Le sirene di Tramonti

10-06-12

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UNA LEGGENDA "LE SIRENE DI TRAMONTI"


 

Di  Elena Marengo

Si era alzata all’alba, come sempre. Quella mattina aveva deciso di andare a cercare ossa di animali nel bosco lì vicino: aveva bisogno di soldi e le avrebbe vendute a quelli che facevano il sapone a Biassa. Era il fondo di una primavera voluttuosa, spessa e morbida. Malgrado ci fosse ancora la guerra. Dicevano tutti che stava per finire, che presto da Cassino con l’aiuto dei partigiani, gli americani sarebbero arrivati fin lì, anche da loro perché no, e così tutto sarebbe stato meglio. Elia non riusciva ad immaginarseli questi americani, foresti che chissà se venivano davvero e poi bastavano i partigiani e loro lei li conosceva. Lei sapeva soltanto la sua terra. Ogni volta che la prendeva in mano le sembrava carne, ogni volta che ci affondava i piedi nudi le sembrava un soffice tappeto da regina, accogliente e riposante. E quando la lavorava era la sua condanna, la sua salvezza: solo spezzandosi la schiena per prenderla alle pietre e farla partorire si sentiva forte e sana. Lei sapeva la sua aria. Ogni volta che la respirava le sembrava di inghiottire erbe e fiori vento e lacrime di mare. La accoglieva in sé con ebbrezza, alzava le braccia e la ascoltava passare sul suo corpo, e il piacere la faceva sorridere ad occhi chiusi. E aveva il mare. Il suo mare. Ogni volta che apriva la porta di casa, lassù a Fossola, e lo guardava dall’alto ne sentiva la profondità e l’immensità. Scendere per il sentiero scosceso e non facile, attraverso gli orti e i vigneti a terrazze per arrivare agli scogli, era come calare al centro della terra. Per Elia era il fulcro del mondo. Ogni posto sulla terra lo è, ma quello era il suo. Il mare era ricco. Quando pescava le sembrava di infilare le mani in un forziere. E poi c’erano le sirene. Tutti a Tramonti dicevano che c’erano le sirene. Lo stesso Melio aveva giurato e spergiurato di averne visto una in un acquario ambulante a Genova: bionda e con gli occhi azzurri, per non farsi mordere l’avevano tirata fuori dalla piccola vasca in cui era prigioniera, prendendola sotto le ascelle e lei aveva dimenato leggermente la coda. Però non aveva cantato. Ma per quanto Elia, mentre nuotava, aguzzasse lo sguardo non era riuscita mai a vederne una. Nel pomeriggio Elia discese fino alla spiaggia di Monesteroli. Aveva bisogno di sale e per ottenerlo avrebbe acceso il fuoco e fatto evaporare l’acqua di mare. Tutti a Tramonti se lo procuravano così e visto che mancava un po’ dappertutto arrivavano a portarlo fino a Parma e Reggio Emilia per venderlo, più spesso barattarlo. Seduta accanto al fuoco, ancora una volta guardò la distesa d’acqua davanti a sé: gli occhi diventati due fessure per lo sforzo, si spostavano attentamente fino alla punta del Merlino abbracciando tutto lo spazio possibile alla ricerca di uno scintillio diverso, di un movimento anomalo, di una discrepanza nello scenario familiare. Anche le orecchie erano tese come quelle di un animale, nel tentativo di afferrare un suono, una melodia, un canto. Ma tutto taceva, ed Elia riprese a guardare il mare come di consueto, ascoltando la sua voce, conosciuta e rassicurante. Un pò più tardi mentre Elia stava raccogliendo il suo sale, scesero alcune donne di Tramonti con le loro fascine sotto il braccio per il fuoco e le lastre di metallo, chiuse ai quattro lati per contenere l’acqua. Mentre Elia risaliva il sentiero, le donne cominciarono a cantare, nel loro dialetto stretto e lapidario, che era l’unica lingua che lei conoscesse. Elia saliva con vigore e metodo, ed il suo corpo piccolo, robusto e compatto procedeva al ritmo del canto. Ma all’improvviso qualcosa cambiò nella sonorità: era come se alle loro voci si aggiungesse una nuova melodia; quasi un controcanto più pieno ed armonioso. Elia si girò di scatto e finalmente le vide, le sirene, laggiù, vicino al falò e ignare di se stesse. Era il vento che faceva rimbalzare le note sul mare scivolava tra gli scogli trascinandole, le faceva rotolare su se stesse nell’aria, e le gettava a manciate contro il monte, strana cassa armonica di quell’angolo del mondo. Elia decise che non l’avrebbe mai raccontato a nessuno. Che gli altri lo scoprissero pure da soli, se volevano.  Felice riprese a salire e si mise a cantare.

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Ultimo aggiornamento: 04-11-03