propagatore della scienza", aveva scritto centinaia di pubblicazioni di geologia, archeologia e paleontologia, fondato il museo geologico di Bologna e introdotto nell' insegnamento universitario le teorie di Darwin. Lo studioso italiano fu molto colpito dal racconto fatto da Trafford e cercò in ogni modo di venire in possesso del manoscritto originale, ma le sue ricerche, effettuate anche con la collaborazione di altri suoi colleghi di nazionalità diversa, non approdarono a nulla. Alla fine smise d'occuparsene e solo dopo molti anni, ormai in pensione e con tanto tempo libero a disposizione, si decise a pubblicarne un sunto nel Giornale Storico della Lunigiana edito alla Spezia, città in cui era nato. Era passato mezzo secolo dalla "visione" dell'inglese e Cappellini spiegò che dopo le inutili ricerche della memoria originale o di qualche traccia del naturalista inglese, ritenne di segnalare il "caso" alla società di studi storici spezzina con la speranza che a qualche collega potesse servire di incitamento a visitare il monte Castellana dove gli uomini preistorici fabbricarono le prime armi di pietra. "Per ragioni facili da immaginare - scrisse Cappellini - ho abbreviato ciò che il Trafford ha narrato accuratamente e direi anche distesamente, ma mi astengo da ogni giudizio per quanto vi può essere di vero e quanto evidentemente è sogno". La divulgazione del testo tuttavia suscitò grande interesse che non fu scalfito dallo scetticismo di molti. Spuntarono gli inevitabili "esperti" e qualcuno affermò che il fatto poteva essere effettivamente avvenuto per un fenomeno di rifrazione atmosferica. E si citò il caso di Alessandria d'Egitto, porto dal quale si vedono un giorno prima del loro arrivo le navi provenienti da Malta. Ci fu anche chi paragonò Trafford a Linceo, il leggendario navigatore che aveva la dote di vedere sottoterra i filoni dei minerali e scoprì Castore e Polluce nascosti dentro una quercia cava. Ma c'è stato chi, come lo scrittore Ettore Cozzani, fondatore della Rivista Eroica e dell'omonima casa editrice, dedicò alla vicenda di Trafford un racconto nel quale il protagonista è un pellegrino che, scosso dal miracolo cui ha assistito dall'alto del monte, disceso sulle rive del Golfo in preda ad un comprensibile turbamento, incontra un sacerdote a cui confida la sua straordinaria esperienza. Dopo averlo ascoltato, il sacerdote gli dice: "Se voi avete visto tutto il mondo, così vero ed esatto, da averlo potuto confrontare con i vostri ricordi, non potete averlo visto nella realtà, se le leggi fisiche non sono capovolte. Allora l'avete visto nel seno di Dio, dove tutte le cose della vita e perfino i nostri sentimenti e pensieri, si riflettono esatti… Si, per un lungo attimo con i vostri occhi avete contemplato Dio stesso. Dio, che di tutti i luoghi del mondo, ha scelto il nostro Golfo per discendere dai suoi reami e raccogliersi fra le braccia soavi la terra, come madre il suo bimbo". Questo, in sintesi, il racconto dell'insolita vicenda che ha avuto per protagonista lo scienziato inglese. Ovviamente nessuno si è occupato poi di fare qualche indagine su quello che Trafford asserisce di aver veduto. Forse davvero i fenomeni rifrazione chissà... oppure un sogno dipanatosi in un tiepido e piacevole pomeriggio di primavera. Vero o no, che importanza può avere?  Milton, nel suo "Paradiso perduto" ha scritto: "La mente è il mondo e da se può fare un paradiso dell'inferno e un inferno del paradiso".

 


ANNOTAZIONI


A  cura  del   Prof.   ENRICO   CALZOLARI   (www.paleoastronomia.com)

Ho letto il contributo postumo di Bruno Della Rosa sull' "Amphiorama" visto sul Monte Castellana dal Trafford. Mi sono soffermato su una delle ultime frasi: " Ovviamente nessuno si è occupato poi di fare qualche indagine su quello che Trafford asserisce di aver veduto". Non si può sapere se ciò corrisponda a verità, perché esistono agenzie che possono studiare ciò a livello molto riservato. E' certo che non se ne è parlato in termini di ricerca scientifica o culturale. Fedele al motto di "osservare tutto e riferire tutto ciò che si è osservato" debbo comunicare in proposito che durante una conferenza sulle anomalie geologiche ed energetiche della nostra terra di Lunigiana, tenutasi al Centro Studi "Arthena" di Pozzuolo, questa primavera, è emersa una interessante testimonianza di un agricoltore che, dopo aver ascoltato il racconto dell'amphiorama, ci ha comunicato di aver vissuto una simile esperienza dal suo terreno di Luni, anche se per una durata molto inferiore, circa cinque minuti. Egli ha anche chiesto di poter visionare presso l'Accademia Cappellini il testo pubblicato nel Volume I - Fascicolo III - IV Anno 1919 (pagg. 81- 83) da cui avevo tratto il racconto. Questo tipo di esperienze può essere collegato con la tormentata geologia del nostro territorio, che può influenzare persone con particolari doti caratteriali. Tale tema appartiene agli studi dei rapporti fra masse e bio-masse e costituisce uno degli argomenti necessari per giustificare la presenza di numerosi siti sacri preistorici in Lunigiana, contrassegnati dal ritrovamento di statue-stele e da toponimi-spia particolarmente significativi. Una simile tematica spiega, tra l'altro, il perché la baia fra Lerici e San Terenzo sia stata chiamata   "Golfo dei Poeti" ; la lenticola di territorio esistente tra i due castelli mostra una gravità inferiore alla media. Ciò spiega perché lungo la passeggiata a mare tutti stiano bene, e non solo i poeti e gli artisti, le persone cioè dotate di maggiore sensibilità e ricettività. Nelle carte tettoniche del C.N.R. si rileva altresì che il Caprione è definita "Zona in sollevamento" (Progetto Finalizzato Geodinamica, Sottoprogetto 5, Pubblicazione n. 429). Ciò è spiegato dalla tettonica distensiva che ha interessato l'Appennino Settentrionale, in conseguenza della dinamica del bacino che oggi è occupato dal Mar Tirreno. I rilasci di energia tellurica derivanti da detto contesto geologico possono essere percepiti in un intervallo energetico bio-compatibile che interessa il Visibile e l'Infrarosso, da 229 a 39 KJoule (R. Chiari - 2° Corso di Medicina e Igiene Ambientale - Castello di Cays, Cabalette - Torino, 1997). L'esperienza descritta da D.H. Lawrence durante il grande pic-nic fatto sulle alture del Caprione, quando giunse a vedere la valle del Magra, le Alpi Apuane e la costa fino a Viareggio, salendo da Tellaro (…il mio sangue si mise a scorrere con delizia… non Ti potrei raccontare come io potei saltare in aria, è veramente amabile…), non è soltanto conseguenza di un grande impatto visivo, ma anche della grande faglia (master fault) che passa proprio in quel tratto del promontorio, ed i cui rilasci energetici furono ricevuti dallo scrittore, certamente sensibile a ciò. Non occorre quindi rifugiarsi in Milton - come si legge nella chiosa finale - per mettere a tacere il problema epistemologico che l'amphiorama pone. Occorre invece approfondire le ricerche su questi strani accadimenti. Proprio recentemente sono apparse su Internet notizie di episodi accaduti nel corso della Seconda Guerra Mondiale ai piloti degli squadroni di cacciatori notturni dotati di aerei "Mosquito" , muniti di radar, proprio durante azioni che interessavano il nostro golfo (1944 - 1945). Tolto il segreto militare, si è saputo di avvistamenti di strani globuli di luce, che viaggiavano a velocità elevatissima, che inutilmente i piloti cercavano di inseguire. Italiani e Tedeschi nulla sapevano di ciò, così come nulla sapevano del fatto che gli strumenti dei bombardieri alleati che raggiungevano la "bombing-area" dell'Arsenale, volando sopra le alture occidentali del golfo, impazzivano sulla loro verticale. Si narra che il Genio Militare germanico scrivesse a Berlino per capire come fosse possibile che gli italiani facessero cadere i "trolley" dei tram proprio in certi punti della città, evidentemente per preparare attentati. Anche ai giorni nostri gli autisti dei filobus sanno quali sono questi strani punti, provate a chiederglielo. La geologia può offrire spiegazioni per questi accadimenti, apparentemente strani. Per capire gli effetti sugli uomini esiste la disciplina detta geo-biologia, che ha illustri precedenti storici. Vitruvio narra come gli Etruschi, prima di antropizzare un territorio con insediamenti umani, vi facessero dimorare un gregge di montoni per un anno. Uccidendoli potevano verificare se gli organi degli animali avessero subito particolari lesioni, da quella permanenza. In caso affermativo quel luogo non sarebbe stato considerato salubre neppure per gli uomini. La conoscenza scientifica del territorio profondo, tramite la geologia, dovrebbe essere inserita nella medicina abitativa ed anche nella medicina del turismo, per trarre vantaggi dalle particolari valenze del territorio, evitandone altresì i pericoli. Già Aristotele narra che in Sardegna vigeva il costume di dormire presso le tombe degli eroi, e ciò veniva fatto a scopo terapeutico (Filopone) o per liberare da visioni ossessive (Tertulliano). Ciò che in antico veniva attribuito all'influenza degli eroi capostipite del proprio gruppo etnico oggi può meglio essere capito come influenza delle caratteristiche geologiche del sito, che influiscono sul sistema neuro-vegetativo. I valori geologici di un territorio andrebbero venduti come "valori d'uso", cioè valori che si perpetuano nel tempo e che continuano a fornire lavoro e ricchezza. Purtroppo si deve constatare come manchino carte geologiche aggiornate e per alcune parti del territorio siano ancora in uso carte del secolo scorso (cfr. carta dello Zaccagna). Sarebbe bene che le autorità preposte alla cura del territorio e al suo sviluppo fossero consapevoli di ciò ed utilizzassero tutti i più sofisticati sistemi per conoscerlo (ad esempio il laboratorio volante LARA). Quest'ultima considerazione mi sembra possa degnamente chiosare in termini futuribili, il contributo di Bruno Della Rosa.

 

DIALOGO SUI POETI, GLI ARTISTI  ED IL GOLFO DEI POETI

Una analisi in termini di interazioni geomasse-biomasse. 

L’arte è contemplazione, è il piacere di uno spirito che penetra la natura e scopre che anch’essa ha un’anima; è la più sublime missione dell’uomo, poiché è l’esercizio del pensiero che cerca di comprendere l’universo e di farlo comprendere

Auguste Rodin  

In provincia della Spezia  esistono due luoghi dotati di toponimi ricchi di particolare valore semantico, il  “Golfo dei Poeti” e la “Via dell’amore”. I poeti (come tutti gli artisti e musicisti) sono uomini dotati di grande sensibilità e di capacità espressive innate che li fanno estranei all’umanità ordinaria e alla società in cui sono a chiamati a vivere, che spesso li ricambia con l’emarginazione[1].   L’amore, inteso come espressione di uno stato particolare del comportamento dell’uomo bisessuato,[2] tocca quasi tutti gli esseri umani.  Per  comodità, questo tipo di amore verrà espresso con la lettera iniziale minuscola (si potrebbe anche esprimere con il termine “sentimento”) mentre se espresso con la lettera iniziale maiuscola diverrà di nuovo una espressione di dinamiche mentali ed affettive frutto di ricerca e di elaborazione personale da parte di pochi.[3] Con questo non si vuole far diminuire il valore del suddetto  comportamento  dell’animale uomo, che consente la sopravvivenza della specie attraverso la pulsione vibrazionale verso la donna[4], che, secondo Teilhard de Chardin[5] “è il depositario responsabile di un quantum affettivo ed unitivo”.  In entrambi i luoghi suddetti, il Golfo e la Costiera, emerge un comune principio di causalità, il quale  può essere espresso con la definizione generale di “interazione fra geomasse e biomasse”,  intendendosi per geomasse la crosta terrestre e per biomasse gli esseri viventi al di sopra di essa, siano essi vegetali, animali, umani. In  entrambi questi luoghi i comportamenti umani, siano essi dei  pochi, cioè i poeti, gli scrittori, i pittori, i danzatori  e gli artisti in genere, siano essi comportamenti dei molti “normali” che sono  “innamorati”, nascono da particolari situazioni geologiche del territorio, che influiscono sulle dinamiche interne del corpo umano. Si assiste ad  un funzionamento che avviene in fasi successive  (oggi si direbbe in progress) dovute ai  campi elettromagnetici, che fanno produrre da specifici organi del corpo umano gli enzimi, i quali influenzano la successiva produzione degli ormoni. Per migliorare la comprensione di ciò si riporta quanto scritto in una dispensa predisposta per un corso residenziale  a tema “Percorsi percettivi nelle Terre del Monferrato”, tenuto dal prof. Roberto Chiari  dal  31 ottobre al  2 novembre 1998:

