A cura dell’Ing. Sergio Berti
Studioso di Archeoastronomia
Il recente ritrovamento di una probabile iscrizione in greco antico sotto il
paese di Campiglia nei pressi dello scoglio Ferale ci fa pensare che la nostra
costa non fosse poi sconosciuta nemmeno 2500 anni fa. Dai primi esami
preliminari, la iscrizione sembra attribuibile al V secolo a.C. (greco ionio di
Alicarnasso, secondo Italo Pucci) e quindi in pieno dominio etrusco nel mare
Tirreno. Perché mai questa presenza greca sulla nostra costa?. Le colonie greche
più vicine si trovavano nei pressi di Napoli (Cuma) e nell’attuale territorio
francese (Nizza, Antipolis, Marsiglia), dopo l’abbandono forzato di Alalia (Aleria)
in Corsica, a seguito della sconfitta subita ad opera degli etruschi e
cartaginesi nel 540 a.C. Il Mar Tirreno era sotto il controllo degli etruschi,
ma tuttavia il percorso più breve, per i naviganti greci che da Cuma volevano
raggiungere Nizza o Antipolis, doveva passare tra la Corsica e l’Etruria. Non
era quindi possibile per loro trovare approdi sicuri in territorio etrusco,
anche solamente di tipo tecnico (rifornimento di acqua ad esempio). A Sud di
Livorno sicuramente utilizzavano delle piccole insenature o spiagge non
facilmente accessibili dalla terra, dove sostare temporaneamente senza subire
ritorsioni, da parte degli etruschi. Ma da Livorno in su, vista l’accessibilità
della costa dell’entroterra, le uniche soste erano possibili solamente nell’area
spezzina. Forse non era opportuno entrare nel golfo o nei pressi di Portovenere,
tra la Palmaria e la terra ferma, a causa della probabile presenza di navi
etrusche e di conseguenza la prima costa impervia, poco accessibile dall’interno
e con presenza di acqua potabile, era quella sotto Campiglia, nei pressi dello
scoglio Ferale. Non è da escludere che a dispetto del litorale non favorevole,
si fosse sviluppato un piccolo flusso commerciale con le popolazioni liguri
dell’interno, nonostante il controllo etrusco, vista anche la presenza di
ceramica fine nell’area votiva sulla sommità del monte Dragnone. E’ nota la
presenza di ceramica greca in altri luoghi della Liguria e quindi di una
attività commerciale, senza che ciò avesse comportato la necessità di fondare
insediamenti come nel Sud dell’Italia. Nella necropoli romana di Via Giulia a
Genova; databile fra il V secolo a.C. ed il III secolo a.C., è stata trovata
molta ceramica di importazione e di produzione Attica e della Magna Grecia. La
toponomastica di alcune nostre località confermerebbe una frequentazione greca;
ad esempio il nome del monte Parodi potrebbe derivare dal greco "Parados"
(valico) ed in effetti nei pressi della cima, si trova il valico (vicino
all’osteria del paradiso ed ai ruderi di San Martino vecchio); anche lo stesso
nome di La Spezia potrebbe derivare dal greco “Aspidia” (scudo, riparo, ricovero
di imbarcazioni). La costa sotto Campiglia e lo scoglio Ferale potevano essere
un punto di riferimento importante per raggiungere Nizza ed Antipolis evitando
di navigare costa-costa lungo l’arco della Liguria. La rotta da un estremo
all’altro della Liguria, in mare aperto, poteva essere possibile utilizzando
come riferimento alcune montagne dell’Appennino Ligure e delle Alpi Marittime.
Per quanto riguarda un’ulteriore ipotesi che l’iscrizione possa essere
“messapica” e quindi di un alfabeto derivato dal greco, la tesi proposta è
sempre sostenibile poiché le navi provenienti dalla Grecia, prima di
attraversare il canale di Otranto, si concentravano a Corfù. Approdavano poi
sulle coste della Messapia, dove non era improbabile che potessero imbarcare
anche dei marinai Messapi ed uno di questi potrebbe essere l’autore
dell’incisione. Per quanto riguarda il significato dell’incisione, al momento è
molto difficile fare ipotesi. La stessa è stata segnalata alla soprintendenza ai
beni archeologici della Liguria ed al Prof. Mennella, noto epigrafista
dell’Università di Genova con la speranza che non si riveli come l’iscrizione
fenicia di Parayba, in Brasile. Vennero trovate scritte che facevano riferimento
ad un gruppo di navi che facendo la circumnavigazione dell’Africa erano state
portate dalla tempesta in Brasile. Accertamenti successivi dimostrarono che
erano false.
