QUELLE FIABE NATE A CAMPIGLIA
Di Valerio P.
Cremolini
Ai primi del '900,
dopo aver assolto agli obblighi di leva, Umberto Canese, chiamato dallo
zio Giuseppe, emigrò da Campiglia per il Paraguay dove si stabilì nella
capitale Asuncion sposando Maria Prezioso. La famiglia si allargò con la
nascita di Francisco, Eufemia, Rodolfo, Gino Arquimedes e Maria Stella.
Grazie al padre il nostro paese è meta dei loro viaggi e tra i luoghi di
volta in volta visitati, non manca mai una puntatina a Campiglia. Motivati dall'anno giubilare, sono venuti a Roma e poi alla Spezia
Rodolfo (82 anni in gran forma) con la moglie Raquel, che hanno
portato in dono a parenti spezzini un simpatico libro di racconti
scritto in lingua spagnola dal fratello Arquimedes per onorare la
memoria del papà che, negli anni dell'infanzia, raccontava ai figli
piccole storie mai dimenticate, anzi rigorosamente tramandate alle
generazioni successive. Il libro illustrato da simpatiche vignette,
prende il titolo dal racconto "Fuerte Bacheta y el mago".
Le vicende hanno per protagonisti figure umili, fortemente attraenti,
capaci di coinvolgere nel clima di mistero e di stupore che li circonda
giovani e meno giovani di ieri e di oggi. Sono storie tranquillizzanti
per la positiva conclusione, non perdenti nel confronto con le arcinote
"Caperucita Roja" (Cappuccetto Rosso), "Pulgacito" (Pollicino), "La Bella Durmiente" (La Bella Addormentata)
e "Blanca Nieves" (Biancaneve), favole conosciute in tutto il mondo. "Non ci stancavamo
di ascoltare mio padre - scrive Gino Canese nell'introduzione del libro
- quando raccontava l'avventurosa storia del Forte Bacchetta che ho
trasmesso ai miei figli e che continuo a raccontare a nipoti e pronipoti
adattandola alle circostanze del momento, mantenendo la stessa trama
della mia infanzia". Insomma, è una tradizione di famiglia che è unita
anche dalla comune conoscenza di queste favole che hanno piacevolmente
intrattenuto e incuriosito tanti Canese (sono circa ottanta i Canese in Paraguay discendenti dall'emigrante Umberto) che dal
lontano Paese sudamericano si sentono idealmente vicini alla piccola e
bella Campiglia.