“Secondo Popp[6], delle quattro interazioni fondamentali oggi riconosciute (forte, elettromagnetica, debole, gravitazionale) solo quella elettromagnetica, dovuta a cariche elettriche e momenti magnetici, sarebbe da prendersi in considerazione nei meccanismi  di comunicazione intracellulare e  intercellulare di un sistema vivente”. Ricerche effettuate presso la Università di Pisa hanno chiarito che durante il periodo di innamoramento si riscontrano nel sangue quantità di serotonina[7] meno elevate del 40%! Dopo un certo periodo di tempo, in genere un anno e mezzo, la produzione di questa sostanza risale. Ciò avviene “normalmente” in qualsiasi luogo, ma se si frequentano luoghi in cui i campi elettromagnetici  siano tali da favorire il suddetto progress è possibile che la produzione di questa sostanza si modifichi. Personalmente ho provato a fare due analisi per la ricerca della serotonina in due giorni successivi, dopo aver frequentato un sito sacro, e il dato è risultato molto diverso, talché  un medico cui sottoposi gli esami  ha ritenuto ciò impossibile, ed ha imputato questa evidente differenza  ad un errore del laboratorio[8]. Sarebbe auspicabile poter eseguire esperimenti nei luoghi sacri preistorici, utilizzando sostanze organiche inanimate (lieviti, gel ecc.). Si deve inoltre  ricordare che nelle  tradizioni paesane del passato esistevano i luoghi preferiti  dagli innamorati, tradizioni ora scomparse con l’avvento di quella scatola mobile che è chiamata  “macchina” o “auto”,  che ha rivoluzionato i costumi  dei giovani, che arrivano ad usarla anche come vera e propria alcova, subendo spesso cocenti delusioni date le ristrettezze, le scomodità e lo stato  di tensione dovuto alla non perfetta tranquillità del luogo, specie da parte delle femmine, che hanno bisogno di maggior tempo per concentrare tutta la loro vitalità verso il comportamento unitivo. L’esempio “limite” di questa analisi è il racconto di chi è stato disturbato nella propria intimità da parte di esseri alieni[9]  che hanno circondato l’autovettura, ovviamente  in ore notturne, nel crinale del Monte Parodi, luogo noto agli studiosi di Ufologia come quello in cui avviene la più alta concentrazione di avvistamenti in Italia.  Se si analizza la carta geologica delle Cinque Terre si potrà scoprire come lungo la costa siano evidenti fenomeni tettonici di tipo distensivo che hanno dato luogo al  scivolamento verso il mare del Macigno della falda Toscana, arenarie torbiditiche  medio grossolane in banchi con siltiti argillose, che talvolta diventano verticali, così come si scorge dall’alto della Strada Litoranea, approssimandosi a Riomaggiore. Più a monte passa anche  una faglia potente e profonda (una master-fault).[10] Esistono  in proposito alcune fotografie della Via dell’Amore pubblicate alle pagine 115 e  119 del bel libro “Magiche Cinque Terre”, a cura di Paolo De Nevi, che mostrano inequivocabilmente la suddetta  verticalità. Per meglio capire cosa Riomaggiore rappresenti in termini geologici, occorre dire che siamo ancora sulla zolla[11]  africana (mentre la dirimpettaia Corsica per la maggior parte appartiene alla piattaforma iberica, che originariamente non era attaccata all’Eurasia, e nello scontro sono nati i Pirenei e gli Appennini)   e che la zolla africana continua a spingere verso Nord. Gli esiti di questa spinta sono registrati nei difetti reticolari  dei minerali e particolarmente nei cementi delle arenarie della costa, di colore giallo-rosaceo. Si prenda atto del contenuto specifico del seguente passo: “Le pieghe e le faglie attualmente  visibili a Riomaggiore sono il traguardo finale di un campo di sforzi orientati Est-Est Nord Est, già esauritesi circa 1 milione di anni fa. Le prossime pieghe e faglie con orientamento a Nord si vedranno quando le relazioni energetiche tra i minerali trasferiranno l’energia che stanno attualmente accumulando[12].

Generalmente nella cultura corrente non si fa distinzione fra i termini di faglia e frattura, pensando in ogni caso  ad una lesione profonda della superficie  terrestre ed ignorando che mentre nella frattura i due lembi del terreno rimangono stabili, nella faglia una delle due parti è soggetta a movimento. Praticamente in questo campo la cultura corrente è ancora ferma al Medioevo, quando  i maestri costruttori, spesso riuniti in confraternite, veri e propri specialisti della scelta e della lavorazione delle pietre nonché della progettazione degli spazi e delle forme, innalzavano   costruzioni perfette, che però, dopo uno o due secoli, sono andate in  rovina. Si cercava infatti di posizionare l’altare delle chiese su un luogo di emissioni di potenti flussi ionici[13] (incroci di linee d’acqua, di doline, di fratture, di scorrimento di strati ecc. ecc.) perché il celebrante potesse utilizzare questi flussi per influenzare le menti dei fedeli ad entrare in isofrequenza con esse, cioè spingendo i fedeli  ad uniformarsi con la propria  volontà educativa. I pur grandi maestri costruttori  ignoravano però che nel caso di costruzione elevata su una faglia,  questa avrebbe perso la sua stabilità. Esempi chiari di questa situazione costruttiva sono i ruderi delle chiese di San Martino Vecchio sul Monte Parodi (La Spezia) e di San Lorenzo al Caprione (Lerici). Mentre i ruderi della chiesa di San Lorenzo al Caprione sono visibili dal sentiero che sale in alto verso Campo de Già, la Gavizza, i Monti Branzi e la Rocchetta,  i ruderi di San Martino Vecchio, che si trovano al di sotto della strada carrozzabile del Monte Parodi in prossimità del bivio per Carpena,  sono  difficilmente visibili per la continua crescita della vegetazione di tipo “radiofilo” (amante cioè dei campi ionici) che la sommerge, in particolare il sambuco, la vitalba e l’ortica,  che qui cresce ad altezza superiore a quella dell’uomo. Pertanto, per visitare questi ruderi (affascinanti perché l’unica parte dell’abside che ha resistito al tempo porta una finestratura monofora  orientata al sorgere del Sole nella festa del Santo, cioè il giorno  11 novembre,  che guarda appunto  verso la Versilia e l’ultimo crinale delle Alpi Apuane) occorre attrezzarsi con casco, visiera, tuta monopezzo e scarponi, nonché machete (o pennato) come fanno i Volontari Antincendi Boschivi. Per meglio comprendere  queste ultime osservazioni occorre  capire che lo sviluppo della struttura dei vegetali avviene secondo precise funzioni numeriche che appartengono alle serie pitagoriche[14]. Così avviene lo sviluppo dei rami, così si formano le varie strutture dei fiori, quali il cavolfiore o il girasole; così si forma la curvatura della banana.  La  struttura dell’ananas nasce da due spirali che si generano in tal modo, ruotando una a destra ed una a sinistra, come nel caso della pigna[15] del Pinus pinea (il pino da pinoli) che si ritiene abbia dato origine ai toponimi liguri di  Pigna e Pignone, rispettivamente nella Liguria occidentale e nella Liguria orientale, nonché ai diversi Pigna di Corsica. Questa convinzione nasce dalla constatazione che  entrambi i luoghi liguri furono insediamenti dei Templari, e che anche i siti della Corsica si trovano sugli itinerari medioevali seguiti dai Templari per attraversare l’isola, provenendo via mare dalle Baleari, per poi reimbarcarsi nei porti della costa orientale dell’isola per raggiungere l’Italia. Si noti la strana coincidenza fra i toponimi fra loro vicini di Pignone e Corvara in  Val di Vara  e il ripetersi,  in Corsica, di una simile coppia di toponimi vicini per ben due volte.  È noto che i Templari  conoscessero le dottrine alchemiche e non ci si deve stupire che conoscessero  queste segrete proporzioni legate al numero aureo “1,618034”, che è implicito anche nelle proporzioni fra le varie parti del corpo umano. La rappresentazione dell’Uomo di Vitruvio (disegnato da Leonardo da Vinci) nella attuale moneta dell’Euro e l’uso di questo rapporto aureo  nelle misure del  Bancomat (per farlo accettare più  facilmente dal pubblico) derivano da queste conoscenze. Pitagora, conosciuto da tutti per la Tavola Pitagorica, fu uomo di scienza, ma anche filosofo ed ebbe anche doti shamaniche, perché si tramanda che parlasse agli animali.  Non si deve però pensare che sia stato  lui a dare origine a queste conoscenze, perché case di abitazione dell’epoca del Bronzo, ritrovate in Israele, hanno mostrato nella loro forma rettangolare  la proporzione pitagorica. Una comunicazione in tal senso è stata effettuata nel corso dell’VIII Convegno Nazionale della Società Italiana di Archeoastronomia, tenutosi a Ferrara nei giorni 17-18 ottobre 2008, avente titolo: “La geometria di alcuni edifici ‘Early Bronze Age’ di Tell Arad e Bab edh-Dhra” dagli studiosi Marcello Ranieri e Andrea Polcaro. Robert J. Gilbert riprende questi concetti come “geometria sacra” e così la enuncia: “Da una prospettiva olistica[16], ciò che chiamiamo geometria sacra è in effetti una correlazione di schemi conoscitivi dell’umanità da tutti i nostri antenati. Ad ogni scala dell’esistenza, dalla scala subatomica a quella galattica, gli stessi schemi chiave coinvolgono tutte le cose dell’esistenza. È un fatto storico che molti di questi stessi schemi (che includono forme, modelli, proporzioni e ritmi) sono andati bene per secoli, ma dentro un contesto molto più olistico di oggi”. Nel nostro Medioevo queste conoscenze furono divulgate dai matematici dello studio pisano fra Luca Paciolo e Leonardo Fibonacci[17]. Si noti come i vegetali, se sottoposti a shock del tipo termico, in conseguenza del cambio repentino di densità dei fluidi vitali dell’albero, possano dar luogo a figure di crescita degli anelli dendrici (dal greco dendros = albero) simili alla farfalla, cioè con un fenomeno simile alla formazione degli “anelli di Liesegang”[18], il fisico che studiò le strutture di auto-organizzazione nei liquidi. In analogo modo  l’armonia che regola la spirale vegetativa delle piante non avviene quando il luogo è ricco di flussi  ionici che salgono dalle fratture o dalle faglie, e che impediscono, con il loro continuo bombardamento, che le piante si manifestino nella loro forma armonica, per cui si noteranno in questi luoghi piante molto alte, sottili, senza rami o con rami che si innestano nel fusto con angolo di inserimento molto chiuso. Molte piante non possono riprodursi in questi siti, che vengono invece colonizzati da piante “radiofile”, che amano cioè i luoghi ricchi di energia, come l’alloro, il ginepro, l’ortica,  il sambuco, la vitalba. Da questi esempi si capisce come la biomassa, in questo caso vegetale, subisca l’influsso delle anomalie della geomassa, e l’esempio viene facilmente accettato pensando che la pianta non può spostarsi, per cui lo sviluppo previsto nel  DNA della pianta viene influenzato dalla potenza di emissione dei campi che provengono dal sottosuolo. Per i molti che sono ancora scettici sulla presenza di questi campi si deve ricordare che il Centro Nazionale per le Ricerche  ha reso noti i principi scientifici che caratterizzano queste emissioni, che si possono così riassumere:

-         Super-rotazione del nucleo centrale  liquido fatto di ferro-nichel, che gira a velocità superiore a quella di rotazione della Terra, generando impulsi come una  dinamo da miliardi di Ampère;

-         percorso interno di discesa di questo flusso verso il Polo Sud; 

-         uscita di questo flusso dal Polo Sud e percorso esterno superficiale  verso il Polo Nord;

-         uscita di flussi in luoghi particolari della crosta terrestre, più o meno  similmente alla forma del posizionamento degli aculei del riccio di mare (Sea-urkin o Paracentrotus lividus di Lamarck).