NUOVE SCRITTE FENICIE SOTTO CAMPIGLIA
A cura dell’Ing. Sergio Berti.
Studioso di Archeoastronomia.
Il ritrovamento di alcune iscrizioni in greco antico, scolpiti sotto il paese di
Campiglia, tra Portovenere e Riomaggiore ha spinto i ricercatori in un’indagine
più approfondita per capire meglio i motivi di antiche presenze in una zona così
impervia. Le indagini hanno portato a nuove scoperte che confermano un interesse
degli antichi Fenici per la nostra area, già ipotizzato dal Dott. Carlo Clariond
in uno studio comparso in una rivista specializzata. Venivano prese in
considerazione le tre isole antistanti la costa, di cui la mediana aveva in
antico il nome Tyro. Nei pressi delle presunte iscrizioni in greco antico, ne è
stata trovata un'altra che al momento appare molto enigmatica poichè è formata
da caratteri che non appartengono né all’alfabeto etrusco né a quello
celto-ligure, né a quello greco. Da un primo esame sembrerebbe appartenere ad un
alfabeto fenicio, anteriore all’ottavo secolo avanti cristo. L’iscrizione da
leggere da sinistra verso destra, è formata da sei lettere che potrebbero
appartenere ad un alfabeto fenicio, nella forma monumentale, come nelle stele di
Nora o nel sarcofago di Ahiram. Sono infatti presenti due lettere tipi ”GIMEL”,
un "MEN", un “SAMEK”, un “AYN”. La sesta lettera potrebbe essere un “TAW” oppure
un “QOF”. L’iscrizione non presenta vocali, come già noto nelle epigrafi e stele
fenice, poiché la “scrittura fenicia” più che un alfabeto era in pratica una
scrittura sillabica compendiaria dove i singoli segni rappresentavano solamente
delle sillabe che il lettore doveva completare con le vocali, per leggere la
parola nel modo corretto, la modalità di scrittura fenicia non sarebbe adatta
per le nostre lingue indoeuropee che non hanno radici esclusivamente
consonantiche. E’ probabile quindi che i fenici durante i loro viaggi di
esplorazione nel mediterraneo si siano fermati nell’area spezzina, attratti
forse dalla presenza del Golfo e delle tre isole (Palmaria, Tino, Tinetto) e
quindi in un ambiente molto simile a quello delle loro future colonie sarde e
siciliane. Probabilmente il Golfo pur avendo i requisiti idonei per la
fondazione di una colonia, non è stato ritenuto interessante per la mancanza di
metalli preziosi e per l’assenza di popolazioni in grado di acquistare le loro
merci. Gli unici toponimi della nostra zona che potrebbero essere di origine
fenicia sono il già citato Tino (Tyro secondo il Dott. Clariond) e Cottone, nei
pressi di Ameglia (secondo il Prof.Calzolari). La presenza di presunte
iscrizioni fenice e greche sotto Campiglia, nei pressi dello scoglio Ferale
fanno ipotizzare che questo tratto di costa fosse un punto di riferimento e di
passaggio obbligatorio per la navigazione nella parte alta del mar Tirreno,
sulle rotte verso la Liguria occidentale e la costa della Provenza, per
una serie di motivi che elenchiamo: Correnti marine favorevoli durante tutto
l’anno, presenza di sorgenti di acqua potabile sulla costa al livello del mare,
possibilità di riparo, dai venti forti e dalle tempeste dietro le isole o nel
golfo, disponibilità di riferimenti per la navigazione visibili dal mare aperto
(l’Isola della Capraia è allineata Nord-Sud con le Rocce Rosse. Dal canale di
Corsica è possibile navigare a vista e giungere alle nostre coste utilizzando
come riferimento capo Corso, l’isola della Capraia, l’isola della Gorgonia e le
Rocce Rosse, le grandi pareti rocciose nei pressi del paese di Campiglia ed
infine lo scoglio Ferale, da un pennone alto circa dieci metri le cime delle
montagne delle Alpi Marittime da utilizzare, come riferimento per veleggiare
dall’altro lato della Liguria evitando la navigazione costa-costa. L’augurio
degli studiosi è che le iscrizioni scoperte, attualmente in fase di studio da
parte di una equipe di esperti si rivelino autentiche poiché ciò consentirebbe
di inserire, a pieno titolo, l’area del golfo spezzino nel contesto delle prime
esplorazioni del mare Mediterraneo da parte dei più antichi navigatori.