 

Ciò premesso occorre fare riferimento ad un altro  principio scientifico, che ci illustra come nella struttura atomica l’elettrone è definito da quattro numeri quantici[19], di cui uno è magnetico. Quindi è possibile facilmente prevedere che il campo magnetico terrestre  produrrà anche, con le sue variazioni da luogo a luogo, reazioni biochimiche diverse all’interno del corpo umano. Ciò avviene perché la vita si snoda in un mondo immerso nell’energia radiante ed il nostro corpo è esso stesso fonte di radiazioni. Noi ci facciamo un’idea di cosa siano queste radiazioni osservando la luce visibile, quella che percepisce quel meccanismo recettore che è il nostro occhio, ma questa ricezione è solo una piccola parte dell’intero spettro elettromagnetico (come dice Goethe “se l’occhio non fosse solare / mai potrebbe guardare il Sole”). Animali più evoluti di noi hanno sensori più sviluppati per ottenere una maggior quantità di energia radiante rispetto a quella disponibile. L’incontro fra la radiazione elettromagnetica e la materia  porta questa a riflettere una parte di quanto ricevuto, cioè a ritrasmetterla. Questa realtà viene definita come “principio di riflettanza” e per rendersene conto basta toccare con mano due pietre vicine, di cui una sia marmo, esposte alla luce del Sole. La risposta  del marmo apparirà diversa. Il rapporto matematico fra la quantità di radiazione magnetica riflessa da una superficie e quella incidente sulla stessa superficie è denominato scientificamente come “riflettanza”.[20] Questo rilascio di energia è conseguenza della variazione del contenuto energetico della materia, dopo l’avvenuto incontro con una radiazione elettromagnetica esterna. Le variazioni del contenuto energetico della materia vengono  definite scientificamente come “transizioni”. In sostanza è l’architettura della materia a governare il proprio contenuto energetico. Due gruppi di fenomeni producono assorbimenti ed emissioni di energia: sono i fenomeni “elettronici”[21] ed i fenomeni “vibrazionali”.[22]

L’uomo vive accanto alle rocce della superficie terrestre, ed accanto all’acqua. La registrazione della riflettanza dei diversi componenti delle rocce si chiama “spettroscopia”, e dalle tabelle della  “spettroscopia di riflettanza” si può conoscere il modo diverso di come le rocce possono influenzarci. Per capire quanto difficile sia questa materia, esponiamo uno schema sintetico sui rapporti fra  territorio, geologia ed energia, derivante da una comunicazione tenuta dal prof. Roberto Chiari, già docente presso l’Università di Parma, durante il convegno “Percorsi percettivi nelle terre del Monferrato”:

Nella composizione energetica di un territorio concorrono alcune caratteristiche geo-fisiche e geo-chimiche, che variano come intensità  su scale temporali sia geologiche sia umane.

Le più importanti sono:

1)      LA STRUTTURA GEOLOGICA [23]

Si può suddividere in tre categorie:

a)      distensiva = i  rilasci di energia sono continui, senza fasi di accumulo;

b)      compressiva = gli accumuli  energetici sono prevalenti sui rilasci e sono generalmente discontinui;

c)      quiescente = gli scambi energetici minimi ed, in gran parte,  d’origine extrastrutturale;

 

2)      LA COMPOSIZIONE LITOLOGICA[24]

Dal punto di vista energetico, si può riassumere in quattro gruppi:

a)      materiali prevalentemente riflettenti (per esempio i materiali quarzosi)

b)      materiali prevalentemente assorbenti (per esempio i materiali organici)

c)       materiali prevalentemente assorbenti nel Visibile e riflettenti nell’Infrarosso  (per esempio le  terre rosse)

d)      materiali prevalentemente assorbenti  nell’Infrarosso e riflettenti nel Visibile (per esempio i marmi)

 

3)      L’IDROGEOLOGIA[25]

      Può essere grossolanamente  suddivisa in:

a)      idrogeologia  di acquiferi liberi

b)      idrogeologia di acquiferi  confinati

 

4)      L’IDROCHIMICA[26]

Può essere, in generale, suddivisa in:

a)      acque recenti  (in quasi equilibrio con i gas atmosferici attuali ed i terreni recenti)

b)      acque antiche (in disequilibrio con atmosfera e suolo attuali).[27]

Tutte queste variabili concorrono alla composizione energetica del territorio. Il loro singolo peso sul quadro generale  è difficile da discernere in parecchi casi. Nei casi in cui la parte strutturale ha un ruolo determinante, è possibile studiare meglio queste relazioni. Pur con il timore di addentrarsi in una materia così complicata, che richiede molteplici apporti scientifici, si ritiene possibile tentare una spiegazione del perché la baia esistente fra i castelli di Lerici  e di San Terenzo sia stata chiamata Baia dei Poeti, e quindi questa denominazione sia passata a tutto il golfo, il cui logo “Golfo dei Poeti” è ormai divenuto famoso. Quanto sopra  presentato attiene alle condizioni della geomassa, e, per meglio comprendere ciò che il corpo umano  potrebbe ricevere dallo scambio energetico con le transizioni energetiche di questa geomassa, si deve tener presente la scoperta del fisico inglese Roger Penrose, il quale ha dimostrato come i nostri stati emotivi dipendano dal comportamento dei microtubuli delle proteine.[28] Successivamente  il fisico svedese Max Tegmark ha calcolato come il tempo di attivazione ed eccitazione di un neurone nei microtubuli delle proteine sia più lento del tempo di “decoerenza”[29], pari ad un fattore di almeno 10.000.000.000.  Ciò avviene nei diversi stadi strutturali della materia, ed  è molto importante per capire come noi reagiamo a flussi  improvvisi di energia. Dobbiamo pensare ai poeti, agli scrittori, agli artisti in genere, come dei contenitori di lumache infinitesimali in cui, più velocemente e con più intensità, le corna delle loro lumache reagiscano a stimoli esterni.  A parte che gli abitanti delle Baleari affermino che nell’isola di Maiorca si registra il maggior numero di poeti per chilometro quadrato, lasciando pure ad essi questo primato,  è importante cercare di capire perché ciò avvenga nel Golfo dei Poeti, luogo ove i suddetti personaggi vengono comunque a concentrarsi, lasciandone traccia nei loro scritti o nella produzione delle loro opere. Secondo le persone “normali”, cioè  educate secondo la mentalità corrente,  il discorso è semplicissimo. La causa di ciò  sta nella  bellezza dei colori dei tramonti. Secondo altri sta   nella bellezza del paesaggio (per cui i Portoveneresi dicono che Lerici e bello perché di lì si può vedere Porto Venere!) ma nessuno è in grado di spiegare perché questo benessere particolare si provi anche quando il tempo è nuvolo o quando piove. Volendo approfondire le due precedenti  spiegazioni sembra chiaro che per la prima si tratti di ricezione di frequenze luminose, percepite, per il suddetto  principio  della vibrazione dei  microtubuli delle proteine, in maniera più elevata dall’intera struttura corporea del poeta e dell’artista, e non solo dalla loro mente[30]. Per la seconda il discorso è più complesso. Si tratterebbe della memoria ancestrale dell’uomo, che nei tempi preistorici si recava  nei  “luoghi alti”[31], a fare i sacrifici alle divinità. A questo punto sorgerebbe la domanda di chi, giustamente, vorrebbe conoscere se ciò avveniva veramente nel Golfo dei Poeti. Ed allora sovviene la nostra meravigliosa toponomastica, che ci mostra i seguenti toponimi sacri:

      - Arpara : da harpalios = voce greca per uccello rapace, luogo in cui esiste un’ara sacrificale in

        cui si usavano i rapaci come uccelli augurali, per scrutare l’accettazione o meno dei

        sacrifici eseguiti, da parte della divinità, a  seconda se l’uccello prescelto si

        ripresentasse dalla stessa direzione (di levante o di ponente, a seconda delle regole

        liturgiche  dei vari popoli, per cui per i Paleo-umbri picus ab leva, cioè il picchio

  doveva essere considerato da levante; dall’importanza  del picchio deriverà poi l’Ager

        Picenus). Si noti come questo toponimo si rinvenga  in Salita Arpara, per raggiungere

         il Castello di Lerici,  e si ritrovi  nella costiera di Porto Venere come Grande Arpaia e

         Piccola Arpaia, in contiguità con l’altro speciale toponimo paleo-umbro di Mandracchio,

         dialettalmente Mandraccio, da mantrakle (tovaglia sacrificale);

 

- Falconara : luogo dell’ara sacrificale  in cui i si usavano i rapaci come uccelli augurali per

   scrutare l’accettazione o meno del sacrificio a seconda se l’uccello prescelto si

    ripresentasse dalla stessa direzione (in questo caso i falchi). Si noti come questo

    toponimo si ripresenti più in basso nel promontorio di Falconara, come Oca Pelata

   (oggi Punta di Santa Teresa) e più in alto nel Monte do Sogio di Pitelli, ove Sogio è il

    solium, cioè il sedile del sacerdote, e Pitelli è un toponimo  derivato della voce paleo-

    umbra puplitelli, cioè il popolo dei maschi;

 

      - Oca Pelata : da ocar pihatu    dei Paleo-umbri, in cui ocar è il “luogo alto”  (corrispondente

         semanticamente al Latino arx ) e pihatu sta per “pregato ad alta voce”;

 

- Vallestrieri : in dialetto Vaistee o Vaistei, toponimo che si trova lungo la strada militare del

   Forte Rocchetta, luogo dotato di una  grande  panoramicità, e derivante dalla voce

   paleo-umbra uesteis,  di cui si trascrive il significato tratto dal libro “Le Tavole di Gubbio

   e la civiltà degli Umbri”(Ancillotti & Cerri, Perugia) = impastando, come derivazione  dal

   verbo uesticaom, cioè impastare, chiaro riferimento alle offerte non cruente delle pastelle di

   varie forme. Si  pensi alla tradizione lunigianese del testarolo, pastella di forma rotonda, e  

   della torta ficla (con il buco come il nostro buccellato, chiaro riferimento alla sessualità

   femminile) o all’attuale “strudel”, che deriva dal  termine struhçla, relativo alla sessualità

   maschile, come lo sono i  nostri filoncini di  pane o le baghette  francesi. Si noti come il

   termine struhçla venga  collegato con il  libo sacrificale a strati dei Latini (libum), e come ciò  

   corrisponda  all’avvolgere con diversi strati di pasta il ripieno dello strudel. Si pensi alla

   lasagna, non  quella squadrata a  mandilu, ma quella derivata dalla losanga (dal greco loxos +

   anghilos  = obliquo +  tagliato)  che, secondo  la tradizione  della Media Valle della Magra, va

   data da mangiare alle donne che allattano, o che, secondo la  tradizione della Bassa Valle, va  

   fatta riposare sulla madia e poi servita  nella festa dell’Epifania,  come rito propiziatorio per

   non dover sopportare la fame, come si apprende  dai proverbi  

    - chi pe’ a Pefana no fa a lasagna, tuto l’ano i s’arencagna;

      chi non fa le lasagne per l’Epifania soffrirà la fame per tutto l’anno;

      (tradizione magico-impetrativa di Lerici e Tellaro)

    - Paskua Pefana, bianca  lasagna, o bianca o negra, basta che la sia destesa;

per l’Epifania si fanno le lasagne, o bianche o verdi purché siano distese sulla madia;

(tradizione di Lerici e Sarzana).[32]

                     

Quanto sopra contrasta con la tesi sostenuta finora dalla cultura ufficiale (Sovrintendenze, Università, Accademie e Istituti  vari ecc. ecc.) secondo cui nella Liguria Orientale soltanto le statue-stele sarebbero antichi reperti, e quindi documentazione inoppugnabile, di civiltà preistoriche. Ciò stride inevitabilmente  con l’ultima potente scoperta di Brian Sykes, professore di genetica presso l’Università di Oxford, secondo cui  17 000 anni fa, nella pianura costiera prospiciente la Lunigiana (allora il mare era ad un livello più basso di 110 metri rispetto all’attuale) si è formato un nuovo DNA, che attualmente è posseduto numericamente  dal 9% della popolazione mondiale, ma che si trova concentrato nella nostra zona mediterranea  e si ritrova assai numeroso anche nell’Inghilterra occidentale e nella Irlanda  occidentale.[33] Egli stesso è portatore di questo DNA, ottenuto con l’analisi dei mitocondri femminili. Nel libro “The Seven Daughters of Eve”, che porta come sottotitolo “The Science that reveals our genetic Ancestry”, egli ha denominato come “Tara” questa nostra genia. Le altre sei madri ancestrali sono “Ursula” (Grecia, 45 000 B.P.) “Xenia” (Caucaso, 25 000 B.P.) “Helena” (Dordogna, 20 000 B.P.) “Velda” (Pirenei, 17 000 B.P.) “Katrine” (Istria, 15 000 B.P.) “Jasmine” (Israele, 10 000 B.P.). Si noti la contemporaneità fra le genti di Lunigiana e le genti pirenaiche, ma è da ritenersi che i due gruppi non siano giunti in contatto. Molte persone   non accettano che i luoghi mantengano la memoria di ciò che vi è avvenuto, ma giova ricordare che Padre Pellegrino Alfredo Maria Ernetti, nato a Rocca Santo Stefano presso Subiaco nel 1925, morto a Venezia nell’isola di San Giorgio nel 1994, monaco benedettino, esorcista e musicologo, titolare dell’unica cattedra esistente al mondo di musica prepolifonica, presso il Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia,  è riuscito con la specialissima  macchina da lui messa  a punto ad ottenere la registrazione del quarto atto di una tragedia greca, il Thyeste, rilevata presso il Tempio di Apollo, situato fra il Foro Romano ed il Circo Flaminio, andato perduto, nonché ad ottenere  l’ascolto  del  discorso con cui Napoleone abrogava l’esistenza della Serenissima Repubblica di Venezia, oltre ad un discorso di Mussolimi.  Egli sosteneva infatti che le musiche e le voci, i suoni in genere, si disgregano, ma che è possibile riaggregarli, in conformità al principio del dualismo e al principio che nulla si crea e nulla si distrugge. Egli eseguiva con Padre Gemelli esperimenti per la captazione della voce dei trapassati. Ma soprattutto egli riuscì, in prossimità di una reliquia della Santa Croce, a fotografare il volto di Gesù. Ben si capisce come il Vaticano abbia voluto  sequestrargli quella  macchina “diabolica”, costruita con la consulenza di grandi scienziati, quali Fermi e Von Braun,  perché ritenuta troppo pericolosa (per chi detiene il potere della conoscenza).  Egli infatti ne aveva presentato il funzionamento allo stesso Papa Pio XII ed al Presidente della Repubblica Italiana. Su di lui calò l’ordine del silenzio. Non solo, ma nel 1988 il Vaticano emanò un decreto con cui si metteva in guardia, pena la scomunica, contro chi capti o divulghi <con qualsiasi strumento tecnico (incluso il “Cronovisore” di Padre Ernetti) qualsiasi cosa, vera o finta…>! Come sempre, di fronte a scoperte troppo innovative, scatta l’oscurantismo. La macchina, sequestrata dal Vaticano, sarebbe poi stata consegnata al Ministero degli Interni e trattenuta al Viminale. Personalmente ho potuto parlare con il padre  scolopo che era stato suo antagonista, Padre Luigi Borello, insegnante di fisica e membro della Accademia Tiberina,  ricercatore della Teoria Neutrinica di Cesare Colangeli. Dopo aver contrastato inizialmente Padre Ernetti, Padre Borello ne divenne sostenitore ed iniziò egli stesso esperimenti per ricreare il “Cronovisore”. Secondo quanto egli  mi raccontò, chiese preventivamente il permesso di eseguire questi esperimenti al Vaticano, ma non ottenne risposta alcuna, né in negativo né in positivo, per cui poté proseguire gli studi  presso il laboratorio che aveva montato nella Colonia Estiva di Varazze.  Prima di morire egli mi raccontò inoltre di aver potuto far registrare da un “testimone”, in questo caso un pezzo di pomice, un’opera  (prima suonata in presenza di questo pezzo pomice) introducendo all’interno di quell’amasso informe la punta metallica del nuovo strumento da lui messo a punto. Padre Borello, nato nel 1926, è morto nel 2001 e così  non è più stato possibile continuare questo prezioso contatto. Al fine di confortare coloro che rimangono scettici o confusi di fronte a quanto sopra,  si trascrive un passo  del fisico Alain Aspect dell’Università di Parigi, nato nel 1947 e vivente: “Nella nuova concezione l’universo  è visto come una rete dinamica di eventi interconnessi. Nessuna proprietà di una qualsiasi parte di questa rete è fondamentale, ognuna di essa deriva dalle proprietà  delle altre parti e la struttura complessiva delle loro connessioni reciproche determina la struttura dell’intera rete…processo infinito perché circolare…”. Andando oltre nella ricerca delle ragioni per cui  poeti ed artisti sarebbero attratti dal nostro golfo, è possibile estendere ulteriormente  la ricerca alle interazioni geomasse / biomasse attraverso la presenza nel Caprione di grandi faglie. Si noti come la struttura orogenica del nostro Appennino sia  collegata  alla storia del Mediterraneo Occidentale, ed in particolare all’apertura del Mare delle Baleari e del Mar Tirreno, apertura quest’ultima  che è iniziata proprio in Lunigiana. Emerge quindi  una coincidenza fra la memoria di poeti concentrati nell’isola di Maiorca e di poeti  concentrati  nel Golfo dei Poeti.  Ciò deriverebbe da una  situazione geologica particolare, generatrice di uno stato vibrazionale insolito, gradevole e memorizzabile attraverso le vibrazioni dei microtubuli delle proteine delle  persone che sono oggetto del nostro studio. La nascita di una simile ipotesi  è anche confermata  dalla ormai più che decennale osservazione delle persone che vengono ad ammirare il formarsi della “farfalla dorata” nel sito sacro di San Lorenzo al Caprione, poche decine di metri sotto i ruderi della chiesa.[34]  Si è infatti notato che  molte persone (ed i visitatori sono ormai diverse migliaia)  percepiscono flussi di energia dal culmine della pietra a forma di losanga che sovrasta il quadrilite,  con stimoli da esse  definiti come onde continue di calore, oppure punzecchiature come di spillo, ma di natura elettrica. Per contro  vi sono state cinque persone che hanno dichiarato di aver avuto sensazione  di freddo. E fra queste un uomo. Dopo aver rilevato per la prima volta questa anomalia di comportamento in una donna, un architetto, per di più  studiosa di geobiologia, è  stata incaricata un’altra persona, dotata di grande sensibilità,  ad effettuare – in doppio ceco – una analisi simile. Anch’essa ha manifestato la stessa sintomatologia,  per cui si è reso necessario prelevare un campione della roccia, prima classificata come normale dolomia, e sottoporla ad analisi spettrografica.  L’analisi ha fatto conoscere che questa dolomia è ricca di ossidi di  ferro, in particolare ematite e pirrotite. Essendo il sito di San Lorenzo collocato su una delle faglie principali  con cui si è formata  la apertura del Mar Tirreno, avviene che una parte prevalente dei campi elettromagnetici, dovuti alla presenza della faglia,  sia assorbita da questi due tipi di  ossidi presenti nella dolomia. Stimando questo assorbimento in circa il 70%, rimane ai normali frequentatori del sito l’assorbimento del restante 30%. Avviene però che alcune persone, forse per qualità specifiche del proprio sangue, entrino in isofrequenza con gli ossidi presenti nella roccia, e quindi ne traggano una sensazione di freddo, cioè entrino frequenzialmente all’interno dello  scambio che avviene fra i campi elettromagnetici emessi dalla faglia  e la sovrastante dolomia. Dalla tipologia dei cinque  soggetti che sperimentarono questa sensazione sembrerebbe potersi rilevare la presenza di uno stato leggermente anemico, ma, non essendo possibile violare la privacy delle persone, si renderà necessario eseguire esperimenti con modalità diverse, servendosi di parametri oggettivi. Prescindendo da questo tipo di riflessioni, e dei conseguenti futuri progetti, sembra però che  queste transizioni energetiche possano spiegare le sensazioni provate dai nostri poeti ed artisti. Un “testimonial”,  ovvero una certificazione di ciò, ci è fornita inconsciamente dallo scrittore, novelliere e poeta David Herbert Lawrence, che dopo essere andato a fare un pic-nic sul Monte Caprione, partendo da Tellaro e seguendo la via che da Capo d’Acqua raggiunge la Valletta, così ne scrive in una lettera ad un amico[35] :

To  A.W. McLeod

                                                                               Lerici, per Fiascherino,

                                                                                     Golfo della Spezia, Italia.

                                                                                                               14 Marzo, 1914

Dear Mac, -

      Thanks for……[omissis]

Today  we have been a great pic-nic high up, looking at the Carrara mountains, and the flat valley of the Magra, and the sea cost sweeping round in a curve that makes my blood run with delight, sweeping round, and it seems up into the vaporous heaven with tiny scattering of villages, like handfuls of shells thrown on the beach, right beyond Viareggio – I could not tell you how I could jump up into the air, it is so lovely. I want at this time to walk away, to walk south, into the Apenines, through the villages one sees perched high up across the valley…

[omissis]

I wait to hear.

Tanti saluti”

 

D.H. Lawrence  

Emergono da questa lettera  molte coincidenze con  i punti sopra trattati. Per meglio capire occorre spiegare che  quando Lawrence provò  l’esperienza di sentire che il suo sangue si mise a scorrere con delizia (my blood run with delight) egli si trovava proprio sulla master-fault che sovrasta il sito sacro megalitico di Scornia  (etimologia celtica da skeir-na = luogo delle rocce). L’effetto di questa faglia fu in lui potente perché egli era minato dalla tisi, per cui si sentì di saltare in aria dalla gioia ed espresse la sua contentezza dicendo che ciò è veramente  amabile (it is so lovely). Lo scrittore Giuseppe Conte, in un articolo uscito sul giornale “Il Secolo XIX” del 30 maggio 1999, descrivendo  un viaggio fatto in Liguria, quando trattò di Spotorno e di Villa Bernarda, ove Lawrence soggiornò, scrisse: “Al n° 11 c’è Villa Bernarda, dove D.H. Lawrence abitò con la moglie Frieda tra il 1925 e il 1926. Adoratore delle forze magiche della natura, Lawrence trovò la Spotorno di quegli anni  abbastanza autentica e selvatica per stabilirvisi…”. Sostanzialmente, in maniera velata, con quel selvatica voleva egli   informarci che Lawrence fosse un sensitivo?  Ritornando all’esperienza del Caprione, Lawrence rimase inoltre colpito dalla vastità della visione di quella costa, che, al disotto della verticalità delle Alpi Apuane (che egli chiama monti di Carrara) forma come un arco ovale (sweeping round).  Egli cita due volte questa espressione ed in ciò sembra di potersi rilevare un  richiamo ancestrale  alla liturgia  delle Tavole di Gubbio[36],  attraverso il valore semantico dell’espressione  “di lì potrai vedere estendersi sotto di te una grande superficie” (ahmei stahmei  stahmeitei) in cui stahmei sta per “spazio augurale”, cioè lo spazio in cui stava l’augure, stahmeitei sta per stabilito, cioè approvato dagli anziani della tribù, ed esmei è un pronome dimostrativo, simile al dativo sanscrito asmai  e al locativo sanscrito  asmin.Da questa complessità semantica dovrebbero derivare i toponimi dell’Ameglia  ligure, da cui si può scorgere lo stesso panorama visto da Lawrence dalle alture del Caprione, e l’Amelia umbra, nonché il più elevato sito di  S.Anna di Stazzema, di cui,  in un documento medioevale dell’epoca di Carlo Magno, emerge la indicazione come Statelme, assai simile peraltro  al toponimo di Val di Vara “Stadomelli”, altura vicina al luogo chiamato “Persico”, che riprende la radice paleo-umbra  persklum, pietra altare. Questo ultimo toponimo si ritrova sia  sopra a Levanto, sia   nell’omonimo spiaggione che è sotto Campiglia, nella costiera dirupata  che è prossima alle  Cinque Terre. Qui si rinviene appunto  una  pietra altare, con nove coppelle e coppella centrale, da cui si può traguardare l’allineamento sacro fra la sottostante cuspide dello Scoglio Ferale[37] e la cuspide del Monviso, il monte sacro degli antichi Liguri.

Un altro elemento che bisogna notare nella lettera di Lawrence  è il richiamo che egli sente a dover visitare quei luoghi, quei villaggi sparsi nella montagna come tante conchiglie sparse nella spiaggia del mare. Ci si deve chiedere da quale stato vibratorio nasca questa sua esigenza, e la spiegazione più consona sembra sia quella di un richiamo ancestrale.

Non mancano nelle lettere di Lawrence precisi riferimenti anche ai cromatismi del golfo :

Lettera a Lady Cynthia Asquith

-         and then at evening all the sea is milky gold and scarlet with sundown. It is very pretty;

-         “e   quindi  la sera tutto il mare diviene come latte del colore dell’oro e scarlatto. È assai leggiadro”;

Lettera a W. E. Hopkin

-         The Mediterranean is quite wonderful - and when the sun sets beyond the islands of Porto Venere, and all the sea is like heaving white milk with a street  of fire across it, and amethyst islands away back, it is too beautiful…;

-         “Il Mediterraneo è veramente meraviglioso – e quando il Sole tramonta dietro le isole di Porto Venere, e tutto il mare è come palpitante bianco latte con una strada di fuoco che lo attraversa, e isole ametista lontane dietro ad essa, è troppo bello…”.

Altrove, in una lettera indirizzata  all’amico Henry Savage, scritta da bordo del vaporetto della “Unione Operaia”, egli annota come gli appare la spiaggia di San Terenzo, mentre il battello  sta attraccando al pontile:

 

To Henry Savage

                                                                               Lerici, per Fiascherino,

                                                                                                 Italy

                                                                                                         Monday………1913

Dear Savage,

 

I wonder how long…[omissis]

I am writing on the steamer, going to Spezia. It is a wonderful morning, with a great, level, massive

blue sea, and strange sails far out, deep in a pearl glow, and San Terinzo all glittering pink on the shore. It is so beautiful, it almost hurts : so big, with such a massive dark sea and such endless, pearl white sky far away and level with ones eyes. On this sea, looking at the horizon, I never know

whether I shall feel a sensation of gradual, infinite up-slope, or of slow, sure stooping into the spaces….[omissis] 

“Sto scrivendo su un vaporetto che sta andando a Spezia. È un meraviglioso mattino, con un grande, piatto, massiccio mare blu e strane vele lontane, con una profonda luminosità di perla, e San Terenzo tutto  scintillante di rosa sulla spiaggia. È così bello che fa quasi male[38]: così grande, con così massiccio mare scuro e così sconfinato cielo, color perla, è lo spaziare  lontano a livello dei propri occhi. Su questo mare, guardando verso l’orizzonte, io non so mai se sto per  percepire una sensazione di graduale, infinito ascendere, o un di un lento, sicuro fermarmi negli spazi in alto”.  Qui si può percepire tutto il  suo stato vibratorio, e la sensazione di riceverne quasi un malessere (it almost hurts) fa pensare ad un campo energetico che abbia coinvolto fortemente il nervo vago. Ciò viene confermato dalla successiva confessione di non capire se egli sia in fase di continua graduale elevazione oppure sia in condizione di fissità in elevazione. Conviene qui citare quanto il concittadino ing. Sergio Berti, Vicepresidente della “Associazione  Architettura & Geobiologia Studi Integrati” ha riportato in suo articolo, pubblicato nel Bollettino n° 63 della Asociacion de Estudios Geobiologicos GEA (Spagna)  portante il titolo: “Misura della Heart Rate Variability (HRV) come indicatore attendibile delle interazioni tra uomo e ambiente”. Egli afferma che ”Attraverso la misura e l’analisi spettrale della Heart Rate Variability si possono ottenere importanti informazioni oggettive  sulla tipologia di interazioni che si instaurano tra uomo e ambiente, permettendo,  così, di evidenziare quanto l’ambiente è in grado di stimolare il sistema nervoso autonomo e di valutare il sistema di bilanciamento indotto tra il sistema nervoso Simpatico e Parasimpatico. È possibile, quindi, evidenziare strumentalmente luoghi che stimolano il sistema Simpatico  e luoghi dove l’attività dello stesso si riduce al di sotto del livello normale  minimo, con predominanza dell’attività Parasimpatica...”. Il cuore è uno degli organi tipicamente responsivi del bilanciamento Simpatico e Parasimpatico. Nel cuore, la capacità del ventricolo di generare pressione è controllata dal sistema nervoso Simpatico e l’ormone che maggiormente contribuisce alla contrattilità ventricolare è l’adrenalina. Il sistema Parasimpatico invece ha effetto deprimente sul cuore: esso rallenta la conduzione dell’impulso e così diminuisce la velocità di contrazione del cuore e la forza di contrazione cardiaca. Infatti l’acetilcolina, secreta dai neuroni parasimpatici, rallenta la conduzione dei potenziali d’azione e la frequenza cardiaca. Il cuore può essere, quindi, un organo da utilizzare come sensore per comprendere come l’ambiente esterno è in grado di influenzare l’organismo umano attraverso l’equilibrio tra sistema Simpatico e Parasimpatico. La tecnica di misura della Heart Rate Variability utilizza, infatti, questo organo come sensore per rilevare il livello di bilanciamento indotto tra sistema Simpatico e Parasimpatico, da parte dell’ambiente. In conclusione della pubblicazione l’ing. Sergio  Berti evidenzia ancora: “Questa metodologia di misura può essere molto interessante per la validazione di quella parte delle indagini geobiologiche dove è predominante la componente di rilievo biofisica con caratteristiche più soggettive (rilievo dell’influenza delle falde acquifere, delle interazioni tettoniche e delle reti di interazioni naturali). Può essere, inoltre, utilizzata per la valutazione dei luoghi dove dormire, delle interazioni con i materiali da costruire e di tutti i materiali che possono venire a stretto contatto con l’organismo umano. Può trovare applicazioni anche nell’analisi delle interazioni uomo-ambiente nei siti di interesse archeologico (siti rituali, siti sacri, siti di guarigione, residenze antiche, etc. ) per meglio comprenderne la funzionalità intrinseca relativa.” Viene, inoltre,  da pensare che Lawrence, come altri grandi poeti “including Arthur Rimbaud, Vladimir Nabokov, and Marcel Proust[39] possano essere portatori di esperienze sinestetiche, cioè sensazioni di un tipo associate ad altre di tipo diverso, ad esempio associazioni uditive  e di colore. Una frase di Rainer Maria Rilke che sembra richiamare esperienze sinestetiche, secondo Robert Lawlor, sarebbe la seguente[40]:

My eyes already touch the sunny hill

going far ahead of the road I have begun.

(I miei occhi già toccano la collina solatia

e mi portano lontano al di sopra della strada che ho iniziato a seguire).

Indubbiamente Lawrence appartiene a quelle persone che subiscono il campo energetico che proviene dall’acqua del mare. Molte persone, infatti, non possono neppure guardare il mare, perché ne vengono destabilizzate, sconvolte, dai riflessi della luce sull’acqua.  Con ciò  non si pensi che egli sia uscito di senno in modo da percepire anche un colore rosa della sabbia, perché in effetti ciò corrisponde a verità,  in quanto il promontorio alle spalle di San Terenzo è formato da quarzite rosa, che il mare frangeva  e trasportava  sulla spiaggia! Oggi ciò non è più visibile perché molti  autocarri, in conformità alle “geniali” deliberazioni dei moderni amministratori[41], vi hanno scaricato sabbia di fiume, cancellando così una delle più  belle qualità del nostro ambiente marino, impoverendo così la potenzialità dei nostri  “valori d’uso”[42] che potrebbero essere i punti forti di una offerta di quel  turismo culturale che gli Inglesi chiamano di special interest. Si tenga presente che su questa spiaggia si stabilì P.B. Shelley, il “cor cordium”, che qui visse esperienze  speciali, quali quella di vedere la piccola figlia di Byron, Allegra[43], sorgere dal mare nuda, sorridente, che batteva le mani. Successivamente  Shelley la vide  passare due volte, nello stesso senso, attraverso le tre porte-finestre della grande terrazza della “Casa Bianca”[44]. Ciò lo turbò perché fu un presagio di  un qualcosa che gli sarebbe capitato, che andava oltre la materialità, perché normalmente un corpo non può passare due volte nello stesso senso senza prima essere tornato indietro. Oggi si può spiegare ciò con la fisica quantistica. La materialità del corpo umano  è uno  stato   di energia bloccata  in frequenza e non può permettere un simile doppio passaggio nello stesso senso.  Uno stato di energia libera, non bloccata in frequenza, cioè libera dalla corporeità, poteva permettere ciò che Shelley aveva potuto osservare. Ciò era forse da leggere come messaggio di un evento futuro. Egli  ne fu turbato.  E ciò infatti   sarebbe prossimamente accaduto al grande poeta, che amava molto quella bimba bella e dolcissima, che voleva adottare, ma che   non poté adottare per le sue complicate  questioni interne famigliari. Poco dopo Shelley naufragò col suo battello “Ariel”[45],  di ritorno da un viaggio per Livorno, durante un fortunale che lo colpì davanti la spiaggia della Versilia.    

Nota per il lettore:

Questa materia potrebbe essere considerata come esoterica (cioè relativa a ciò che sta dentro) dagli uomini di vecchia tradizione  culturale, ma alla luce delle nuove scoperte così non è. Infatti con questi studi  si tende alla divulgazione di fenomeni prima considerati esoterici,  e quindi si tratterebbe semmai di materia  essoterica (cioè semanticamente  volta a far divulgare al  di fuori) sia perché oggettivamente attiene a fenomeni sperimentabili con il  corpo umano e con  l’animo umano, ma non ancora  riferibili al superiore  piano  dello  spirito. Va chiarito infatti  che il  livello dell’anima appartiene a tutti i generi di animali, ivi compresi gli uomini. Valga per tutti, compresi i pur  timorosi Cattolici, la netta  distinzione che San Paolo propone fra il corpo,  l’anima  e lo spirito. Ciò si legge  sia nella Prima  Lettera ai Tessalonicesi (5-23), sia nella Lettera agli Ebrei (4,12) ove egli  introduce anche  la dimensione di contatto fra l’anima e lo spirito: “… la parola…di Dio.. penetra fino al punto di divisione dell’anima e  dello spirito”.  Con questa precisazione si può  meglio distinguere il vissuto dei poeti, e degli artisti in genere,  dal vissuto dei  mistici, e, volendo,  attribuire alle esperienze di questi ultimi il significato di esoteriche.

Nonostante queste delucidazioni è possibile che alcuni lettori rimangano titubanti, incerti, imbarazzati nel loro intimo ad accettare  questa trattazione. Si ritiene pertanto riprendere il discorso con un altro taglio, focalizzando l’attenzione su quanto scrive Lawrence, così come riportato dallo studioso Robert Lawrol,  a proposito dell’ombra o meglio del lato oscuro della psiche umana:

Are you willing to be sponged out,

                                                     erased, canceled, made nothing…

dipped in oblivion? If not, you will

never really change.[46]

Sostanzialmente Lawrence  ci dice che se non ci sentiamo mai di essere spazzati via, cancellati, annullati, diventati nulla, sprofondati nell’oblio, non potremo mai veramente cambiare, e per essere più chiari, io aggiungerei  crescere ed evolvere. Quanto sopra per dire che meglio ci si addentrerà in questa materia se ci si troverà in un certo stato d’animo, favorevole a modificare il rapporto con la realtà,  precedentemente improntato al sentire cosidetto “ normale”, determinato dalla cultura ufficiale. Lawlor, studioso degli Aborigeni australiani, scrive che questi considerano le vene  minerarie di  ferro e di ocra come il sangue della terra, mentre noi sorridiamo di fronte a questa loro credenza. Egli ci avverte però  che, disgraziatamente,  le statistiche  dimostrano un esatto parallelismo fra l’estrazione del minerale di ferro, e la sua successiva  trasformazione in metallo ferroso  ed acciaio, e lo spargimento  di sangue umano in conseguenza delle guerre, ormai divenute guerre mondiali, come la WWI e la WWII.  Ancorché ciò debba essere considerato un “difettivo sillogismo” secondo la logica dantesca, è una dura verità, che è stata ignorata ancora durante i recenti  anni della Presidenza Bush. Per capire ciò occorre fare uno sforzo di lettura olistica della civiltà materiale contemporanea. Ciò che facciamo alla Terra, ricade su noi stessi. Recenti dati indicano che le ossa degli attuali viventi  contengono da 40 a 100 volte di più di piombo rispetto alle mummie dei faraoni egiziani. Il contenuto di piombo che circola nel sangue è  causa di malattie del corpo, di disagi mentali e di comportamenti criminali.[47] I dati che ci presentano i “media” sono evidenti. Tutto ciò (ammesso che voglia essere  conosciuto dall’uomo della strada) crea in noi contemporanei  stupore e disappunto, ma per gli Aborigeni  è una normale conseguenza, un logica  ricaduta per la violazione dei principi sacri della saggezza. Poiché potrebbero esservi lettori di taglio umanistico  che ancora rimangano dubbiosi  sul contenuto olistico del presente scritto,  e si pongano l’interrogativo di cosa sia mutato nella mente dei poeti, degli scrittori,  degli artisti che abbiano frequentato il nostro golfo,  e ne abbiano  assorbito le frequenze, cercherò di analizzare anche questa interessante domanda, di non certo facile risposta. Con grande dolore si deve prendere atto che Shelley, il “cor cordium”,  ha interrotto prematuramente la sua  esperienza nel golfo. Non ci resta quindi che una evidente  considerazione, cioè che egli abbia voluto deliberatamente  sfidare il destino, con due violazioni delle tradizioni del mare, una di natura  superstiziosa,  quale quella di non cambiare mai nome ad una barca o ad una nave, ed una di natura  illogica sul coefficente di stabilità trasversale, quale quella di far innalzare l’albero della vela per migliorare la velocità a scapito della sicurezza, facendo aumentare il rischio di  “fare scuffia”. E questa illogicità appare a noi, gente di mare, tanto più illogica e incomprensibile, sapendo che egli non sapeva nuotare. In lui ha vinto l’eros della velocità, stimolato dalle elevate frequenze vibrazionali che egli viveva nel golfo, frequenze che emergono  nella bellissima “Ode al Vento dell’Ovest”. Liberazione quindi di una volontà estrema, liberazione dai limiti che la natura ha imposto all’uomo, liberazione di istanze titaniche, quasi voler volare sulle ali dell’albatros. Egli infatti scrive di sé stesso:

Woe is me?

The winged words on which my soul would pierce

Into the heights of love’s rare universe

Are chains of lead around its flight of fire.

I pant, I sink, I tremble,  I exipire![48]

Egli si sente incatenato e non può raggiungere le vette del  raro amore universale.  I critici inglesi riconoscono che nel mare del golfo, nella baia  di San Terenzo, “dove la musica, il chiarore lunare e il sentimento sono un tutt’uno” (Where music and moon-light and feeling are one)   Shelley ha trascorso i suoi giorni più felici. Qui egli ha sperimentato salute fisica e serenità di spirito. Qui il suo spirito si è liberato.  Una indiretta conferma di ciò si può leggere nella lettera che Mary Shelley ha scritto il 1° maggio 1839, successiva quindi alla morte di Shelley, all’amica Maria Gisborne. L’ultimo capoverso così recita: “La bellezza del luogo, per essere così prorompente, non sembrava di questa terra: la distanza da ogni traccia di civiltà, il mare ai nostri piedi, i suoi mormorii o il suo ruggire sempre nei nostri occhi, tutte queste cose inducevano la mente a meditare su strani pensieri e sollevandola dalla vita di ogni giorno, la portava a familiarizzare con l’irreale”. Mary cerca di trovare la spiegazione di ciò nel ritmico rumore del mare, ma dimentica la congiunta azione dei raggi solari, che, se percuotono per molte ore soggetti di carnagione chiara e con occhi chiari, possono indurre il cervello in uno stato di grande eccitazione. A ciò si aggiunga l’effetto delle frequenze indotte dalla spiaggia di quarzite rosa di San Terenzo, così profondamente descritto da Lawrence nella lettera a Henry Savage del 1913, che per maggior chiarezza, ancora si ripropone:[49]

“Scritto da bordo del vaporetto “Unione Operaia”.

È un meraviglioso mattino, con un grande, piatto, massiccio mare blu e strane vele lontane, con una

profonda luminosità di perla, e San Terenzo  tutto scintillante di rosa sulla spiaggia. È così bello che fa quasi male”.

Che si possa palare di una “liberazione”, in questo caso collettiva, dal loro essere “inglesi”, o meglio nobili inglesi,   lo si deduce dal tenore di un’altra lettera, in cui Mary scrive:

 “Ora viviamo  senza problemi alla giornata, assaporando la bellezza del luogo, in una specie di ordine disordinato”.[50] Innegabilmente queste testimonianze dimostrano che sono intervenuti cambiamenti nel modo di sentire e nel modo di comportarsi. Dalle narrazioni del marinaio Barba Bepe e dalla domestica Maria, riportate nel manoscritto della rappresentazione teatrale “La scelta di Shelley” (Shelley’s Choise) curata da Guido Guarini, presidente della Associazione Culturale “Trabastia” di San Terenzo,  si legge che spesso Shelley usciva all’aperto a fare il bagno nudo, ed una volta a Lerici rischiò di morire, perché si tuffò, nudo,  ove l’acqua era profonda ma fu salvato da un pescatore che si gettò in mare vestito e lo trasse a riva trascinandolo per i lunghi capelli biondi. Il poeta, quasi arrabbiato (così ha  narrato il pescatore a  Barba Bepe) prese i pantaloni e scappò via, senza ringraziare. Il commento del pescatore induce a pensare che Shelley     quasi si volesse suicidare nel mare: “come se tiandolo foa da l’aigua lu i gavese robà quarcò, forse er so dirito de vive e moie come i oreva” (come se tirandolo fuori dall’acqua egli [il pescatore] gli avesse rubato qualcosa, forse il suo diritto di vivere e morire come egli [Shelley]  voleva). Nel leggere questo racconto viene a mente un episodio accaduto qualche anno fa nella cava del  Mandraccio, sul Muzzerone,  sopra Porto Venere. Un professore tedesco, vivendo l’energia di picco  di quel punto magico, si tolse le scarpe e si gettò in mare dall’alto dei trecento metri dello strapiombo, morendo nell’estasi di quel luogo, marcato  dal toponimo sacro della liturgia paleo-umbra. Mandraclo o  mantrahklu sta a significare, secondo il Maruotti,  tovaglia sacrificale, mentre per Ancillotti e Cerri sta per   strumento per tergere le mani.[51] Si noti come nel testo di F. Chamoux – La civiltà della Grecia arcaica e classica si legge: “Gli assistenti del sacerdote si lavano le mani per purificarsi…”(pag. 186).  Nel leggere le stranezze di comportamento di Shelley, molta gente pensa che questi anomali comportamenti dipendano dall’uso di stupefacenti. Dai racconti della domestica Maria e del marinaio Beppe (nel dialetto santerenzino “barba” sta per zio o per uomo saggio) non sembra trasparire ciò.

Nel poema iniziato a San Terenzo “The Triumph of Life”  (Il trionfo della vita) cui Shelley si dedicava quando stava  in barca,  egli ha espresso l’attitudine della mente a vivere la pace mediante  la passione di una introspezione guadagnata attraverso la sofferenza e attraverso l’errore vissuto e superato. In ciò è contenuto, quasi imbalsamato, il vero spirito  dell’Italia che fu così caro al cuore di Shelley e che fu innegabilmente  così creatore di potenza nella sua vita. Questo spirito gli impose di gridare “Then, what is Life?” (ma allora, cosa è la Vita?). Ma questa risposta è  rimasta inevasa, perché la sua barca è stata capovolta e fatta naufragare dal fortunale  che lo ha colto dopo aver lasciato il porto di Livorno al mezzogiorno dell’otto  luglio 1822. Perché egli fece quel viaggio? Per andare a trattare il progetto, deciso e finanziato  con l’amico Byron,  di fondare a Pisa la rivista “Il Liberale”, facendo venire in Italia lo sfortunato amico Leigh Hunt come editore della stessa. Hunt aveva la moglie invalida e ben sette figli e poteva trovare così una buona sistemazione, anche climatica, tenendo conto della malattia della  moglie.  Dopo aver preso atto che Hunt si era ben sistemato in Pisa, Shelley intraprese il viaggio di ritorno, che gli fu fatale. La volontà di dare vita al progetto della rivista costituisce  ulteriore prova della forza delle dinamiche mentali  che si liberano in quella  “divina”  baia ove egli leggeva, veleggiava ed ascoltava musica incantevole (I still inhabit this divine bay, reading Spanish dramas, and sailing, and listening to the most enchanting music).[52]

La liberazione di dinamiche mentali, la maturazione di volontà rese difficili dalla tempesta interiore  che il dubbio genera, è una esperienza che  emerge anche dai racconti di molti, fra le persone che vengono ad assistere al fenomeno dell’apparizione della <farfalla dorata> nel sito di San Lorenzo al Caprione, sito che è  posto su una delle” master-faults” attraverso le quali si è aperto, in tempi remoti, il Mar Tirreno. Peccato che anche Lawrence, con l’avvicinarsi del rombo della Prima Guerra Mondiale, dopo aver preso atto delle restrizioni e dell’imprigionamento, seppur temporaneo, di amici inglesi che venivano a trovarlo, decise di lasciare Fiascherino, impedendoci di poter fare analisi più lunghe sulla sua produzione letteraria. La testimonianza nobile e  chiara fornita dal vissuto di Shelley potrebbe collimare con l’ardimento di Byron, che volle  recarsi con il suo battello in Grecia per sostenere la rivoluzione dei patrioti greci. Ed a Missolungi ebbe fine la sua esperienza di vita. Qualcuno potrà rimanere dubbioso su questo accostamento, ma nella successiva  storia del Risorgimento italiano gli eroici sacrifici dei patrioti lericini e santerenzini ne sono conferma. Ben otto furono i caduti della spedizione dei Trecento di Sapri. Numerosi furono gli atti di coraggio compiuti dai nostri patrioti fra i Mille, tanto che Garibaldi ebbe a dire: “Primi fra i migliori gli uomini di Lerici!”. Mazzini, organizzatore più che combattente, dal canto suo esclamò, mentre in nave viaggiava davanti alla nostra costa: “Lerici, castel di vita!”.[53]  Egli ben sapeva quale era stato l’aiuto ricevuto dai padroni di legni mercantili lericini nel trasporto  delle  armi e del  denaro    necessari per la rivoluzione. Il padrone  lericino Ambrogio Giacopello dovette emigrare esule in Marsiglia, per non essere imprigionato per i servigi resi a Mazzini. Sui legni lericini si imbarcavano a Genova i giovani patrioti per venire sottoposti alla visita di idoneità che veniva svolta  dal medico Bolognini. Da dove nasceva tutto  questo attivismo? Perché quando in Italia, nacquero le Società di Mutuo Soccorso,  fra le prime dieci ben due appartenevano a Lerici   (la Società Marittima e la Società Operaia)? Aggiungiamo ancora che un grande scrittore, noto in tutto il mondo come fondatore dell’antropologia, igienista sommo,  precursore anche del nutrizionismo, Paolo Mantegazza, scelse San Terenzo come sua dimora, dopo aver viaggiato  nei luoghi più belli e più famosi del mondo. Stupisce che egli, in una sua lettera del luglio 1897,  si sia lasciato andare  a espressioni che più attengono ai poeti anziché agli scienziati:

“Nessun bagno vi è più poetico, più fresco, più adamantino; è come tuffarsi nello zaffiro liquido…

È un alternar sempiterno di freschi tepori  e tiepide frescure che incanta, che solletica e che innamora…”.[54] Bagno adamantino (che non si doma), zaffiro liquido (gemma divenuta liquida)  tepori…freschi (un ossimoro, cioè una espressione “acutamente folle”, che contiene due termini semanticamenti contrari)   e frescure… tiepide (altra antitesi) ci riportano ad atteggiamenti sinestetici. Diremo ancora  che   rafforzano in ogni modo questa nostra  convinzione i versi di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, il poeta lunigianese che dettò il testo della lapide che si legge sulla facciata della Casa Magni, la bianca casa ove abitò Shelley:

 

DA QUESTO PORTICO

IN CUI SI ABBATTEVA L’ANTICA OMBRA DI UN LECCIO

IL LUGLIO MDCCCXXII

MARY GODWIN E JANE WILLIAMS

ATTESERO CON LAGRIMANTE ANSIA

PERCY BISSHE SHELLEY

CHE DA LIVORNO SU FRAGIL LEGNO VELEGGIANDO

ERA APPRODATO PER IMPROVVISA FORTUNA

AI SILENZI DELLE ISOLE ELISEE

 

O BENEDETTE SPIAGGE

OVE L’AMORE, LA LIBERTA’, I SOGNI

NON HANNO CATENE

27 OTTOBRE 1907

 

L’apporto semantico dell’ultimo verso appare chiarissimo, e corrispondente,  in senso liberatorio, al verso di Shelley precedentemente citato, in cui il “Cor Cordium” stigmatizza il peso delle catene di piombo:

Are chains of lead around its flight of  fire.

Si noti come questa affermazione nasca dall’animo di un altro  poeta e non sia  frutto di elaborazioni di  taglio  scientifico.

 

 

Bibliografia specifica:

 

Augusto Ancillotti & Romolo Cerri – Le Tavole di Gubbio e la civiltà degli Umbri – Edizioni

                             Jama, Perugia, 1996 

Armando Baldassarii, Enrico Calzolari et alii – Misteri di Lunigiana…quella divina lasagna – Luna

                            Editore, La Spezia, 1998 

Sergio Berti -  articolo “Misura della Heart Rate Variabulity (HRV) come indicatore attendibile

                           delle interazioni tra uomo e ambiente “ – Bollettino n° 63 della Asociacion de

                           Estudios Geobiologicos GEA – Benicarlò (Spagna), 2009  

F. Chamoux -     La civiltà della Grecia arcaica e classica – Sansoni, Firenze, …….. 

Enrico Calzolari – Lerici, la storia in fotografia – Vol. I – Luna Editore, La Spezia, 1991 

Enrico Calzolari – Gulf of the Poets: The Magic of  Caprione – Coedital, Genova, 1995 

Roberto Chiari -  Struttura della Terra – appunti per studenti di geologia, Università di Parma, 1990 

Roberto  Chiari - Percorsi percettivi nelle Terre del Monferrato  (31 ottobre – 2 novembre

                             1998) – Dispensa per corso residenziale di geo-biologia,  Vignale Monferrato 

Paolo De Nevi -   Magiche Cinque Terre – Luna Editore, La Spezia, 1999 

Guido Guarini – La scelta di Shelley (Shelley’s Chosse) – manoscritto della rappresentazione

                            organizzata in San Terenzo, nel Parco Shelley, nell’estate 2008.   

Robert Lawlor -   Voices of the first day. Awaking in the Aboriginal Dreamtime – Inner Tradition

                             International Ltd, Rochester, Vermont (U.S.A.), 1991 

David Herbert Lawrence – Selected Letters – Penguin Books, Middlesex, London, 1976 

Gerardo Maruotti – Italia Sacra Preistorica, la dimensione europea delle Tavole di Gubbio –

                              Amministrazione Provinciale di Capitanata, Foggia, 1990 

Anna B. Mc Maham – With Shelley in Italy – Benneson Mc Maham, London, 1905 

Brian Sykes – The Seven Daughters of Eve, The Science that reveals our genetic Ancestry –

                             W.W. Norton & Company, New York, 2001  

Virginia Woolf -  The Sickle Side of the Moon – The Letters of Virginia Woolf (1932-1935) – Vol.

                             V – Nigel Nicolson & Joanne Trautmann Editors, London, 1979


 

[1] Secondo l’acuta definizione di  uno studioso, che non ama essere citato, l’artista è un “un disadattato civile, un superadattato a quella Vita da cui fu concepito ed a cui si rivolge come suo principale interlocutore”.

[2] Platone, nel “ Simposio” riporta quanto sostenuto da Aristofane, cioè  che all’inizio esisteva l’androgino, mito che si ritrova in molte credenze e religioni. Zeus divise a metà gli androgeni e da ciò nasce la radice dell’amore, inteso come ricerca dell’interezza dei due principi umani, cioè la somma alchimia del principio duale esistente in natura, cioè la essenza profonda, strutturale,   del numero due, la cui simbologia, secondo Marija Gimbutas,  è presente fin dalla preistoria nei petroglifi.

[3] Nella teologia cristiana la spinta verso l’intierezza si realizza con la ricerca di Dio e l’unione con lui, concessa non solo ai mistici, ma a tutti i credenti (Giovanni,14-21: a colui il quale mi ama Io a lui mi manifesterò – trad. Deodati). Per chiarezza definiamo Amore quello che coinvolge i santi ed i mistici di ambo i sessi che hanno scritto pagine profonde sulle loro esperienze spirituali.  Si  leggano in proposito le pagine di  Santa Teresa  d’Avila, assunta a “dottore della chiesa” nel 1970 (assieme a Santa Caterina da Siena,  quando venne a cadere l’obiezione ostativa di Pio XI: “lo impedisce il loro sesso”). Sono pagine  che paiono come un “manuale di procedura” della esperienza  dello Spirito (che ella suddivide in sette case o stadi) similmente  a quanto viene prescritto  nelle istruzioni  per far funzionare una macchina o un sistema operativo.

[4] inseritasi ad un certo momento della storia  umana secondo la tradizione semitica, ma più recenti studi  tendono ad accreditare come verità rivelata la sola parte della Bibbia che tratta  delle vicende del popolo ebraico, e non la parte inerente alla creazione.

[5]  Gesuita francese (1881), filosofo e paleontologo evoluzionista, fu dapprima esiliato e considerato eretico, ma dopo la morte, avvenuta a New York nel 1955, fu considerato un grande teologo. 

[6] Fritz Albert Popp,  biofisico tedesco studioso dei meccanismi molecolari e dei biofotoni, perfezionò gli studi fatti parecchi decenni prima dal biologo russo Alexander Gurwitsch. Studiò come molti sistemi biologici siano capaci di produrre, ricevere e immagazzinare onde elettromagnetiche come la luce. Sostenne che la luminescenza è la dimostrazione dell’esistenza di un campo elettromagnetico che gioca un ruolo nella promozione e nel controllo dei processi degli organismi viventi.

7 È un neurotrasmettitore presente nel sistema nervoso centrale (i neurotrasmettitori sono sostanze che veicolano le informazioni tra le cellule del sistema nervoso e possono essere eccitatori o inibitori).  La serotonina aiuta a dormire bene, regola la temperatura interna del corpo e dei vari organi, regola la motilità intestinale, il meccanismo della nausea e del vomito, la contrattura dei vasi sanguigni, il sonno, l’appetito, la sessualità. Ha a che fare con l’emicrania, la depressione, l’ansia e la eiaculazione precoce. 

 [8] I medici energetici francesi G. Altenbach e B. Legrais hanno indicato i siti sacri della Alsazia e dei Vosgi come Les hauts lieux  vibratoires  de la santé.  

[9] Esseri dotati di intelligenza che provengono dallo spazio extraterrestre. Dapprima confinati nella fantascienza,  sono oggi oggetto di resoconti precisi e dettagliati che alcuni governi stanno pubblicando, rompendo il segreto militare che finora ne aveva vietato la divulgazione. Si noti come il Vaticano abbia istituito in Canada la prima cattedra al mondo di esobiologia  (studio della  vita  nello spazio extraterrestre) e recentemente  abbia definito compatibile con l’essenza della Rivelazione l’esistenza  di tali esseri viventi.

[10] La faglia è una spaccatura del terreno in cui uno dei due lati  è fermo mentre l’altro si muove, o si è mosso, con tempi secolari, sia in senso  verticale sia in senso orizzontale. Il movimento relativo è chiamato “dislocazione” e la misura dello  spostamento  è chiamata “slip”.

[11] La litosfera (la parte più esterna della terra) è formata dalla crosta e dalla parte superiore di questa, detta mantello, che è fratturata in enormi pezzi. Questi vengono detti placche o zolle. Il nostro territorio si trova a margine della zolla africana, che viene qui in contatto con la zolla europea, generando spinte di pressione.

[12] Roberto Chiari -  “Struttura della Terra”,  appunti per gli studenti di Geologia – Università di Parma, 1990.

[13] Una molecola o un atomo che siano carichi elettricamente vengono detti “ioni”. Questo termine venne usato per la prima volta da Svante August  Arrhenius nella sua tesi di dottorato ad Upsala nel 1884, che fu  rigettata per cui passò con il minimo dei voti, ma per cui nel 1903  ebbe il Premio Nobel per la Chimica. Le molecole o gli atomi prendono una carica elettrica di segno positivo o negativo a seconda se hanno perso o guadagnato elettroni  rispetto all’atomo neutro (l’elettrone è una particella subatomica che ruota attorno al nucleo  dell’atomo). In ambiente naturale tutte le molecole e gli atomi vengono bombardati  da radiazioni provenienti  dalla crosta terrestre. In un atmosfera equilibrata

gli  ioni positivi e quelli  negativi devono essere in proporzione di 5 a 4. Nella situazione attuale delle città si ha un eccesso di ioni positivi (carica statica)  che è dannoso per il corpo umano. Andando nel bosco o spostandosi al di sopra dei 600 metri di altezza si ha un riequilibrio perché l’aria è ricca di ioni negativi.

[14] Pitagora (Samo 575 a.C. – Metaponto 495 a.C.) fu matematico, filosofo, legislatore. Egli sosteneva che la materia ultima della realtà fosse il numero, generatore di armonia attraverso la proporzione dei valori, il logos greco, cioè la ratio latina.  Egli tramandava il sapere ai discepoli della sua scuola di Crotone  in forma orale. Gli studiosi moderni hanno compreso che la  crescita delle foglie avviene secondo quella che viene chiamata “spirale vegetativa” e l’angolo con cui le foglie si innestano nel ramo avviene secondo un preciso numero detto “angolo aureo” (137,5°). Questo dato deriva dall’equazione 360° x (1 – 0,618034). Il numero 0,618034 deriva dalla sottrazione fra il numero 1,618034 e l’unità, oppure dal rapporto 1/1,618034, che è il cosiddetto “numero aureo”, detto nel Medioevo   “divina proportione”. 

[15] Si noti come la pigna sia  anche considerata  simbolo dell’androgino, come pure l’uroboro (il serpente che si morde la coda).

[16] L’Olismo (dal greco holon = tutto) è una posizione filosofica secondo la quale l’intero è del tutto superiore rispetto alla somma delle sue parti, cioè le proprietà di un sistema (ad esempio il sistema biologico uomo) non possono essere spiegate soltanto mediante l’analisi delle sue componenti (ad esempio gli organi del corpo umano). Molti razionalisti rifiutano questo concetto.

[17] Quest’ultimo è noto perché  studiò la serie numerica che assume l’appellativo di “Serie di Fibonacci” (1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, ecc.). Anche negli animali si rinviene una simile coincidenza di sviluppo numerico, specie nei gusci delle chiocciole e del Nautilus (famiglia dei Nautilidae).

 

[18] Raphael Eduard Liesegang, chimico e fotografo tedesco (1869-1947) noto per aver individuato gli “anelli” colorati che portano il suo nome , che si formano ritmicamente nel precipitato di cloruro di argento quando una goccia di nitrato di argento è aggiunta sulla superficie del gel (gelatina, agar o silica gel) per interferenza  delle onde gravitazionali.

[19] Il “quanto” (plurale quanti, in inglese quanta) è un pacchetto di energia che è stato identificato dal fisico Max Karl Ernst Ludwig Planck (1858-1947) negli scambi fra materia e onde. Il “pacchetto di energia” viene anche indicato come

“quantità discreta di energia”, in quanto non si tratta di energia a flusso continuo. Ogni “quanto”  possiede una energia

che  è proporzionale alla frequenza dell’onda. Da queste conoscenze è nata la nuova “fisica quantistica”.

[20] L’attenzione ai fenomeni di riflettanza da parte degli uomini della preistoria  è emersa nella presenza di una vasca  nel sito di paleoastronomia di Poggio Rota (Pitigliano) attribuito alla civiltà Rinaldoniana, in cui al tramonto del solstizio d’inverno la luce del Sole si riflette sullo specchio d’acqua, generando risposte energetiche che vengono catturate dalle fotografie scattate con le moderne macchine digitali.

[21] Un esempio di fenomeno elettronico è il trasferimento di elettroni necessario per far passare lo stato del metallo “ferro” da ferroso  a ferrico. Si tratta di una  trasformazione chimica da ferro bivalente a ferro trivalente che avviene in presenza di ossigeno. Si noti che il ferro è uno dei  metalli  più abbondanti nella crosta terrestre. Nel nostro territorio segnaliamo in proposito la miniera del Corvo, già utilizzata dai Romani ed ancora in uso nel Medioevo da parte degli uomini di Barbazano (si veda il contratto di Moroello del 1281) nonché la fonte ferrosa della Ferrara, la cui acqua  venne anche imbottigliata agli inizi del Novecento, e che sembra aver determinato,  con la presenza dei  propri fanghi curativi, addirittura la  firma di un atto notarile pubblico del marzo dell’anno 1000, da parte  di Adalberto dei  Marchesi Obertenghi di Vezzano Ligure, redatto nell’attuale toponimo Pantaié  del territorio di Ameglia, lungo la sponda del fiume, ove egli con molta probabilità si recava  per i benefici della fango-terapia (Actum loco Pantaleo feliciter).

 

[22] Un esempio di fenomeno vibrazionale è l’oscillazione  dei gruppi chimici  che subiscono una eccitazione da radiazioni elettromagnetiche.  Sarà  bene ricordare, per le successive elaborazioni di questo dialogo,  che i gruppi chimici vibranti più importanti sono l’acqua (H-O-H),  l’ossidrile (O-H) con i metalli ad esso legati, cioè Alluminio (Al-O-H), Magnesio (Mg-O-H), Ferro (Fe-O-H).  Per capire perché la materia, interagendo con la radiazione elettromagnetica, assorbe o emette energia, occorre chiarire che se la materia fosse perfetta, l’eccitazione elettromagnetica non avrebbe alcun effetto permanente su di essa. Infatti, passato il flusso di radiazione, gli elettroni ed i gruppi vibranti eccitati  ritornerebbero ai livelli e nei siti della materia precedentemente occupati. Poiché la materia non è perfetta nella sua struttura, si avranno conseguenze (reazioni chimiche di assorbimento, di soluzione, di scambio ecc.) che renderanno la materia capace di interazioni  (cioè la materia che  vive, che pulsa, reagendo a queste variazioni).(nozioni liberamente tratte da appunti  delle lezioni del prof. Roberto Chiari presso l’Università di Parma)

 

[23] riguarda la conformazione delle rocce  del territorio

[24] riguarda la composizione chimica delle rocce

[25] riguarda come e dove le acque  siano situate   nel territorio

[26] riguarda la composizione dell’acqua, in termini quantitativi e strutturistici.

[27]  Nel  fondo degli oceani esistono acque formatesi  sette milioni di anni fa, che non si mescolano con le acque più recenti. Ciò dipende dalla struttura polimerica dell’acqua, che impedisce la miscibilità  di acque con strutture polimeriche diverse (polimero, dal greco = molte parti, è una macro-molecola fatta da un grande numero di piccole molecole, dette monomeri, eguali fra di loro o diverse, i copolimeri, unite a ripetizione secondo lo stesso tipo di legame). Questa impossibilità di mescolarsi fra i diversi tipi di acqua da luogo alle correnti oceaniche, che si comportano come veri e propri fiumi subacquei  che scorrono negli oceani, creando con la loro risalita o discesa le variazioni climatiche.  Le nostre proteine sono polimeri naturali. Il fisico italiano Natta è il padre dei polimeri sintetici.

[28] I microtubuli delle proteine sono corpi filamentosi cilindrici e cavi, che possono alternativamente polimerizzarsi e depolimerizzarsi (ancora una volta emerge  il sistema duale, che tanto ha influenzato la simbologia, fin dalla preistoria). 

[29] Per aiutare a  capire cosa significhi lo stato di  “decoerenza” occorre prima avere presente il significato di “coerenza”. Si pensi di essere alla Serra di Lerici  per la festa di San Giovanni Decollato, ove tradizionalmente si mangiano le lumache, e di trovarsi di fronte ad un secchio di lumache vive, in cui,  ad un preciso  momento, per uno stimolo esterno, tutte le corna delle lumache si dirigano verso la stessa direzione! Questa è una immagine di “coerenza”.

[30] tutto il corpo è infatti  una antenna ricettiva. Si pensi alla importanza della  cromoterapia e agli studi di fototerapia del Premio Nobel danese Niels Finsen.

[31] I “luoghi alti sacrificali” erano luoghi di grande panoramicità ed aperti per almeno tre quarti di orizzonte, posti contigui, e superiormente elevati, rispetto agli specchi d’acqua, siano essi  fluviali o palustri o marini.

[32] dal “quaderno del territorio” a titolo “Misteri di Lunigiana…quella divina lasagna”. Il verbo arencagnase (rattrappirsi per la fame) corrisponde al rencagnì spezzino ed è simile alle voci  arengrinase (rattrappirsi dal freddo) secondo il dialetto di Tellaro, arengrinzarse dei dialetti di Sarzana, Castelnuovo Magra e Fosdinovo e rengrenzie di Arcola (dal longobardo  grimmison, corrugare, come per la voce italiana grinza).

[33]  Con quel livello del mare il Canale della Manica non esisteva, essendo la massima profondità attuale di 100 metri presso l’estremità delle isole Scilly, come dimostra la Carta Nautica dell’Ammiragliato Inglese “International Charts” - “British Isles”, per cui le isole britanniche erano inserite  nel continente e raggiungibili quindi a piedi senza doversi attraversare alcun braccio di mare.

[34] si prenda atto, ancora una volta, della “continuità del sacro” che si verifica  in alcuni luoghi particolari fra la preistoria ed il primo cristianesimo.

[35] Ciò avvenne durante il soggiorno fatto poco prima dello scoppio della  Prima Guerra Mondiale  a Tellaro, o meglio a Fiascherino, nel Villino Sturlese-Gambroisier, successivamente distrutto  per la costruzione di una villa. Contrariamente al vero, si indica oggi, come residenza di D.H. Lawrence e della sua compagna baronessa  Frieda von Richthofen,  la casetta, egualmente rosa, che è sulla spiaggia, nella quale viveva invece la famiglia della  governante.

 

 

[36] Le Tavole di Gubbio sono sette tavolette bronzee scoperte nel 1444 nell’area del teatro romano di Gubbio, che contengono il più lungo testo della ritualità di genti pre-etrusche dell‘Italia centrale, che provenivano  dalla pianura ove oggi è il  Mar Nero, quando questa fu invasa dalle acque.   Queste genti, chiamate in passato Osco-Umbri, vengono oggi  indicate come Paleo-Umbri quando si  identificano durante  la migrazione fino alla Lunigiana, per poi chiamarle Umbri o  Safini  nella loro fase di insediamento nell’odierna Umbria. Le Tavole eugubine sono state trascritte da Giacomo Devoto nel 1940, lasciando molti studiosi  increduli o indignati, ed altri affascinati, come Colin Renfrew che così le definisce nel suo libro “Archeologia e linguaggio”: “l’affascinante ed esteso testo scritto sulle tavolette bronzee di Gubbio”.

[37] dialettalmente, per quelli di Campiglia, il nome dello scoglio è  “a Gagiarda”.

[38] numerosi sono in letteratura i casi di malesseri di fronte a visioni architettoniche (si pensi alla sindrome di Stenhal) o di quadri,  o addirittura di suicidi, come avvenne dopo l’ascolto della V sinfonia di Beethoven.

[39] Robert Lawlor, Voices of The First Day, Awaking in the Aboriginal Dreamtime, pag. 382

[40] Robert Lawlor, ibidem

[41] inclini a considerare gli studiosi del “genius loci” come dei veri e propri Amish.

[42] cioè beni a fruibilità illimitata, perché non consumabili dal tempo, quindi continuamente usabili.

[43] deceduta a cinque anni a Bagnacavallo (Ravenna) ove viveva in un collegio di suore, perché il padre, pessimo padre,

ma soprattutto la madre (pessima madre)  rifiutò di tenerla con sé.

[44] Così è chiamata la  casa in cui Shelley si sistemò, di colore bianco, con gli archivolti in cui penetravano le onde quando  il mare diventava mosso. Dal porticato, con un pontile, si saliva direttamente sulla barca ad esso ormeggiata.

Così la descrisse  Virginia Woolf in una lettera del 12 maggio 1933: “Egli scelse un porto, una baia; e la sua casa con una terrazza nella quale Mary riposava, che da sul mare…e la più solitaria casa posta proprio di fronte alla traversia del mare…Ad ogni modo penso che abbia trovato nella sua via una casa da grandi uomini “.

[45] Egli,  improvvidamente,  aveva voluto prima cambiare il nome alla barca, cosa che per i  marinai, superstiziosi,  non si deve mai  fare,  inoltre aveva voluto innalzarne  l’alberatura per renderla più veloce, contro il parere del maestro d’ascia costruttore. Con grande rammarico degli studiosi del Romanticismo europeo, l’embrione di museo shelleiano, inizialmente collocato dopo la Seconda Guerra Mondiale  nel piano terreno della “Casa Bianca”, per il disinteresse dei nostri “incolti” amministratori,  fu trasferito in Inghilterra.

[46] Robert Lawlor – Voices of the First Day. Awaking in the Aboriginal Dreamtime, pag. 139

[47] Secondo alcuni si stanno facendo esperimenti militari per risvegliare il cervello rettiliano.

[48] Anna B. Mc Maham -   With Shelley in Italy, pag. [xx]

[49] Enrico Calzolari – Lerici, la storia in fotografia, vol. I - scheda didascalica della  fotografia  n° 42  

[50] Guido Guarini – La Scelta di Shelley (Shelley’s Choice) – pag. 11 manoscritto per la rappresentazione fatta a San Terenzo nel Parco Shelley, nell’estate  2008.

[51] Gerardo Maruotti – Italia Sacra Preistorica, la dimensione europea delle Tavole di Gubbio;  Ancillotti & Cerri – Le Tavole di Gubbio e la civiltà degli Umbri;

[52] Lettera a Horace Smith del 29 giugno 1822 riportata in  Anna B. Mc Maham, ibidem, pag. 279

[53] Enrico Calzolari – Lerici, la storia in fotografia, pagg. 22 - 23

[54] Guido Guarini – La scelta di Shelley (Shelley’s Choise), pag. 8 del manoscritto della rappresentazione teatrale

    organizzata in San Terenzo, nel Parco Shelley, dalla Associazione “Trabastia”.

 

 

 

 

 

 FANNY   D’ALBANA  (LE  ROSSE)

   

 Sul fondo della conca d'Albana, dove si incontrano i territori della Spezia e di Portovenere spartendosi le balze di pietra rossa, c'era un tempo il fertilissimo orto dei monaci di San Venerio. Le colture non sono state ancora sfrattate dalla terra d'Albana, dove s'ammira un vigneto in bell'ordine che produce vino bianco secco "Cinque Terre" e passito "Schiacchetrà" o come si dice a Tramonti di Campiglia "Rinforzato". Il disciplinare della Doc (denominazione di origine controllata) riferito al territorio delle Cinque Terre perimetra, infatti, quelle fasce di viti albarola, bosco e vermentino sorrette da muri a secco di pietra arenaria. Tra pergole e filari spicca una casetta dal tetto rosso, ricca di storia, avendo accolto a lungo i discendenti di San Venerio ed essendo stata dimora, successivamente, di due interessanti personaggi. Le terre d'Albana (citate in un documento del 1214, scritto in latino) appartennero per un certo periodo ai monaci dell'Isola del Tino e poi agli Olivetani delle Grazie: il 6 maggio 1432, infatti, il monastero dei Tino fu unito a quello degli Olivetani, da poco fondato da una comunità proveniente da S. Girolamo di Quarto. Quando il dominio della Repubblica di Genova si consolidò nel territorio di Portovenere, l'Albana divenne proprietà di nobili famiglie genovesi. Evidentemente poco interessate, la cedettero a piccoli lotti a contadini e pescatori di Portovenere, i quali, poco alla volta, donarono i rispettivi appezzamenti ai monaci di S. Venerio affinché pregassero per le loro anime e, una volta defunti, officiassero messe di suffragio. Nel periodo in cui la Liguria fu occupata dai Francesi ed in conseguenza del contestuale scorporamento dei beni della Chiesa ad opera di Napoleone, l'Albana fu ceduta dall'Imperatore ad un suo fedelissimo e valoroso soldato, il capitano Boccardi: la Famiglia Boccardi si estinse con Fanny. La bella Fanny respinse corteggiatori blasonati e dalla borsa gonfia per sposare il proprio fattore, molto più anziano di lei, ma che possedeva la qualità per rendere ricca la terra d'Albana. Rimasta presto vedova, dinanzi al progressivo degrado del fondo l'ancor piacente signora cercò amore e sicurezza economica in un giovane Ammiraglio della Regia Flotta, che di lei s'era invaghito al punto di giocarsi la carriera. Si racconta infatti che egli prese l'abitudine di andare a trovarla con la nave, gettando l'ancora di fronte alle scogliere e guadagnando la riva con un barchino: ma, una volta, si levò improvvisa la burrasca e la nave, senza il suo ammiraglio a bordo, s'incagliò. Invano, poi, il comandante in seconda e l'equipaggio al completo cercarono di scagionarlo, asserendo che mai s'era assentato . La notizia delle avventure d'amore corse e l'alto ufficiale venne rimosso. Fu peraltro contento. Innamorato di Fanny, poté infatti starle sempre vicino. A Campiglia la storia dell'Ammiraglio è stata ricordata a lungo, storia conclusaci poi amaramente. Traversie economiche ridussero Fanny al punto di non poter più pagare le tasse, per cui la tenuta dell'Albana fu messa all'asta e passò di proprietà: il fortunato acquirente fu Gaetano Bertonati che veniva da Carpena (gloriosa podesteria al tempo della Repubblica di Genova) e che aveva costruito una fortuna scavando e vendendo pietra arenaria. Egli stesso  costruì strade e palazzi con quella pietra. A lui, del resto, l'Albana interessava non per il vino buono, ma per il ricco filone di arenaria che la solcava: fra il 1928 – 1929 il figlio Cesare costruì per sé, a metà vallata, naturalmente impiegando pietre d’arenaria, un castello che esiste tuttora ed è ben tenuto. Lui tuttavia non lo terminò di proposito, non osando sfidare le profezie di una zingara che predisse sventura se la casa fosse stata completata. (Bibliografia consultata: “ Il mare segreto delle 5 Terre” di Luciano Bonati)

 

      

 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 16-10-09